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Stato dell'Unione, finanza climatica al centro della COP26. Von der Leyen annuncia più risorse ai Paesi poveri ma chiede agli USA di fare lo stesso
Ursula von der Leyen, Frans Timmermans insieme all'attivista per il clima Greta Thunberg

Stato dell'Unione, finanza climatica al centro della COP26. Von der Leyen annuncia più risorse ai Paesi poveri ma chiede agli USA di fare lo stesso

Ridurre il deficit di finanziamento che impedisce a molte regioni del mondo di accelerare nella transizione verde: alla Conferenza sul clima delle Nazioni Unite di novembre, Bruxelles annuncerà altri 4 miliardi di euro fino al 2027 per i Paesi a basso reddito, ma chiederà l'impegno degli altri partner globali a fare altrettanto

Bruxelles – Colmare il divario tra Paesi ricchi e poveri nella lotta ai cambiamenti climatici, ridurre il deficit di finanziamento che impedisce a molte regioni del mondo di accelerare nella transizione verde. Nel suo secondo discorso sullo stato dell’Unione pronunciato oggi (15 settembre) a Strasburgo, Ursula von der Leyen delinea l’agenda che l’UE farà valere alla prossima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP26 che si terrà a Glasgow in Scozia dal 31 ottobre al 12 novembre con tutte le più grandi potenze emittitrici del pianeta, Cina e Stati Uniti in primis. “Il momento della verità per la comunità mondiale”, afferma la presidente della Commissione, perché è in questa occasione che le promesse sul clima dovranno essere affiancate da piani d’azione e strategie da mettere in atto per incontrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Dodici mesi fa al centro del suo primo Discorso sullo stato dell’Unione c’era la proposta di trovare un accordo per la riduzione del 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030 e per allocare almeno il 37 per cento dei fondi derivati dal Next Generation EU agli obiettivi climatici del Green Deal europeo. Oggi, l’attenzione non è più solo agli obiettivi interni ma la presidente si sofferma su quelli da raggiungere congiuntamente alla comunità internazionale, conscia del fatto che il Continente dall’alto del suo 8 per cento di emissioni globali prodotte da solo non può invertire la rotta sul cambiamento climatico. Fresca di un accordo sull’obiettivo al 2030, è a Glasgow che l’UE si impegnerà ad aumentare il sostegno finanziario ai Paesi più poveri per la transizione e ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.

Dall’Emiciclo di Strasburgo von der Leyen anticipa che dall’UE saranno mobilitati altri 4 miliardi di euro fino al 2027, ma chiede anche agli Stati Uniti e altri partner globali di fare altrettanto per ridurre il divario finanziario sul clima. “Il mio messaggio di oggi è che l’Europa è pronta a fare di più, ma ci aspettiamo che anche gli Stati Uniti e i nostri partner intensifichino i loro sforzi. La risoluzione del problema del deficit di finanziamento per il clima, raggiunta insieme dagli Stati Uniti e dall’UE, rappresenterebbe un segnale forte per la leadership mondiale per il clima”, aggiunge. L’UE è “pronta a fare di più per ridurre il divario finanziario”, scrive su Twitter il vicepresidente Frans Timmermans facendo eco alle parole di von der Leyen.

A poco più di un mese dall’appuntamento in Scozia emerge con chiarezza dalle parole di von der Leyen che la finanza climatica sarà una questione centrale se non decisiva al vertice delle Nazioni Unite. E’ un dato che l’UE è stata la prima potenza mondiale a indicare un percorso concreto sul taglio delle emissioni per raggiungere i suoi obiettivi climatici, poi seguita da molte altre potenze (Stati Uniti, Giappone, Cina) che hanno fissato l’obiettivo di neutralità climatica tra il 2050 e il 2060. “Questi obiettivi devono ora essere sostenuti da progetti concreti che siano pronti per Glasgow. Perché con gli impegni attuali per il 2030 non raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5°C”, dice la presidente.

Oltre agli slogan e alle promesse, sul clima servono proposte concrete, tappe e strumenti e finanze per arrivarci. Se buona parte del discorso “climatico” di von der Leyen si gioca sul fronte della diplomazia con gli altri Paesi, c’è anche attenzione al pacchetto sul ‘Fit for 55’, che da quando è stato presentato (il 14 luglio) fino ai prossimi (almeno) due anni monopolizzerà il dibattito politico europeo. Dodici e più proposte che per l’UE rappresentano la tabella di marcia per arrivare alla neutralità climatica, con zero nuove emissioni nette al 2050. Se ‘fare la proposta’ è la parte facile, quella difficile ora è realizzarla in tempi brevi e mantenendo alto il livello di ambizione, spesso ridimensionato dagli Stati in sede di Consiglio. Non entra nel dettaglio della proposta, ma non risparmia l’appello al Parlamento e agli Stati membri – i due co-legislatori responsabili di tradurre la proposta in azioni concrete – “per far sì che, insieme, possiamo realizzare le proposte e tenere alta l’ambizione”.

Sul clima serve però più confronto con le imprese, rileva Eurofer, l’associazione europea dei produttori di acciaio. “Ribadiamo il nostro appello alla presidente von der Leyen a incontrare i vertici dell’industria siderurgica dell’UE per un Green deal europeo sull’acciaio‘”, l’invito del direttore generale Axel Eggert. L’acciaio, ricorda commentando il discorso sullo Stato dell’Unione, è stato al centro della comunità europea sin dalla sua fondazione nel 1950 con la Dichiarazione Schuman.! Oggi la decarbonizzazione è sia una realtà che una necessità. Non dovremmo mettere a rischio l’acciaio europeo per errore o come danno collaterale involontario di altre politiche, poiché ciò potrebbe mettere a rischio lo stesso Stato dell’Unione nei prossimi anni”. Al contrario, “l’UE dovrebbe cogliere l’opportunità di un’industria siderurgica che potrebbe essere il leader globale della decarbonizzazione”. 

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