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Parlamento europeo: l'Italia ha il numero più alto in Europa di giovani inattivi

Parlamento europeo: l'Italia ha il numero più alto in Europa di giovani inattivi

Una ricerca commissionata dall'Europarlamento mostra come un giovane italiano su quattro sia NEET. La disoccupazione giovanile cresce meno rispetto al 2008. Mancano dati per effetti a lungo termine della didattica a distanza, ma sono in aumento ansia e depressione

Bruxelles – I governi europei hanno imparato la lezione della crisi finanziaria del 2008, ma preoccupano l’aumento di giovani inattivi e gli effetti a lungo termine della didattica a distanza. Questi in estrema sintesi i risultati della ricercaGiovani in Europa, gli effetti del COVID-19 sulla loro situazione economica e sociale”, presentata oggi 30 settembre alla commissione Occupazione e Affari Sociali del Parlamento europeo dall’autrice Regina Konle-Seidl, Ricercatrice senior dell’Istituto per la ricerca sull’occupazione (IAB), di Norimberga, Germania.

Il COVID-19 ha colpito in modo particolare i più giovani: la didattica a distanza ha avuto effetti sulla loro crescita personale e sulla loro formazione. Inoltre, si è parzialmente bloccato il turnover lavorativo, per cui i  neo-laureati hanno spesso dovuto posticipare l’ingresso nel mondo del lavoro. Dall’inizio della pandemia, il tasso di disoccupazione nell’UE nella fascia 15-29 anni è aumentato dell’1,7 per cento, un aumento tuttavia ben più contenuto rispetto al +4 riscontrato dopo il 2008. Secondo lo studio, questo è dovuto alle tempestive misure prese dagli Stati membri sin dall’inizio della pandemia. Ciononostante, oggi in Europa ci sono 725mila giovani in più rispetto a febbraio 2020 che non studiano e non lavorano, né hanno intenzione di cambiare questa situazione. Il numero di queste persone, i cosiddetti NEET, è duplicato rispetto a quello dei giovani disoccupati.

L’Italia ha il triste primato di essere lo Stato con la più alta percentuale di giovani NEET: 24 ogni cento. La seconda performance peggiore è quella della Grecia, che ne ha il 19 per cento. Italia, Grecia e Spagna, che già erano stati i Paesi più colpiti dalla crisi finanziaria, sono i più colpiti dalla crisi post-pandemica, a ulteriore prova della fragilità del loro sistema economico. La ricerca dedica un intero box a cercare di spiegare il risultato negativo del nostro Paese, che peraltro non è affatto una novità. In Italia, due terzi dei NEET sono giovani sotto i 29 anni, con le donne nettamente sovra rappresentate rispetto agli uomini. La differenza di genere si spiega principalmente con il fatto che molte donne italiane scelgono di non lavorare per accudire i figli. L’alto tasso di economia sommersa poi, fa sì che molte persone ufficialmente NEET lavorino in realtà in nero, soprattutto nel Meridione. Altro grande problema è la distanza tra ciò che viene insegnato nelle università e la richiesta del mondo del lavoro: un’alta percentuale di NEET italiani sono laureati che si sono scoraggiati nella ricerca del primo impiego.

Un altro tema toccato dalla ricerca, e particolarmente sentito tra gli eurodeputati intervenuti, è quello degli effetti della didattica a distanza sulla salute mentale dei giovani. Konle-Seidl ha spiegato come inevitabilmente manchino ancora dati sugli effetti della DAD a lungo termine, ma è stato rilevato un importante aumento di patologie come ansia e depressione tra gli studenti. Per tale ragione, ha concluso la ricercatrice, è necessario che gli Stati membri aumentino l’offerta di supporto psicologico per i più giovani.