Bruxelles – È un Consiglio Europeo decisivo non solo per la Bosnia ed Erzegovina, ma anche per altri due Paesi sulla strada dell’ingresso nell’Unione. I capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue hanno guardato con favore ai progressi compiuti da Ucraina e Moldova “nell’avanzamento delle riforme necessarie al loro percorso nell’Ue” e ora si può procedere con il passo formale: il voto in sede di Consiglio dell’Unione Europea sull’avvio dei negoziati di adesione e l’adozione dei quadri negoziali in vista della prima conferenza intergovernativa con i due Paesi candidati all’adesione Ue.
Dopo l’endorsement storico arrivato al Consiglio Europeo di dicembre 2023 sul via libera ai negoziati di adesione per Ucraina e Moldova, è stato il vertice dei leader Ue in corso a Bruxelles a mettere nero su bianco l’invito ai 27 ministri degli Affari europei ad “adottare rapidamente” i progetti di quadri di negoziazione e “a portare avanti i lavori senza indugio”, si legge nelle conclusioni del Consiglio Europeo. A questo punto si attende solo che la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue inserisca nell’agenda di uno dei prossimi Consigli Affari Generali il punto apposito, che dovrà essere approvato all’unanimità. Solo allora saranno davvero avviati a livello formale i negoziati di adesione Ue per i due Paesi candidati e per questo a Bruxelles già si teme l’ennesimo veto ungherese al dossier Kiev. Come confessato dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, la speranza è quella di “arrivare alla prima conferenza intergovernativa sotto presidenza belga“. Vale a dire entro il 31 giugno, l’ultimo giorno utile prima del passaggio di consegne proprio all’Ungheria di Viktor Orbán alla guida semestrale dell’istituzione Ue.
“L’allargamento dell’Ue rappresenta il miglior investimento per un’Europa più forte e più unita“, ha sottolineato con forza la presidente della Moldova, Maia Sandu, commentando con un post su X la decisione dei leader Ue. “L’Ucraina sta rispettando i suoi impegni di trasformazione interna, sappiamo che l’Ue ha un quadro negoziale pronto per essere esaminato e la sua approvazione potrebbe sostenere notevolmente il nostro popolo e inviare il giusto segnale a tutta l’Europa dopo le elezioni del Parlamento Europeo di giugno”, le ha fatto eco il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, nel suo intervento di ieri pomeriggio (21 marzo) in videoconferenza al Consiglio Europeo. Più cauti i 27 capi di Stato e di governo Ue su quello che vorrebbe essere “il candidato più pronto all’adesione Ue al 2030“, la Georgia: “Prende atto degli sforzi in corso e incoraggia il Paese a progredire nelle riforme prioritarie ancora in sospeso“. Nessun passo in avanti rispetto allo status di candidato concesso a dicembre, la raccomandazione sull’avvio dei negoziati di adesione può ancora attendere.
Come funziona il processo di adesione Ue
Il processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).
Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.
Ucraina, Moldova e altri 8. A che punto è l’allargamento Ue
Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre e ora si attende solo l’avvio formale dei negoziati e l’adozione dei quadri negoziali.
Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Albania e Macedonia del Nord i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Montenegro e Serbia si trovano a questo stadio rispettivamente da 12 e 10 anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche la Bosnia ed Erzegovina è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e con il Consiglio Europeo di ieri ha ricevuto l’endorsement all’avvio formale dei negoziati di adesione. Il Kosovo è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.
I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.
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