Bruxelles – Di fronte ad una inquietante tendenza – in Ue e nel resto del mondo – a rimettere in discussione alcune delle conquiste della lotta per i diritti delle donne, la Commissione europea ribadisce il proprio impegno a “realizzare pienamente una società paritaria in Europa”. Alla vigilia dell’8 marzo, la giornata internazionale dei diritti delle donne, la responsabile dell’esecutivo Ue per l’Uguaglianza, Hadja Lahbib, ha presentato una nuova Tabella di marcia per promuovere l’agenda per la parità di genere.
Stando ai numeri disponibili a livello europeo, anche nel 2025 “una donna su tre nell’Ue subirà violenza fisica o sessuale”, ha ricordato Lahbib. Ma il problema è ancora più vasto: in diverse zone del mondo, e in un certo grado anche in alcuni Paesi membri, stiamo assistendo ad “un ridimensionamento dei diritti sessuali e riproduttivi e all’attacco alle politiche di diversità e inclusione”, ha ammesso la commissaria europea.

Ed è un dato in controtendenza rispetto ai progressi fatti negli ultimi cinque anni a livello Ue, attraverso l’attuazione della strategia per la parità di genere 2020-2025: nuove norme sulla trasparenza retributiva, sull’equilibrio tra vita professionale e vita privata per pari responsabilità di assistenza, sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società. E sul fenomeno più odioso di tutti, la violenza contro le donne, contro cui l’Ue si è impegnata ratificando la convenzione di Istanbul e adottando la prima direttiva in assoluto sulla lotta alla violenza contro le donne.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, negli orientamenti politici del suo secondo mandato si è impegnata a redigere una nuova strategia per la parità di genere. La stessa von der Leyen voleva dare un segnale forte già nella composizione del proprio collegio di commissari, chiedendo ai Paesi membri di proporre due candidati, un uomo e una donna, in modo da poter assicurare un equilibrio di genere nell’esecutivo Ue. Le capitali non l’hanno ascoltata, e in effetti un collegio composto da 16 uomini e 11 donne non è proprio il migliore biglietto da visita. Ma – rimanendo nella sfera politica – è comunque lievemente di più della media delle presenze femminili nei parlamenti degli Stati membri, che secondo Eurostat occupano esattamente un terzo del totale dei seggi.
“Le società in cui donne e uomini sono trattati allo stesso modo sono migliori, più eque e più efficaci. Quindi attingiamo al vasto serbatoio di talenti e competenze di tutti, uomini e donne”, ha affermato la leader Ue salutando la nuova tabella di marcia. Che dovrà accelerare la riduzione dei gap occupazionale e salariale tra uomini e donne, combattere norme discriminatorie e stereotipi, risolvere l’equazione per cui le donne sono ancora sovrarappresentate nelle posizioni meno retribuite e sottorappresentate nei ruoli decisionali.
Gli ambiziosi obiettivi indicati da Lahbib andranno a nutrire la strategia per il prossimo quinquennio. Dall’assenza di violenza di genere, da raggiungere attraverso la prevenzione e una legislazione che definisca finalmente lo stupro basandosi sulla mancanza di consenso, al raggiungimento dei “più elevati standard di salute”, che significa garantire l’accesso delle donne alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi, oltre che promuovere la ricerca medica, le sperimentazioni cliniche, le diagnosi e i trattamenti sensibili alla dimensione di genere.
La liberale belga ha evidenziato la necessità di promuovere l’alfabetizzazione finanziaria tra donne e ragazze, come strumento di emancipazione economica, e l’equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra donne e uomini. L’Ue cercherà di “incoraggiare” ragazze e donne a intraprendere carriere nei settori Stem (scienze, tecnologie, ingegneria e matematica), favorendo al contempo l’impegno di ragazzi e uomini nei settori dell’istruzione, della salute e del welfare. In effetti, il gender gap nei laureati nelle discipline scientifiche è presente in tutta Europa: le donne sono circa il 39 per cento dei laureati Stem in Italia, ma solo il 26 per cento in Germania. Secondo l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, colmando il divario negli impieghi Stem l’Ue potrebbe aumentare il Pil pro-capite fino al 3 per cento.
La tabella di marcia prevede poi di affrontare il divario di rappresentanza a tutti i livelli della vita pubblica e politica, e di garantire meccanismi istituzionali che garantiscano i diritti delle donne e finanziamenti sostenibili per le politiche di uguaglianza di genere e le organizzazioni per i diritti delle donne.
Domani, centinaia di migliaia di donne e uomini in tutta Europa scenderanno come ogni anno nelle piazze per manifestare per l’uguaglianza di genere. Se alcuni non possono più fidarsi dei loro governi, il segnale lanciato dalla commissaria Lahbib è positivo: la Commissione non abbandonerà il suo impegno per i diritti delle donne.










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