Bruxelles – Un giorno partner potenziale e soggetto su cui investire, e il giorno dopo una minaccia che in quanto tale va evitata. Sulla Cina la Commissione europea sembra non avere le idee chiare, e certamente non fa bella figura. Nel giro di ventiquattro ore il team von der Leyen prima apre a Pechino per poi chiudere. E’ il commissario per la Difesa, Andrius Kubilius, a tracciare un solco e marcare le distanze con la Repubblica popolare. Partecipa alla conferenza annuale dell’Agenzia europea per la difesa, dove parla di sicurezza di fronte alle manovre militari russe. “La Russia non è sola”, premette. “La Corea del Nord e l’Iran fanno parte dello stesso ‘Asse degli autoritari aggressivi’ -aggiunge -. La Cina non è molto indietro“.
La Repubblica popolare accusata pubblicamente di politica autoritaria e aggressiva. Un’uscita, quella di Kubilius, che arriva a un giorno di distanza dai desideri espressi della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di fare affari proprio con i cinesi, coloro alla fine dipinti come inaffidabili e pericolosi. Un cortocircuito tutto interno all’esecutivo comunitario che evidenzia una crisi esistenziale tutta a dodici stelle nei confronti di un soggetto, la Repubblica popolare cinese, che è un vero e proprio rompicapo.
Kubilius è un uomo del Partito popolare europeo (Ppe), lo stesso di von der Leyen. Anche in ragione dell’appartenenza alla stessa famiglia, oltre che allo stesso collegio, lo scollamento tra i due risalta. Kubilius nel suo intervento non parla più di Cina, menziona il Paese una sola volta. Quanto basta per mostrare le titubanze europee nei confronti di un Paese con cui si dovrà lavorare, innanzitutto per ricucire rapporti.