Bruxelles – Il trasporto pubblico accessibile e sostenibile come chiave per la coesione sociale. È l’idea centrale alla base del rapporto sul “ruolo dei servizi pubblici di qualità per affrontare l’elevato costo della vita” adottato mercoledì scorso (30 aprile) dal Comitato economico sociale (Cese) durante il secondo giorno di sessione plenaria. Il relatore dell’opinione, il sindacalista austriaco Thomas Kattnig, ha condiviso con Eunews le sue riflessioni.
Parla di “pietra miliare dell’inclusione sociale e della trasformazione ecologica“, Kattnig, nel descrivere l’importanza del trasporto pubblico a prezzi abbordabili per tutti. Si tratta, dice, di garantire “accesso all’istruzione, all’occupazione, all’assistenza sanitaria e alla partecipazione sociale, soprattutto per le famiglie a basso reddito“, spiega.
The #EESCplenary has adopted @EESC_TEN‘s opinion on the price hikes in transport, energy and housing by @ThomasKattnig.
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— Workers’ Group EESC (@WorkersEESC) April 30, 2025
D’altro canto, gioca anche un ruolo chiave nella transizione climatica “sostituendo l’uso dell’auto privata” e abbattendo le emissioni. Le reti di trasporto pubbliche devono poi garantire “soluzioni multimodali” ai cittadini (sia in ambito locale sia sulle tratte a lunga percorrenza, dalle piste ciclabili alle ferrovie), offrendo flessibilità e varietà di servizi sì da consentire a chiunque di potervi ricorrere a seconda delle proprie esigenze. La transizione digitale, inoltre, “offre un nuovo potenziale per servizi di mobilità intelligenti e integrati“, migliorando l’esperienza dell’utente a 360 gradi.
La “povertà di trasporto”
Tuttavia, osserva il sindacalista, l’elefante nella stanza è la “povertà di trasporto“. Un concetto centrale del quale, però, manca una definizione operativa a livello europeo, il che ostacola gli interventi risolutivi. Lui la definisce come “una condizione in cui gli individui non hanno accesso a una mobilità adeguata a causa di barriere finanziarie, geografiche o infrastrutturali“. Un fenomeno che riguarda “le persone nelle aree rurali prive di servizi di autobus, gli individui a basso reddito che non possono permettersi i biglietti, o le persone con disabilità che non dispongono di opzioni di trasporto” adeguate.
La mobilità, ragiona Kattnig, “va riconosciuta e trattata come un diritto sociale” in tutta l’Ue, e tutelata di conseguenza per contrastare le dinamiche perverse che portano a “isolamento sociale, riduzione delle opportunità di lavoro, accesso limitato all’istruzione e approfondimento dei divari sociali“.

Cosa succede se si ignora la dimensione socio-economica di questo fenomeno? “Pensiamo alle proteste dei gilet gialli in Francia“, prosegue il membro del Cese: “Sono scoppiate perché l’aumento dei prezzi del carburante hanno provocato un impatto insostenibile sul sostentamento delle persone“. Serve dunque mettere mano all’armamentario comunitario: creare nuovi strumenti e dotarli delle risorse necessarie, oltre a quelli già esistenti (come il Fondo sociale per il clima) che appaiono insufficienti.
Flessibilità e investimenti
Ora, il tema della mobilità è inevitabilmente collegato alle altre urgenze che gli Stati membri stanno affrontando in questa convulsa fase storica. “Il dibattito attualmente in corso sulla sicurezza e la difesa è necessario”, concede Kattnig, ma “se non investiamo altrettante risorse nella coesione sociale finiamo per lasciare campo libero alla crescita delle destre estreme“, con tutte le conseguenze del caso. Alloggi, mobilità, sicurezza energetica, educazione, sono tutte facce della stessa medaglia, argomenta il sindacalista, cioè appunto quella dell’inclusione sociale.
Come si raggiungono questi obiettivi? Il Cese, ribadisce Kattnig, chiede una “ricalibrazione” delle regole Ue per “rafforzare la missione sociale dei servizi d’interesse generale“, soprattutto quelli economici. Si va dalla certezza giuridica – che passa dalla tutela dei servizi pubblici rispetto alla “pura logica di mercato” – alla revisione dei vincoli di bilancio del Patto di stabilità e crescita (Psc), come già avvenuto in materia di indebitamento per le spese militari in base al piano ReArm Europe targato Ursula von der Leyen, ampliando l’uso della clausola di salvaguardia e fornendo ai governi “il giusto grado di flessibilità” per investire efficacemente in settori essenziali come trasporti, energia, istruzione e sanità.

Stiamo parlando di un cambio di mentalità in diversi ambiti. Sussidi e investimenti nei servizi pubblici non vanno considerati come distorsioni della concorrenza, ad esempio, mentre vanno introdotti dei criteri di “condizionalità sociale” da soddisfare tramite parametri di economicità, accessibilità e interesse pubblico degli interventi finanziati coi soldi dei contribuenti. Da ultimo, va incorporato il Green deal nel Pilastro sociale dell’Unione per ridefinire i servizi d’interesse generale come “motori strategici di una transizione sostenibile e inclusiva“.
L’impatto dei dazi di Trump
Infine, non si può trascurare il clima internazionale particolarmente teso, che lascia evidentemente i governi nazionali sul chi vive. I dazi doganali annunciati da Donald Trump, attualmente sospesi, potrebbero “rappresentare un enorme problema per tutto il mondo e nello specifico per l’Europa”, spiega Kattnig. Il sindacalista austriaco considera che, se rientreranno in vigore, provocheranno “una maggiore insicurezza per i lavoratori, il rischio di perdere l’occupazione e l’aumento dei prezzi al consumo” sia in Europa sia negli Stati Uniti.
I dazi “sono come le tasse“, ha osservato recentemente la presidente dell’esecutivo comunitario, sottolineando che “danneggiano sia i consumatori sia le imprese“. Kattnig prevede che “entro le elezioni di medio termine (in calendario per il novembre 2026, ndr) qualcuno consiglierà a Trump di ritirarli“, perché non sono sostenibili sul lungo periodo. “Abbiamo degli accordi commerciali già in piedi, abbiamo l’Organizzazione mondiale del commercio e diversi strumenti per risolvere i conflitti“, continua il sindacalista, dunque “dobbiamo percorrere questa strada”. Cooperazione e dialogo anziché scontro frontale.

E se non bastasse? In tal caso, “dovremo reagire in maniera decisa“, mettendo in campo “una risposta coordinata” che tenga insieme “regole commerciali eque, protezione delle industrie strategiche e misure di sostegno mirate per le famiglie più colpite“. Senza dimenticare una “tassa digitale” sui colossi a stelle e strisce che fanno affari d’oro vendendo i loro servizi in Europa, applicando pienamente e senza sconti le normative comunitarie (Dsa, Dma e Gdpr in primis).