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    Home » Politica » Il mandato d’arresto a Netanyahu banco di prova della tenuta del diritto internazionale. E divide già i Paesi Ue

    Il mandato d’arresto a Netanyahu banco di prova della tenuta del diritto internazionale. E divide già i Paesi Ue

    La decisione della Corte Penale Internazionale è vincolante per i 124 Paesi che ne riconoscono l'autorità, tra cui non compaiono né Israele né gli Stati Uniti. Orbán ha annunciato che inviterà Netanyahu in Ungheria, in Italia è caos tra i ministri. Francia e Germania caute, Irlanda, Slovenia, Belgio e Olanda appoggiano l'Aia

    Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    22 Novembre 2024
    in Politica
    Benjamin Netanyahu israele

    Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Charly Triballeau/Afp)

    Bruxelles – Il mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (Icc) nei confronti di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, per crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza, rischia di divenire il canto del cigno dell’ordine mondiale basato sul rispetto delle istituzioni multilaterali e del diritto internazionale. Perché la decisione sta già dividendo il mondo. Compresi i 27 Paesi Ue, che fanno parte dei 124 che riconoscono l’autorità del Tribunale de L’Aia.

    Se Joe Biden ha già definito “oltraggiosa” la decisione dell’Icc e Netanyahu ha rispolverato l’Affare Dreyfus accusando l’Aia di antisemitismo, va sottolineato che Stati Uniti ed Israele non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma che istituì la Corte nel 2002. Da Bruxelles, il silenzio della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è preoccupante.

    netanyahu
    Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant (Photo by Abir SULTAN / POOL / AFP)

    A poco è servito l’immediato richiamo all’attuazione del mandato da parte di Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, ai Paesi membri. Ad aprire le danze delle reazioni delle cancellerie europee, ci ha pensato Viktor Orbán: nella sua intervista settimanale alla radio di Stato, il premier ungherese ha definito la decisione del Tribunale internazionale “oltraggiosa” e “sfacciata”. Una decisione politica “travestita da decisione legale”. Orbán ha annunciato che inviterà Netanyahu a visitare l’Ungheria, dove “garantirà che la sentenza della Corte penale internazionale non avrà alcun effetto”. Un’uscita da “apriti cielo”, e invece no.

    Caos in Italia: tra Salvini e Crosetto, interviene Tajani

    La presa di posizione di Orbán ha spianato la strada al vicepremier italiano Matteo Salvini, che ha addirittura definito il mandato dell’Icc “filo islamico”. Salvini si è augurato di “incontrare presto esponenti del governo israeliano”, aggiungendo che “se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”. Una posizione non concordata né con la Farnesina, né tanto meno con Palazzo Chigi.

    Così, mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto, dichiarava a Porta a Porta che – pur ritenendo la decisione “sbagliata” – “aderendo alla Corte penale internazionale, se Netanyahu e Gallant venissero in Italia dovremmo arrestarli“, è dovuto intervenire il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. L’altro vicepremier, dopo aver sentito Giorgia Meloni, ha abilmente evitato di prendere una posizione netta: “Vedremo quali sono i contenuti della decisione e le motivazioni che hanno spinto a questa decisione”, ha dichiarato, precisando da un lato che “noi sosteniamo la Corte” e dall’altro che l’Icc “deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico”.

    Francia e Germania prendono tempo

    L’ambiguità è finora di casa anche a Parigi e Berlino. Dal Quai d’Orsay, sede del Ministero degli Esteri francese, il portavoce Christophe Lemoine ha definito la questione “giuridicamente complessa”, che richiede quindi un’analisi approfondita. Parigi ha contemporaneamente ricordato “di aver sempre sostenuto l’azione della Corte” e sottolineato che la “lotta contro l’impunità” è sempre stata una “priorità”.

    Mani avanti anche dal governo di Olaf Scholz: “Esamineremo attentamente” le misure da adottare, ha dichiarato in una nota il portavoce, Steffen Hebestreit, sottolineando che “la Germania ha partecipato all’elaborazione dello statuto dell’Icc ed è uno dei suoi maggiori sostenitori”. Per poi precisare che la posizione tedesca “è anche il risultato della storia tedesca”, segnata dallo sterminio sistematico degli ebrei sotto il regime nazista, e che “di conseguenza” la Germania ha “rapporti unici e una grande responsabilità con Israele”. Berlino terrà conto di “queste due condizioni” per determinare l’atteggiamento da tenere nel caso in cui i due ricercati israeliani mettessero piede sul proprio territorio.

    Chi sta con la Corte: Irlanda, Slovenia, Olanda, Belgio. E Regno Unito

    D’altra parte, tra i 27 c’è anche chi ha già ribadito il proprio impegno a rispettare le decisioni della Corte Penale Internazionale, come richiesto ai Paesi firmatari dello Statuto di Roma. A partire dall’Irlanda, il cui primo ministro, Simon Harris, ha definito il mandato d’arresto una “misura estremamente significativa”, passando per i Paesi Bassi, il Belgio e la Slovenia, dove il premier Robert Golob ha confermato che “rispetterà pienamente la decisione”.

    Anche Norvegia e Regno Unito si sono schierate a fianco dell’Icc. A Downing Street, il portavoce del primo ministro ha evitato di affrontare il caso specifico di un eventuale ingresso nel Paese di Netanyahu, ma ha ribadito che Londra “rispetterà sempre i suoi obblighi legali come stabilito dalla legge nazionale e dal diritto internazionale”.

    Tags: Benjamin Netanyahucorte penale internazionaleIccisraeleue

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