Il futuro dell’Europa (e forse dell’Occidente) è nelle mani di tre leader: Angela Merkel, nata e cresciuta nella Germania dell’Est, al tempo in cui il paese ero sotto il dominio dell’Unione Sovietica, e che sembra conosca benissimo il russo, lingua che usa nei colloqui con Putin; Matteo Renzi, che in pochi mesi è asceso da Palazzo Vecchio a Firenze a Palazzo Chigi a Roma; e David Cameron, che ha fatto i migliori studi nella scuola d’élite inglese, Eton. La Francia, con un presidente come Hollande – ai minimi storici di popolarità e inguaiato ora dalla sua ex compagna Valérie Trierweiler, il cui libro Merci pour ce moment, uscito il 4 settembre, sta causando un maremoto nei media francesi –, non potrà esercitare nei prossimi anni la solita influenza.
La decisione più importante che i tre dovranno prendere è decidere se la Russia sia un interlocutore credibile – la linea portata avanti all’inizio del nuovo millennio dall’ex primo ministro italiano Silvio Berlusconi, che si era conclusa con l’accordo di Pratica di Mare nel 2002, che mise fine a mezzo secolo di guerra fredda –, o se sia almeno un partner commerciale affidabile, oppure se sia il nostro nemico. In questo momento storico la partita, decisiva per tutto l’Occidente, non si giocherà solo a Washington. Roma, Londra e Berlino avranno un ruolo decisivo.
Nonostante la paralisi economica, che ha colpito l’Italia più duramente di ogni altro grande paese occidentale, con un calo del reddito nazionale di circa 10 punti dall’inizio della crisi nel 2007, Roma ha molto da dire su questa questione, anche perché Renzi ha messo a segno un colpo formidabile il 30 agosto, portando a casa con la nomina di Federica Mogherini a Alto rappresentante per la politica estera europea uno dei due posti più importanti in palio, forse il più importante, perché la politica estera e più in generale la geopolitica, al contrario di quello che è successo negli ultimi cinque anni, sarà da ora in poi al centro del dibattito a Bruxelles.
Anche Londra, capitale che come Roma ha avuto un passato imperiale, avrà il suo peso. Berlino in passato non ha mai avuto un ruolo comparabile a quello di Roma e Londra, anche se oggidì la Germania sembra avere, per il suo ruolo di economia trascinante in Europa, una certa funzione di leadership.
Non è vero quello che sostengono molti osservatori, anche molto autorevoli, ossia che la Germania non è stata finora all’altezza del suo compito. Questo è vero nelle questioni economiche, dove il pensiero economico tedesco ha causato sinora gravissimi problemi a paesi come l’Italia; ma la stessa cosa non si può dire per la politica estera, dove sinora Angela Merkel ha avuto un buon fiuto politico. Basterebbe ricordare quello che è successo nell’agosto del 2013, quando la Merkel non si inchinò, al contrario del nostro primo ministro di allora, alla posizione americana che voleva entrare nella guerra civile siriana e si rifiutò di schierarsi contro il primo ministro siriano Bashar al-Assad, che ora alcuni ambienti americani vedono non più come nemico ma bensì come alleato nella lotta contro il “Califfato islamico” appena proclamato tra Siria e Iraq; la cancelliera tedesca, infatti, si allineò con la Russia, la Cina, l’India e il Brasile, tutti contrari all’intervento militare.
Una delle decisioni cruciali che dovrà essere presa nei prossimi anni è: quale deve essere il ruolo della NATO? Ci sono notevoli differenze nei 28 paesi membri tra i falchi che pensano il suo ruolo debba essere quello di difendere l’Europa da una possibile aggressione russa e coloro che pensano che questa minaccia sia sopravvalutata. Quale dovrebbe essere la presenza delle truppe NATO nell’Europa dell’Est? Ricordiamo una cosa abbastanza ovvia: non essendo l’Ucraina parte della NATO non c’è nessun obbligo di difenderla. Non sarebbe lo stesso se ci fossero problemi ai confini di paesi coma la Polonia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia. La Polonia preme per stazionare più truppe sul suo territorio su base permanente, ma sinora la NATO non l’ha seguita poiché questo avrebbe infranto l’esistente patto tra NATO e Russia. Pensiamo che sia giusto per l’Europa insistere sul rispetto dei patti. Anche Obama, se vuole restituire credibilità alla politica estera americana, danneggiata in modo grave (anche se non irreversibile) dalla dissennata invasione dell’Iraq da parte di Bush II, dovrebbe fare la stessa cosa.
Bene ha fatto il nostro primo ministro Matteo Renzi a resistere alle pressioni per un aumento della spesa militare italiana dall’1.2% attuale al 2%, come avrebbe voluto Obama. Solo pochi paesi si sono piegati; tra i più grandi solo la Polonia. Ad oggi solo gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Grecia e l’Estonia spendono più del 2%. La Germania spende l’1.3% e il civilissimo Canada solo l’1%.