Bruxelles – La Germania è sulle montagne russe. A poco più di due mesi dalle prossime elezioni federali (26 settembre), i sondaggi hanno ribaltato tutte le proiezioni primaverili e, in un’estate caldissima almeno sul fronte politico, si è accesa finalmente la campagna elettorale. Mentre i Verdi hanno buttato al vento 10 punti percentuali nelle intenzioni di voto, l’Unione Cristiano-Democratica ha ripreso – quasi inaspettatamente – slancio e ora cerca il colpo grosso al suono dello slogan “Deutschland gemeinsam machen“, “Costruiamo la Germania insieme”.
Per il lancio ufficiale della campagna elettorale, i centristi-conservatori tedeschi hanno fatto il verso a Make America great again di trumpiana memoria, ribadendo la volontà di coinvolgere tutto il Paese nel loro progetto politico. Dopo le difficoltà incontrate nella corsa a due con il leader del partito gemello bavarese dell’Unione Cristiano-Sociale, Markus Söder, il presidente della CDU e candidato alla cancelleria, Armin Laschet, sembra aver convinto il proprio elettorato di non essere privo di personalità, riportando la CDU alle soglie del 30 per cento nei sondaggi.
Nel corso della conferenza stampa a Berlino di ieri (martedì 6 luglio) il segretario generale del partito, Paul Ziemiak, ha promesso che quella appena avviata sarà “la campagna elettorale più digitale di sempre”. I social media dovrebbero svolgere un ruolo primario, nel tentativo di conquistare anche il bacino di elettori giovani, che altrimenti potrebbero guardare ai Verdi come alternativa. Tutti segnali di novità per il primo confronto nazionale in cui la cancelliera Angela Merkel non tenterà di difendere la sua leadership nel Paese dopo 16 anni di guida ininterrotta.
A proposito dei Verdi, il partito guidato da Annalena Baerbock sta vivendo uno dei momenti più complessi della sua corsa alla cancelleria. Dopo una crescita che sembrava inarrestabile – culminata con il sorpasso storico sul blocco CDU-CSU tra fine aprile e metà maggio – la bolla si è sgonfiata e nel giro di nemmeno due mesi i Verdi sono tornati al 19 per cento, a soli tre punti dal Partito Socialdemocratico (SPD) di Olaf Scholz. La parola d’ordine rimane “lotta ai cambiamenti climatici”, ma ci si chiede che fine abbia fatto l’onda verde dello scorso aprile.
Ammesso e non concesso che i sondaggi primaverili non rispecchiassero appieno le condizioni con cui si andrà a votare a settembre (in particolare considerata la confusione che regnava tra i conservatori e la sicurezza dei Verdi di avere già una candidata alla cancelleria con idee programmatiche chiare), non si può non tenere in considerazione l’inizio di una campagna non proprio benevola nei confronti di Baerbock. Oltre alle accuse di plagio nel suo libro Come rinnovare il nostro Paese e di aver “abbellito” il suo curriculum, alcuni media del Paese come Die Zeit, Süddeutsche Zeitung e Frankfurter Allgemeine Zeitung hanno ospitato sulle proprie pagine e sulle homepage campagne diffamatorie del gruppo di pressione Initiative Neue Soziale Marktwirtschaft (think tank neoliberista tedesco).
L’annuncio più controverso mostra Baerbock in vesti in stile biblico con due tavolette tra le braccia, e la scritta “Non abbiamo bisogno di una religione di Stato”. Secondo il critico dei media di BILDblog (blog tedesco specializzato in questo campo), Lorenz Meyer, questo annuncio “della lobby dell’economia di mercato, che vediamo spesso oggi”, è “doppiamente infamante“. Non solo perché taccia la proposta politica dei Verdi e della loro leader di “religione di Stato”, ma anche perché “si serve del risentimento anti-ebraico e fomenta pregiudizi usando immagini visive”, vale a dire le allusioni a Mosé e all’episodio biblico delle tavole della Legge.
Dieses heute vielfach geschaltete Kampagnenmotiv der Marktwirtschafts-Lobby ist doppelt infam: Es diffamiert #Baerbock und die Grünen ("Staatsreligion") und es bedient per Bildsprache (Moses / orientalisch wirkendes Gewand) antijüdische Ressentiments und schürt Vorurteile. pic.twitter.com/Ynk5kevTLl
— Lorenz Meyer (@shengfui) June 11, 2021