Bruxelles – La Corte penale internazionale (Icc) ha emesso un mandato di cattura contro il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e contro il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. Per i due sono state confermate le accuse mosse dal procuratore capo, Kharim Khan: crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023. Alla stregua di Vladimir Putin, su cui pende un mandato d’arresto dal marzo 2023. Un’ingiunzione che i 123 Paesi che riconoscono l’Icc sono tenuti a rispettare, tra cui – come ha ricordato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell – i 27 Stati dell’Unione europea.
Quando il procuratore Khan chiese l’emissione del mandato d’arresto a maggio, Tel Aviv presentò diversi ricorsi. Ma la Corte con sede a L’Aia li ha respinti e ha confermato le accuse. Karim Khan aveva incriminato anche tre dei massimi leader di Hamas, Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh. Tutti e tre nel frattempo uccisi dall’esercito israeliano, anche se il Tribunale ha comunque emesso il mandato d’arresto per Deif perché non in grado di verificare la sua morte.
Netanyahu e Gallant sono ritenuti responsabili di aver affamato la popolazione civile palestinese come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente “grandi sofferenze, gravi lesioni al corpo o alla salute o trattamenti crudeli”, di “dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile“. Secondo la Corte, il premier e l’ex ministro della Difesa – silurato da Netanyahu a inizio novembre perché voleva imporre la coscrizione militare anche agli ebrei ultraortodossi – avevano a disposizione misure per prevenire o evitare che venissero commessi crimini, ma non lo hanno fatto.
In sostanza, ora sta ai Paesi che aderiscono allo Statuto di Roma – fondativo dell’Icc – decidere se implementare i mandati d’arresto, nel caso in cui Netanyahu o Gallant mettessero piede sui loro territori nazionali, arrestandoli e consegnandoli alla Corte. Che solo in quel caso potrebbe istituire un processo. Sicuramente non lo farà Israele, che non riconosce l’autorità del Tribunale internazionale, e nemmeno il loro partner privilegiato, gli Stati Uniti, che non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma. E, come già accaduto a settembre quando Putin si è recato senza conseguenze in visita in Mongolia, non è detto che i Paesi aderenti all’Icc decidano di rispettare i loro obblighi.
Sulla questione è intervenuto l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, nel corso di una conferenza stampa ad Amman con il ministro degli Esteri della Giordania. “Non è una decisione politica, ma la decisione di un tribunale, la Corte penale internazionale, e le decisioni dei tribunali devono essere rispettate e applicate“, ha dichiarato con fermezza. Per Borrell, “non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza responsabilità”. L’indicazione del capo della diplomazia Ue è chiara: la decisione de L’Aia “è vincolante per tutti gli Stati che fanno parte della Corte, che comprende tutti i membri dell’Unione europea, che sono vincolati ad attuarla”.
Se le parole di Borrell potrebbero apparire scontate, la realtà è che il mandato d’arresto emesso dall’Icc rischia di mettere in imbarazzo le istituzioni europee, che da un lato continuano a ergersi a protettrici del diritto internazionale e dei suoi organi multilaterali, ma dall’altro non hanno mai preso nemmeno in considerazione la possibilità di sospendere la salda partnership che lega Bruxelles a Tel Aviv. Nemmeno di fronte ai procedimenti all’Icc e alla Corte di Giustizia Internazionale. Perché, al di là dell’obbligo di cattura di Netanyahu e Gallant sul proprio territorio, il mandato implica il riconoscimento dei due leader israeliani come gravi criminali. Alla stregua di Putin appunto, con il quale l’Unione europea ha tagliato qualsiasi ponte. Per ora, al di là del commento di Borrell, da Bruxelles non filtrano reazioni. Ma il rischio è prestare il fianco ancora una volta alle accuse di doppi standard tra l’Ucraina e il Medio Oriente.