Bruxelles – Cancro ed Europa, qualche progresso e ancora tanto da fare. Nella gestione del paziente oncologico sul posto di lavoro c’è ancora un ampio margine di miglioramento, vista “l’assenza di quadri legislativi nazionali dedicati al mantenimento e/o al reinserimento lavorativo, in particolare per i malati di cancro e i sopravvissuti in molti Paesi membri”. Questa la situazione, come descritta nello speciale studio della Commissione europea su malati di cancro e mercato del lavoro. Dove l’Italia non fa eccezione.
Al contrario il Paese fa bella mostra di sé per principi e intenzioni, non tradotti però in pratica. In Italia, rilevano i tecnici dell’esecutivo comunitario, il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 sottolinea l’importanza del ritorno e al lavoro per i pazienti oncologici e i sopravvissuti, nonché la necessità di misure che garantiscano la flessibilità per consentire il reinserimento nel mondo del lavoro, “anche se non vengono
delineati interventi specifici“.
C’è sicuramente un aspetto politico della vicenda. A livello Paese, tutto ciò che riguarda pazienti oncologici non è legato a una categoria specifica. Al contrario, continua lo studio della Commissione, in Italia le misure legali pertinenti “fanno parte del più ampio quadro legislativo italiano in materia di occupazione
per le persone con disabilità e i lavoratori affetti da malattie a lungo termine“, che comprendono i pazienti oncologici e le loro famiglie. “Tuttavia, non esiste un meccanismo a livello nazionale che riguardi
specificamente le misure volte al mantenimento del posto di lavoro e al ritorno al lavoro per i pazienti
oncologici“.
C’è poi la questione culturale. Perché da interviste raccolte in Italia è emersa la paura di parlare della malattia. C’è la paura che lo stigma (“e la paura di potenziali ripercussioni”, precisa il documento) può far sì che le persone affette da cancro non vogliano condividere le informazioni sulla loro malattia con il datore di lavoro o con i colleghi, né le misure o gli adattamenti del luogo di lavoro di cui avrebbero bisogno per poter rimanere o tornare al lavoro. Questo coincide con i dati secondari che riportano che il 50 per cento di tutte le persone affette da cancro ha paura di dirlo ai propri datori di lavoro, specie in Italia e Bulgaria.
Attenzione, però. Si riconoscono i meriti di un Paese che a oggi è l’unico nel panorama dell’Unione europea con una legislazione specifica per il cancro. E’ la legge 80/2006 che prevede una procedura accelerata per l’accertamento dell’invalidità in caso di cancro. L’Italia stabilisce anche un parametro di riferimento per il grado di disabilità per tutti i pazienti oncologici, definito sulla base delle caratteristiche e della gravità della malattia.
L’Italia è però, nel caso singolo, un po’ lo specchio di un’Ue che si muove a rilento. Permangono, in Italia come nel resto d’Europa, “lacune, ostacoli e sfide”, come la necessità di “espandere e rafforzare le politiche e le norme nazionali per includere misure più specifiche per il cancro”, rafforzare i meccanismi di sorveglianza e di applicazione e intensificare ulteriormente le azioni di sensibilizzazione.
“Abbiamo compiuto progressi significativi nei tassi di sopravvivenza al cancro, ma rimangono molte sfide nella gestione della vita quotidiana con il cancro“, sintetizza la commissaria per la Salute, Stella Kyriakides. Tradotto: sopravvivere non può essere una condanna. Per questo “Dobbiamo rompere lo stigma che può colpire le persone colpite da questa malattia e tutelare il diritto al ritorno al lavoro, al mantenimento del posto di lavoro e a garantire che non vi siano discriminazioni”.