Bruxelles – La vittoria del Partito Socialista (Psc) alle elezioni regionali in Catalogna apre scenari imprevedibili che potrebbero impattare sul fragile compromesso che tiene in piedi il governo nazionale di Pedro Sanchez. Per la prima volta dal 2003, nella regione autonoma della Spagna non c’è margine per una maggioranza dei partiti indipendentisti, ma è proprio con loro che il Psc dovrà trattare per trovare i numeri per governare a Barcellona.
Il voto di domenica 12 maggio ha certificato il primo posto dei socialisti guidati da Salvador Illa, che con il 27,96 per cento delle preferenze otterranno 42 seggi sui 135 totali del Parlamento catalano. Si è fermato invece al 21,64 per cento – e 35 seggi – Junts per Catalunya, il partito indipendentista dell’ex presidente secessionista Carles Puigdemont. La terza forza politica più votata è stata Esquerra Republicana (ERC), l’altro partito indipendentista di centrosinistra guidato dal presidente uscente Pere Aragonès, che ha ottenuto il 13,68 per cento dei voti e 20 seggi. Seguono i due partiti della destra non indipendentista, il Partito Popolare e Vox, che hanno ottenuto rispettivamente il 10,97 e il 7,96 per cento, ovvero 15 e 11 seggi. Mentre la sinistra di Comuns-Sumar non è andata oltre il 5,82 per cento, assicurandosi solo 6 seggi.
Subito dopo la chiusura degli scrutini, è partito il toto-alleanze. Perché con i suoi 42 seggi, il Psc resta ben lontano dalla maggioranza assoluta del parlamento regionale, pari a 68 seggi. Il Psc punta a raggiungere un accordo con le altre formazioni progressiste: gli indipendentisti di Erc e Comuns-Sumar, insieme ai quali raggiungerebbe proprio quota 68. Ma se da Sumar è arrivata immediatamente la conferma della volontà di negoziare un accordo per un governo regionale tripartito, il leader di Erc ha già dichiarato – alla luce di quella che per Aragones è un’evidente sconfitta – l’intenzione di “rispettare la volontà” del popolo catalano e “lavorare dall’opposizione”.
Ecco perché si affaccia la possibilità di uno stallo simile a quello vissuto tra agosto e settembre 2023 per le elezioni nazionali, quando il Partito Popolare – uscito vincitore alle urne – non è riuscito a raggiungere la maggioranza in Parlamento e, dopo settimane di polemiche e trattative, il leader socialista Pedro Sanchez si è assicurato l’appoggio proprio degli indipendentisti catalani per restare al potere. Promettendo in cambio l’amnistia per chi, come il leader di Junts Puigdemont, fu incriminato e condannato dopo il referendum per l’indipendenza della Catalogna del 2017.
Puigdemont ha invitato Aragones a rifiutare un eventuale patto con i socialisti per “costruire un solido governo di pura obbedienza catalana“, sottolineando la necessità che le forze pro-indipendenza si siedano a dialogare per “ricostruire i ponti” e riflettere sugli effetti della mancanza di “una strategia condivisa” che ha portato alla vittoria del Psc. Il leader di Junts, eurodeputato e fuggito in Belgio dal 2017, ha intravisto una nuova finestra di opportunità per mettere sotto scacco Sanchez: la situazione in Catalogna “non è diversa” da quella nel parlamento nazionale, ha dichiarato a margine del voto.
Ovvero, ancora una volta i socialisti hanno bisogno degli indipendentisti catalani per governare. Altrimenti il rischio è quello di tornare nuovamente alle urne, uno scenario che sarebbe favorevole solo al Partito Popolare, in netta crescita – 12 seggi in più – rispetto alle precedenti elezioni. E c’è sempre lo spauracchio che, qualora Sanchez non consegnasse la chiavi della Generalitat de Catalunya a Puigdemont, quest’ultimo potrebbe farlo capitolare a Madrid.
Ma il leader socialista è già stato sommerso dalle critiche in patria per la sua posizione morbida nei confronti degli indipendentisti catalani. E, nel gioco dei numeri del toto-alleanze, c’è un’altra somma che raggiunge i 68 seggi necessari per governare la regione: quella di una molto improbabile coalizione con il centro destra dei Popolari e di Vox. Ma anche in questo caso, Sanchez dovrebbe guardarsi le spalle a Madrid, perché una mossa di questo tipo sicuramente non andrebbe di certo giù agli alleati di Podemos e Sumar.