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La Corte Ue boccia ancora l'Italia.
Concessioni balneari, la Corte Ue boccia ancora l'Italia [foto: Wikimedia Commons]

La Corte Ue boccia ancora l'Italia. "No al rinnovo automatico delle concessioni balneari"

Una prima sentenza dei giudici di Lussemburgo è datata 2016. Oggi come allora riconosciuto contrario al diritto Ue il modello nazionale. Ora la Commissione ha un elemento in più per fare pressione e chiedere multe. Gozi: "Ecco come sprecare soldi e credibilità"

Bruxelles – Le sentenze contro l’Italia sulle concessioni balneari aumentano. A quella del 2016 si aggiunge oggi quella tutta nuova, che stabilisce, una volta di più, che le autorizzazioni per l’utilizzo dei della fascia costiera “non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione“. I giudici di Lussemburgo ribadiscono una volta di più quelle che prevede la direttiva in materia, quella sui servizi, e tirano le orecchie all’Italia.

“L’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva”. Un passaggio chiaro, a prova di equivoci. A cui si aggiunge il chiarimento sul primato del diritto Ue su quelle nazionale. “Le autorità amministrative sono tenute ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse“.

Nel mirino finisce anche l’Italia dell’allora governo Lega-Cinque Stelle, e la legge adottata a fine 2018 in cui si stabilisce l’estensione automatica fino al 31 dicembre 2033 dei diritti di utilizzo e gestione dei litorali italiani. Qualcosa che, alla luce del nuovo pronunciamento, non è possibile. E che non mette l’attuale governo in una posizione comoda nel confronto, già teso, con Bruxelles. Meloni e la sua squadra sono decisi a difendere un modello mai riconosciuto regolare, l’esecutivo comunitario sta cercando in tutti i modi di evitare multe salate.

“Noi nel 2014-2018 avevamo dimezzato le infrazioni dell’Italia in Ue. Ora continuano a crescere: più infrazioni significa più sanzioni da pagare con i soldi dei contribuenti”, commenta l’ex sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi, ora deputato europeo di Renew Europe, anticipando che “nuove condanne dell’Italia arriveranno nelle prossime settimane”. Conclude Gozi sulla vicenda: ecco “come sprecare soldi e credibilità”.

“La sentenza della Corte di Giustizia europea sulla proroga delle concessioni balneari ha ribadito, conformemente a quanto già avvenuto nella sentenza Promoimpresa del 2016, il principio che l’eventuale applicazione della direttiva Bolkestein alle spiagge non può prescindere da una mappatura del litorale che stabilisca se c’è o meno scarsità della risorsa”, osserva invece Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo, aggiungendo che questo è “un approccio che la Lega porta avanti da anni”. Secondo il leghista, inoltre, “i giudici della Corte hanno chiarito che i criteri in base ai quali la risorsa è definita scarsa devono essere individuati dal legislatore italiano, e tenere conto delle diverse dimensioni territoriali, locali regionali e nazionali”. L’interpretazione di Campomenosi è che questa sentenza “aiuta a chiarire una situazione che finora è stata, in Italia, confusa e divisiva. Auspico – conclude – ora che tutte le forze politiche lavorino per creare le condizioni affinché quanto espresso dalla Corte di Giustizia Europea sia messo in pratica tutelando chi ha fatto impresa, investimenti e creato lavoro nel settore balneare”.
 
Per Rosa D’Amato, eurodeputata del gruppo Greens/EFA, “la sentenza della Corte è un monito chiaro al governo italiano affinché dia seguito alla direttiva Bolkestein. I rinnovi automatici sono fuorilegge, e bisogna fare le gare”. Secondo la parlamentare la premier Giorga Meloni “deve smettere di fare melina, perché questo non fa altro che creare ulteriore incertezza per gli imprenditori balneari. Serve semmai – afferma D’Amato – adottare un provvedimento che, nel rispetto della direttiva Ue, tuteli davvero chi ha investito a lungo termine e chi mostra oggettivi requisiti di anzianità, esperienza e correttezza sul piano normativo e del rispetto dell’ambiente”.

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