Bruxelles – La Moldova si muove a passi da gigante verso l’adesione al club a dodici stelle. Ma non deve mollare la presa sulle riforme, se vuole aprire nei prossimi mesi i primi capitoli negoziali. E, soprattutto, deve continuare a difendersi dalle interferenze russe. A partire da quelle tramite cui, con ogni probabilità, il Cremlino tenterà di far deragliare le elezioni parlamentari in programma per il prossimo settembre, ripetendo un copione già andato in scena lo scorso autunno.
“La Moldova ha fatto buoni progressi nel suo percorso verso l’Ue“, ha certificato oggi pomeriggio (4 giugno) l’Alta rappresentante Kaja Kallas durante una conferenza stampa congiunta al termine della nona riunione del consiglio d’associazione Ue-Moldova. Nello specifico, ha sottolineato, ci sono stati “progressi impressionanti nel contrasto alla corruzione, nell’avanzamento della riforma giudiziaria e nella tutela dei valori democratici“.
Certo, ha concesso, “le riforme rimangono essenziali per mantenere il ritmo”, ma nessuno a Bruxelles o a Chisinau nutre seri dubbi sulle capacità del piccolo Paese balcanico di realizzarle. “La Moldova appartiene all’Europa“, ha scandito il capo della diplomazia comunitaria. Il mese prossimo si terrà il primo summit di alto livello Ue-Moldova, durante il quale si discuterà tra le altre cose di energia, digitale ed istruzione.

La commissaria all’Allargamento, Marta Kos, parla addirittura di “velocità record” e non esclude che Chisinau possa arrivare ad aprire tutti i capitoli negoziali entro la fine dell’anno, come vorrebbe il primo ministro moldavo Dorin Recean. In termini concreti, si tratta di far partire al più presto i lavori anzitutto sul cluster dei cosiddetti fondamentali (Stato di diritto, istituzioni democratiche, diritti fondamentali), che è il primo a venire aperto e l’ultimo a chiudersi. A seguito della riforma del 2020 del processo di allargamento, i capitoli negoziali sono in tutto 33, raggruppati in sei cluster.
Sulla carta, una tabella di marcia così ambiziosa non è impossibile per la Moldova. Secondo l’esecutivo comunitario, Chisinau si muove ad un ritmo doppio rispetto agli altri Paesi candidati e tutto il lavoro tecnico potrebbe essere completato entro la fine del 2027. L’altro binario su cui si muove il processo di adesione è quello politico. Qui ci sono una volatilità e un’imprevedibilità maggiori, dato che serve il consenso di tutti gli Stati membri affinché venga dato il disco verde all’ingresso di un nuovo Paese.
E un problema, tutto politico, è già emerso in quello che era considerato un tempo il “trio orientale” ma che ora è diventato un duo composto da Moldova e Ucraina, dopo che il deterioramento della situazione in Georgia ha portato al congelamento de facto del suo percorso di avvicinamento all’Ue. Al Consiglio, ad esempio, l’Ungheria continua a bloccare i progressi dei negoziati di Kiev, così come la Bulgaria non si è ancora convinta a rimuovere il proprio veto all’ingresso della Macedonia del Nord.
Nonostante tutto, il premier moldavo Recean rimane ottimista. Per lui, “l’adesione all’Ue non è più solo un sogno, ma sta avendo luogo di fatto“. La Commissione, come ricordato da Kos, ha già inoltrato al Consiglio tre relazioni – una sul primo cluster (fondamentali), una sul secondo (mercato interno) e una sul sesto (relazioni esterne) – e si aspetta ora dagli Stati membri una decisione sull’apertura dei primi capitoli negoziali “il prima possibile”.
Great to meet HRVP @kajakallas ahead of the EU–Moldova Association Council & thank for the great support we receive for Moldova’s reform progress,regional security & the EU integration path.
Together, we’re building a future rooted in resilience, democracy & a shared EU destiny. pic.twitter.com/jYH7jz8uYq
— Dorin Recean (@DorinRecean) June 4, 2025
Di fatto, Chisinau gode già degli effetti dell’integrazione graduale. Secondo questo approccio, Bruxelles permette ai cittadini dei Paesi candidati di sperimentare in anticipo i benefici dell’adesione all’Ue, prima ancora che entrino effettivamente nel club, estendendo alcune delle politiche interne (soprattutto quelle relative al mercato unico) come meccanismo di incentivo per la dirigenza politica.
Nel caso della Moldova, sono all’opera almeno tre strumenti di questa strategia: il Piano di crescita da 1,9 miliardi di euro stipulato il mese scorso per sostenere lo sviluppo infrastrutturale (la cui prima tranche dovrebbe arrivare nel giro di qualche settimana), l’estensione allo Stato balcanico dell’area unica per i bonifici in euro – meglio nota con l’acronimo inglese Sepa – e la possibilità di partecipare al fondo Safe da 150 miliardi per il riarmo del Vecchio continente, attraverso l’acquisto congiunto o la produzione di armamenti per i Paesi partecipanti.
Ma il percorso verso l’Ue non è tutto rose e fiori, specialmente per chi ha gravitato nell’orbita dell’Unione sovietica. Il Cremlino ha varie armi a sua disposizione per tentare di impedire a nuovi Stati di avvicinarsi all’Ue. Una di queste è il ricatto energetico. Lo scorso inverno, dopo che Mosca ha sospeso le forniture di gas alla regione separatista e filorussa della Transnistria, Bruxelles ha messo in campo una strategia biennale per proteggere la sicurezza energetica dell’intera Moldova.

Inoltre, Chisinau deve proteggersi dalle interferenze russe nei suoi processi democratici, come quelle registrate lo scorso autunno in occasione delle presidenziali, poi vinte dall’europeista Maia Sandu, e del referendum che ha portato all’inclusione in Costituzione dell’obiettivo di aderire all’Ue, nel quale il “sì” è passato per un soffio (meno di un punto percentuale).
Il prossimo settembre, gli elettori saranno chiamati a rinnovare il Parlamento nazionale. Secondo Kallas, quell’appuntamento con le urne “sarà uno dei bersagli principali della guerra ibrida di Mosca“, che ricorrerà probabilmente ad “una ragnatela di soldi, contenuti online e coercizione per cercare di influenzare il voto”. Bruxelles offrirà tutto il sostegno possibile a Chisinau, ha assicurato l’ex premier estone: una missione civile e una squadra di esperti per smantellare le reti di finanziamento illecito, nonché un team di contrasto alle minacce ibride. Basterà?
A sentire Recean, il Cremlino starebbe puntando a truccare le elezioni per installare a Chisinau un governo fantoccio filorusso che acconsenta all’invio di “10mila soldati” di Mosca in Transnistria. L’obiettivo della Federazione, dice, sarebbe quello di provocare una “crisi umanitaria” nell’autoproclamata repubblica secessionista e “usarla contro l’Ucraina e la Romania“.