Bruxelles – La polizia federale belga ha perquisito questa mattina all’alba (13 marzo) 21 appartamenti e uffici di lobbisti ed ex lobbisti di Huwaei, il colosso cinese delle telecomunicazioni, e avrebbe disposto misure cautelari per alcuni di essi, sospettati di aver corrotto membri eletti del Parlamento europeo per influenzare le politiche Ue a favore dell’azienda. Uno scenario che minerebbe la credibilità dell’Aula di Bruxelles, già messa a dura prova due anni fa dallo scandalo Qatargate – la cui indagine è ancora in corso.
Secondo le rivelazioni del quotidiano belga Le Soir, insieme al settimanale Knack, la piattaforma investigativa olandese Follow The Money e i giornalisti investigativi greci di Reporters United, sarebbero coinvolti almeno 15 tra eurodeputati ed ex eurodeputati. Il blitz di questa mattina arriva dopo mesi di indagini, nell’ambito di un fascicolo aperto per i capi di corruzione, falsificazione, riciclaggio e organizzazione criminale. Un fascicolo rimasto sotto traccia fino ad oggi, con il nome in codice ‘Génération’.
La procura belga ha confermato che diversi lobbisti si trovano ora in stato di fermo, per essere interrogati ed eventualmente auditi dal giudice istruttore. Sono anche stati posti sotto sequestro due uffici di assistenti parlamentari ed una persona è stata arrestata a Strasburgo. Secondo Le Soir, il principale sospettato manca però all’appello: si tratta dell’attuale direttore delle pubbliche relazioni dell’ufficio di Huawei presso l’Unione europea, che in precedenza è stato assistente parlamentare di due ex eurodeputati italiani per dieci anni. Il quotidiano belga suggerisce che la presunta corruzione sarebbe avvenuta attraverso regali di (modesto) valore – come smartphone e devices Huawei e biglietti per partite di calcio – o tramite trasferimenti di alcune migliaia di euro. Secondo le regole del Parlamento ogni dono ricevuto che supera il valore di 150 euro va dichiarato.
“La corruzione sarebbe stata praticata regolarmente e in modo molto discreto dal 2021 ad oggi, sotto forma di lobbying commerciale e assumendo diverse forme, come compensi per prese di posizione politiche o regali smisurati, come spese di vitto, di viaggio o regolari inviti a partite di calcio”, ha confermato a Le Soir la procura federale, senza però menzionare il nome di Huawei. La stessa azienda cinese non ha per ora commentato le notizie.
La Commissione europea, senza commentare nel merito l’indagine, ha ricordato che “la sicurezza della nostra rete 5G è ovviamente cruciale per la nostra economia”. Nella corsa alla diffusione delle reti di quinta generazione, Huawei è stata valutata da Bruxelles un “fornitore ad alto rischio”, il che potrebbe esporre le infrastrutture europee a minacce di dipendenza e spionaggio. La Commissione ha invitato nel giugno 2023 i Paesi membri a limitare o escludere l’azienda cinese dalla rete 5G e la vicepresidente esecutiva responsabile per la Sovranità tecnologica, Henna Virkkunnen, ha dichiarato pochi mesi fa, proprio al Parlamento europeo, che le misure prese finora dai 27 “non sono sufficienti”.