Bruxelles – Un accordo sulla legge per il ripristino della natura “è ancora possibile” e la Commissione europea si dice pronta e disposta a garantire flessibilità nei negoziati pur di raggiungerlo. E’ di fronte a un’Aula semi deserta che il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, ha lanciato oggi (11 luglio) un messaggio chiaro agli eurodeputati che domani, dopo le tensioni delle ultime settimane, dovranno pronunciarsi sulla contestata legge sul ripristino della natura. Contestata ormai non tanto nel merito del contenuto, ma per ciò che rappresenta.
“La legge sulla natura è il Green Deal”, è il corrispettivo ambientale e relativo alla biodiversità di ciò che nel 2021 è stata la prima Legge europea sul clima. Su questo insiste il commissario alla vigilia di un voto che si preannuncia teso e serrato, oltre che particolarmente politicizzato. Se la legge sulla natura coincide con il Green Deal – questo vuole intendere il commissario – allora affossarla significa affossare anche il pilastro cardine di questa legislatura ormai agli sgoccioli. E la Commissione non avrà il tempo legale per presentare una proposta ex novo.
“Siamo stati attenti ad ascoltare le vostre preoccupazioni, molti di voi hanno fatto capire che era necessaria una maggiore flessibilità, in particolare su alcune disposizioni che potrebbero non essere state sufficientemente chiare”, ha incalzato il commissario, ricordando che proprio la disponibilità dimostrata dalla Commissione ha portato lo scorso 20 giugno gli Stati membri Ue ad approvare il loro mandato (con l’opposizione italiana), modificando la proposta originale della Commissione del giugno 2022. Lo scorso 8 giugno la Commissione ha trasmesso alle ventisette capitali e agli eurodeputati un non paper (documento informale) per mostrare di voler garantire più flessibilità, e su quella base il Consiglio ha adottato il mandato lo scorso 20 giugno. Ora è il momento decisivo per l’Eurocamera, dove il testo è stato già bocciato nelle commissioni Agricoltura, Pesca e Ambiente (l’unica, delle tre, con competenza sul file) e anche in plenaria sembra appeso a un filo.
Il voto di domani si preannuncia serrato perché la proposta divide letteralmente a metà l’Emiciclo, con il gruppo più numeroso in termini di seggi (177), il Partito popolare europeo (Ppe) che strizza l’occhio alla destra più radicale di Ecr (Conservatori e Riformisti) e Id (Identità e democrazia), in una mossa che per molti anticipa uno spostamento a destra del Ppe in vista delle europee di giugno 2024 o anche un tentativo di delegittimare la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che è però in quota popolare. A sostenere la proposta e soprattutto ciò che è diventata i Socialdemocratici, i Verdi, la sinistra radicale e buona parte dei liberali di Renew (con circa il 70 per cento del gruppo convinto di votare a favore). Una conta letteralmente all’ultimo deputato, che però si preannuncia paradossale dal momento che l’Aula del dibattito di oggi in cui c’era modo e tempo per discutere nel merito del contenuto della proposta era quasi deserta, mentre fuori dall’edificio erano in corso manifestazioni pro e contro il provvedimento.
Al dibattito non ha preso parte neanche il leader del Ppe Manfred Weber, impegnato nella tradizionale conferenza stampa del gruppo che rappresenta. A farne le veci l’eurodeputata Christine Schneider, che ha confermato l’intenzione del gruppo a votare contro il provvedimento, chiedendo alla Commissione Ue un testo nuovo. “Chiediamo di respingere la proposta della Commissione europea e voglio essere molto concreto: chiediamo una nuova proposta. Non vogliamo bloccare o cancellare l’iniziativa, vogliamo avere una base solida per la discussione”, ha confermato Weber nella sua conferenza stampa, anche se la Commissione ha confermato che una nuova proposta non ci sarà. “Il Ppe sta facendo orecchie da mercante, si sta unendo ai negazionisti del cambiamento climatico e questa è una grave responsabilità che dovranno pagare”, ha accusato la presidente del gruppo dei Socialisti e democratici (S&d), Iratxe Garcia Perez, ricordando che “crisi climatica e della biodiversità sono già una realtà, lo stiamo vedendo con la siccità e le tempeste in Spagna e in Europa”.
A livello procedurale, domani l’Emiciclo (il voto è in calendario a partire dalle 12.00) si pronuncerà inizialmente su una risoluzione di rigetto (dovuta al fatto che la commissione Envi non ha trovato una maggioranza a sostegno). Se il rigetto venisse accolto dalla maggioranza semplice dell’Emiciclo, allora la prima lettura in Parlamento europeo sarebbe conclusa qui e spetterebbe al Consiglio Ue decidere se portare avanti il dossier per una seconda lettura oppure no. La Commissione europea è l’unica tra le tre istituzioni ad avere il potere di ritirare il testo, ma se il dossier fosse trascinato in seconda lettura all’Eurocamera e affossato di nuovo allora l’iter legislativo della legge sarebbe ufficialmente concluso. Nonostante il dibattito a Strasburgo abbia restituito l’immagine di un’Aula spaccata su uno dei pilastri dell’attuale legislatura, il commissario si è detto fiducioso che un accordo sia ancora possibile “se rimaniamo impegnati e ci assumiamo le nostre responsabilità. Sono ottimista – ha spiegato – perché molti dei vostri interventi dimostrano che c’è la volontà di discutere quella legge. Se c’è qualcosa da modificare o migliorare, la Commissione europea rimane qui per discutere e sostenervi per raggiungere un accordo”, ha assicurato. Il voto di domani sarà il mandato negoziale per avviare (o non avviare) il negoziato con gli Stati membri.