Bruxelles – Nel 2024, rispetto al 2023, le fonti d’energia rinnovabile nell’Unione Europea sono cresciute del 3,4 percento, arrivando a circa 11,3 milioni di terajoule. Allo stesso tempo procede la ripida discesa del carbone, che cala del 10 percento per quanto riguarda la lignite, e del 13,8 percento per l’antracite. Dopo un grande taglio al gas naturale nel 2023, nell’anno successivo questo è l’unico ad aver avuto una piccola crescita (0,3 percento), mentre per quanto riguarda il petrolio, è stato anch’esso tagliato rispetto all’anno precedente di poco più dell’1 percento.
Il risultato finale è che nel 2024, con l’aiuto dell’energia nucleare, l’energia rinnovabile ha rappresentato il 47,3 percento della produzione elettrica totale nell’Ue, con una crescita di quasi 8 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Questi i dati riportati da Eurostat, che rappresentano sicuramente un trend positivo in direzione degli impegni dell’agenda europea.
Per quanto incoraggianti, i miglioramenti potrebbero tuttavia non essere sufficienti a permettere festeggiamenti: gli obiettivi climatici dell’Unione, sebbene illuminino la strada da prendere al resto del mondo, potrebbero essere più in ritardo di quanto non sembri.
I piani ecologici del Vecchio Continente, in un periodo segnato dalla guerra e dalla crisi economica, sono però al centro di un duro scontro politico tra chi li vuole difendere e chi ritiene che si scontrino con gli impegni industriali ed economici necessari a far fronte alle sfide attuali. Fra questi possiamo trovare il Green Deal, pensato nel 2019, che traccia un sentiero verso un’Europa ad impatto climatico zero entro il 2050 ed una riduzione del 55 per cento dei gas serro entro il 2030. L’accordo di Parigi, che vede come principale obiettivo quello di non superare l’aumento di temperature medie globali entro la fine del secolo oltre gli 1,5 gradi celsius. Ed una scia generale di effettivo impegno che parte già dal 1997 con il Protocollo di Kyoto, primo vero accordo che affronta il problema del surriscaldamento globale a livello transnazionale.
I progressi ottenuti sono quelli desiderati?
Sicuramente l’iniziativa Repower Eu, il piano con il quale si tenta di terminare la dipendenza energetica Russia-Europa, i fondi del Pnrr, ed i fondi del Next Generation Europe, i finanziamenti energetici sono rivolti al verde, ma osservando lo studio del Joint Research Center (Jrc) della Commissione Europea di febbraio 2025, è possibile osservare che nonostante i miglioramenti dal 2023 al 2024, ad oggi di 154 obiettivi del Green Deal, solo 32 sono considerati sulla buona strada. 15 obiettivi non hanno registrato alcun progresso, 64 necessitano un’accelerazione, per i restanti non vi sono dati sufficienti. Degli 87 obiettivi vincolanti, solo 13 sono in linea con quanto stabilito. Un esempio è la riduzione del consumo energetico del 11,7 percento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020, tuttavia le politiche attuali prevedono una riduzione del consumo solo di 5,8 punti percentuali.
Se è vero che alcuni degli obiettivi sono stati rispettati (ad anche superati), come ad esempio la potenza installata nel fotovoltaico, che nel 2024 ha raggiunto i circa 338 Gigawatt rispetto ai 320 auspicati per il 2025, è anche vero che l’Unione Europea dovrà effettuare maggiori sforzi a livello legislativo (intervenendo sui Paesi che non rispettano gli impegni presi) ed a livello diplomatico: gli obiettivi globali, come la limitazione dell’innalzamento delle temperature, non potranno essere raggiunti senza la collaborazione di tutti i Paesi, europei e non. Soprattutto i non. Che ancora sembrano non essere sufficientemente impegnati, rallentando di fatto l’impatto globale dei progressi e gli sforzi dell’Unione con emissioni sregolate, come la Cina, che da sola rilascia intorno al 30 percento delle emissioni globali di CO2.