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    Home » Politica » Con von der Leyen e Borrell Europa più forte nel mondo

    Con von der Leyen e Borrell Europa più forte nel mondo

    Se il pacchetto approvato dal Consiglio europeo dovesse passare l’esame del Parlamento, si tratterebbe di una buona notizia per il ruolo dell’Unione europea nel mondo

    Nathalie Tocci</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@NathalieTocci" target="_blank">@NathalieTocci</a> di Nathalie Tocci @NathalieTocci
    4 Luglio 2019
    in Politica

    Con Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea e Josep Borrell come Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea, la politica estera europea è in buone mani. Se il pacchetto approvato dal Consiglio europeo dovesse passare l’esame del Parlamento, si tratterebbe di una buona notizia per il ruolo dell’Unione europea nel mondo.

    Buone notizie dalla fumata nera di Osaka
    Ammettiamolo: sulla politica estera, l’accordo di Osaka raggiunto a margine del G20 presentava luci e ombre. Nella parte illuminata, sarebbe stata una grande notizia per tutta l’Unione europea avere Frans Timmermans designato come presidente della Commissione. Convinto europeista, eccellente vicepresidente della Commissione che ha lottato con le unghie e con i denti contro l’erosione della democrazia in Polonia e Ungheria, ed eminente candidato alle scorse elezioni del Parlamento europeo come Spitzenkandidat socialista, Timmermans sarebbe stato un ottimo presidente di Commissione. Tuttavia, nell’ambito della politica estera comune, la scelta di Mariya Gabriel come Alto rappresentante risultava incomprensibile a molti. La Gabriel sarà anche stata un ottimo commissario europeo per il digitale negli ultimi due anni, ma di certo non è conosciuta per interesse o esperienza in politica estera.

    Il fatto che l’accordo di Osaka non abbia avuto successo è una vergogna da più punti di vista: prima di tutto per quelli che hanno creduto nel processo degli Spitzenkandidaten per la designazione del presidente di Commissione. Pur essendo una fervente europeista, lo Spitzenkandidaten così come attualmente configurato non mi ha mai convinta completamente. Nonostante ciò, è prematuro sancire adesso la fine di quel percorso intrapreso nel 2014 che, all’epoca, aveva complessivamente prodotto un buon pacchetto politico-istituzionale. Se non altro, un processo di riforma e innovazione attraverso liste transnazionali e meccanismi più ambiziosi nel processo di selezione dei candidati stimolerebbero un’autentica democratizzazione dello spazio pubblico europeo.

    Una Lady Pesco al Berlaymont
    L’accordo emerso martedì in Consiglio europeo, risvolto positivo della débâcle di lunedì, riguarda il ruolo dell’Unione europea nel mondo. Tanto per cominciare, Ursula von der Leyen sarebbe la prima donna nella storia a guidare la Commissione, con una forte attitudine e competenza in politica estera. Dal 2013 ad oggi, come ministro della Difesa in Germania, von der Leyen è stata un motore importante della politica di difesa europea e al cuore delle relazioni transatlantiche in anni tumultuosi e cruciali.

    Ursula von der Leyen ha supervisionato il graduale ma stabile capovolgimento della politica di difesa tedesca, caratterizzata da un lento ma costante incremento dell’importanza della Germania nel mondo. Dalla sua leadership sul libro bianco sulla difesa del 2016 ed il successivo incremento della spesa per la difesa al saldo impegno nel quadro della Nato e per il rafforzamento dei rapporti dell’Alleanza Atlantica con l’Ue, fino al convinto supporto per una politica condivisa di sicurezza e difesa al livello comunitario (che si è tradotta nella Pesco, la Cooperazione strutturata permanente e nel Fondo europeo di difesa, tra le altre iniziative): tutte credenziali rendono l’esperienza in politica estera della von der Leyen tanto forte quanto il suo essere profondamente europeista.

    Sotto la sua guida, la trasformazione del ruolo della Commissione europea nel campo della difesa, già in atto con Jean-Claude Juncker e Federica Mogherini, è destinata a subire una decisa accelerazione. Questo è un nodo cruciale tanto per la politica estera europea quanto per il progetto europeo nel suo insieme.

    Un Alto rappresentante di esperienza
    Anche il nome di Josep Borrell come prossimo Alto rappresentante è una buona notizia. A differenza degli altri profili che sono stati presentati negli scorsi giorni, Borrell ha un’esperienza consolidata in politica estera, coprendo dal 2018 la carica di ministro degli Esteri nel governo del socialista Pedro Sánchez in Spagna. Forse, più delle sue competenze nell’ambito della politica estera, a contare sono quelle in ambito europeo, messe in evidenza sia durante la sua carriera come presidente del Parlamento tra il 2004 e il 2007 così come nelle varie cariche di governo ricoperte in Spagna.

    Nato nel 1947, Borrell non è un principiante e potrebbe essere meno incline al costante viaggiare dell’attuale Alto rappresentante. Questo, tuttavia, non è necessariamente un fattore negativo. Dopo cinque anni di un Alto rappresentante che ha considerato la visibilità dell’Unione una priorità espressa attraverso il suo continuo itinerare per il mondo, un successore che si concentri sulla dimensione istituzionale della politica estera europea e selezioni alcuni dossier su cui focalizzare l’attenzione, potrebbe essere ciò di cui c’è bisogno.

    In uno di questi dossier, quello sul conflitto Serbia/Kosovo, inevitabilmente sul tavolo di qualsiasi Alto rappresentante, Borrell dovrà adottare un’attenta ed equilibrata strategia. Catalano, ma convintamente anti-secessionista, non sarà semplice per Borrell prendere posizione sulla questione Kosovo a livello europeo. Proprio per ragioni legate alla questione catalana, infatti, la Spagna non ha ancora riconosciuto l’indipendenza di Pristina, proclamata undici anni fa. In ogni caso, la sua esperienza e le sue indiscusse competenze europee lo aiuteranno sicuramente a trovare il giusto equilibrio.
    La sfida sarà quella di ricercare un bilanciamento tra le sensibilità spagnole e un lieto fine in un accordo Serbia-Kosovo durante il suo mandato, nel caso venisse confermato come Alto rappresentante.

    Oltre la questione balcanica e quella della difesa europea, dall’accordo sul nucleare iraniano alla gestione di una difficile relazione transatlantica, fino alle profonde fragilità e ai conflitti nel vicinato, l’aggressività consolidata della Russia e l’assertività crescente della Cina, sono molte le sfide di politica estera che l’Unione dovrà affrontare negli anni a venire.

    Nel complesso, l’accordo raggiunto martedì scorso dal Consiglio europeo ci può far dire che tutti coloro i quali credono in un ruolo forte dell’Ue nel mondo possono tirare un sospiro di sollievo.

    Leggi l’intervento di Nathalie Tocci  sul sito Affarinternazionali.

    Tags: Istituto affari internazionalinominepolitica esteraunione europea

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