Bruxelles – Settimana di fuoco per l’industria automobilistica tedesca. Dopo gli annunci di Volkswagen in Germania, anche l’Audi a Bruxelles ha deciso di chiudere i battenti il 28 febbraio 2025. I lavoratori fino alla chiusura effettiva non verranno licenziati, ma è l’ennesimo duro colpo all’industria automobilistica tedesca.
Audi fa parte del gruppo Volkswagen e la decisione è stata presa ieri (29 ottobre), come riporta L’Echo, dopo un comitato aziendale straordinario. Si inserisce nella spirale negativa che affligge il settore automotive tedesco, che proprio in questa settimana ha visto già annunciare dalla casa madre la chiusura di almeno tre stabilimenti in Germania.
A febbraio 2024, la direzione dello stabilimento belga aveva confermato che la nuova Audi Q8 e-tron (nuovo modello di auto elettrica) non sarebbe stata più prodotta a Bruxelles, anticipando di tre anni quello che era stato l’annuncio sulla delocalizzazione della produzione in Messico, per ridurre i costi e avvicinarsi anche al mercato degli Usa.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, l’annuncio della chiusura a fine febbraio prossimo ha sorpreso i lavoratori. Il rischio si era palesato da luglio di questo anno, quando il gruppo Volkswagen aveva annunciato di aver voler rinnovare la propria sede di Audi Bruxelles, avviando la cosiddetta procedura Renault. E procedura Renault nella legge belga vuol dire preparazione a licenziamenti collettivi, che avrebbero coinvolto quasi la metà dei 3.000 dipendenti nella filiale belga.
Dopo l’estate, i sindacati non si erano dati per vinti, tenendo alta la tensione con proteste interne agli stabilimenti, fino a giungere un accordo con la direzione di Audi Bruxelles. Alla fine, il prezzo più caro è per i lavoratori. Riguardo alle condizioni dei licenziamenti sono in corso trattative riservate, riguardo ad un “possibile piano sociale”, come lo definisce direttore delle comunicazioni dell’Audi Bruxelles, Peter D’hoore.
L’ultima boa di salvezza era trovare un acquirente per poter evitare la chiusura del sito. Per ora Audi Bruxelles non ha attirato molti investitori, anche se la direzione ha indicato che potrebbero esserci delle novità, da valutare nel prossimo comitato aziendale. Unica dichiarazione (vaga) in merito è quella di D’hoore: “Contemporaneamente (alle procedure di chiusura del sito, n.d.r.) prosegue il gruppo di lavoro sui modelli di business alternativi“, ma per ora non ci sono ulteriori dettagli riguardo a cambiamenti della situazione, anche se è stato reso noto che esisterebbe un nuovo investitore (attivo in particolare nel settore di camion e autobus) interessato agli impianti.
Volkswagen vuole tagliare i rami secchi nella produzione di veicoli elettrici. Colpisce con l’accetta sia la produzione tedesca che quella belga, che non sono profittevoli come dovrebbero. Per Bruxelles, i problemi del sito sono anche “strutturali di vecchia data”, per cui è difficile da modificare la configurazione della produzione.
“Questo calcolo non può funzionare a lungo termine“, ha affermato lunedì Thomas Schaeffer, Ceo del marchio Volkswagen. Il colosso tedesco sta prendendo delle decisioni impegnative, che testimoniano la grande crisi del mercato automobilistico che sta vivendo la Germania. Settore, che va ricordato, ha una rilevanza notevole per la produzione tedesca nel suo complesso ed ha contribuito notevolmente a costruire la posizione nelle esportazioni per il paese, entrata però in forte calo quest’anno.
In Italia, intanto, ci sono tensioni tra governo e imprese per i tagli al settore. “Il governo ha tagliato 4,6 miliardi al Fondo automotive, destinato all’adozione di misure a sostegno della riconversione della filiera”, scrive Anfia (Associazione delle imprese della filiera automotive). Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha cercato di calmare le acque, commentando che “tutte le risorse andranno sul fronte degli investimenti produttivi con particolare attenzione alla componentistica, che è la vera forza del Made in Italy”.
Non convince però la posizione di Urso, soprattutto in un momento di transizione in cui tutti coloro che sono coinvolti nella filiera produttiva, dai lavoratori agli imprenditori, hanno bisogno che ci sia corrispondenza tra l’impegno italiano in Ue per la transizione verde e il supporto alle proprie imprese. Parliamo di un settore manifatturiero che impiega oltre 270.000 addetti diretti e un fatturato di oltre 100 miliardi di euro. Aggiunge Anfia: “E’ l’unico settore a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni“, elemento che sta evidentemente causando problemi non solo al bel Paese, ma a tutte le industrie auto europee.