Bruxelles – Nessuna decisione attesa, ma il Parlamento europeo torna, dopo 11 anni, a lavorare sul regolamento sui diritti dei passeggeri aerei. Un file bloccato in Consiglio, su cui l’Eurocamera attendeva un confronto dal 2014, anno in cui i deputati europei hanno definito la posizione istituzionale. Dopo il via libera degli Stati membri raggiunto la scorsa settimana, ora si può riprendere il discorso negoziale. E’ l’inizio di un percorso che si annuncia tortuoso, perché la posizione adottata dai 27 è quantomeno controversa. “Si tutelano le compagnie aeree, riducendo i rimborsi e aumentando i tempi per ottenerli“, critica Pierfrancesco Maran (Pd/S&D), alla vigilia dei lavori dell’Aula.
Secondo le regole vigenti per i passeggeri aerei esiste la possibilità di richiedere un risarcimento compreso tra i 250 e i 600 euro per ritardi pari o superiori alle 3 ore. Con le modifiche che vorrebbero introdurre gli Stati membri i passeggeri potranno venire rimborsati fino a 300 euro per ritardi superiori alle 4 ore sui voli intra-Ue e nelle tratte inferiori ai 3500 chilometri, e fino a 500 euro per ritardi di oltre 6 ore sui viaggi più lunghi. In caso di annullamento del viaggio, le compensazioni potranno essere richieste solo se la notifica della cancellazione del volo avviene a meno di 14 giorni dalla partenza, e spetta alla compagnia aerea fornire i moduli precompilati per fare domanda di rimborso.
Il dibattito previsto per il tardo pomeriggio del 17 giugno si annuncia dunque incandescente, visto un Parlamento più vicino alle istanze dei cittadini a differenza di un Consiglio più in sintonia con le esigenze delle compagnie. Un primo round, che servirà a capire come potrà finire, dopo 11 anni di attesa, la contrapposizione tra compagnie aeree da una parte e passeggeri e loro diritti dall’altra
Medio Oriente e Ungheria, nuove divisioni e nuovi scontri
Nell’Ue divisa in materia di trasporti e diritti degli utenti, c’è un Parlamento che procede in ordine sparso sul grande tema di attualità che figura nell’agenda del Parlamento riunito in sessione plenaria: Israele. L’attacco israeliano in Iran agita e divide i diversi schieramenti. I portavoce dei rispettivi gruppi mostrano tutto lo spettro di possibile vedute, che non porta a reazioni unitarie. I popolari (Ppe) hanno chiesto di poter tenere un dibattito tutto nuovo sull’accaduto, i socialisti (S&D) si dichiarano “preoccupati” per il rischio di una possibile escalation in tutta la regione del Medio Oriente e anche oltre, esortando tutte le parti da astenersi azioni che possano peggiorare la situazione e chiedendo “la sospensione delle relazioni commerciali” tra Unione europea e Stato ebraico. Richieste analoghe quelle dei liberali (Re), che sostengono gli sforzi dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, “rivedere l’accordo di associazione Ue-Israele“.
Il gruppo de la Sinistra accusa Israele di “genocidio” a Gaza e chiede linea dura con “embargo sulle armi, sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele, e di dare seguito al mandato di arresto per Netanyahu“. Sono i gruppi della destra euro-scettica e sovranista a venire incontro a Israele: “L’Iran sta minacciando Israele e qui c’è una questione di sopravvivenza. Israele ha il diritto di difendersi“, la posizione dei Patrioti (PfE), mentre dalle fila dei Conservatori (Ecr) giunge la richiesta di non mettere insieme e sullo stesso piano la situazione di Gaza con l’Iran.
Infine sarà l’Ungheria di Viktor Orban a tenere banco, con almeno due discussioni: la relazione sullo stato di diritto della Commissione europea (17 giugno, attorno alle 13:30) e il dibattito sulla libertà di associazione e riunione in Ungheria e necessità di intervento della Commissione (18 giugno, alle 13:00). I gruppi di destra insistono sulla necessità di non interferire con questioni di politica interna di Stati indipendenti e sovrani, mentre socialisti, liberali, Verdi, e sinistra radicale marciano compatti per fare nuove pressioni sul governo di Budapest.