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    Home » Cronaca » Ecco cosa prevede il piano Ue per l’immigrazione

    Ecco cosa prevede il piano Ue per l’immigrazione

    Redistribuzione dei rifugiati tra gli Stati in base a un meccanismo che tiene conto di popolazione, Pil, richiedenti Asilo già accolti e livello di disoccupazione, ventimila reinsediamenti direttamente da Paesi terzi, più fondi a Triton e funzionari Ue in Italia per verificare gli ingressi

    Letizia Pascale</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LetiziaPascale" target="_blank">@LetiziaPascale</a> di Letizia Pascale @LetiziaPascale
    13 Maggio 2015
    in Cronaca

    Bruxelles – Prelevare i rifugiati dai Paesi più sotto pressione come Italia, Grecia e Malta e redistribuirli equamente tra i Paesi dell’Unione europea. Al cuore dell’agenda della Commissione europea sull’immigrazione c’è una proposta che, solo ipotizzata, ha già fatto arrabbiare tanti. L’idea è quella di attivare, per la prima volta nella storia dell’Ue, il sistema di emergenza previsto dall’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea per aiutare i Paesi che devono “affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi” e mettere in atto un meccanismo per redistribuirli tra i diversi Stati.

    Ancora di numeri non se ne fanno: la Commissione europea ha fatto sapere che su questo presenterà una proposta dettagliata entro la fine del mese. Quello che è dato sapere, per il momento, è che sicuramente per individuare i Paesi “in emergenza” saranno presi in considerazione il numero di migranti in arrivo in un dato lasso di tempo: insomma, anche se non è scritto nero su bianco, sicuramente, confermano da Bruxelles, almeno Italia, Malta e Grecia, rientreranno tra i Paesi da cui “spostare” i migranti. E questi Paesi, chiarisce il piano, “non dovranno contribuire essi stessi” come Paesi ospitanti. Sulla redistribuzione tra i Paesi, invece, la Commissione europea ha elaborato un meccanismo che tiene conto di quattro variabili: popolazione, Pil, rifugiati già accolti dal Paese e anche disoccupazione. Secondo questo calcolo, all’Italia spetterebbe accogliere l’11,4% dei rifugiati, meno di Germania (18,4%) e Francia (14%) e più della Spagna (9,10%). Alla Grecia ne spetterebbe appena l’1,90% e a Malta lo 0,69%.

    MOGHERINI: GIORNATA STORICA PER L’ITALIA – “Sono convinta che dalle decisioni di questa mattina l’Italia uscirà chiaramente condividendo le proprie responsabilità con tutti gli altri europei, finalmente”, ha commentato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini dopo avere presentato l’agenda. “Direi che oggi – ha aggiunto – è una giornata veramente storica per l’Italia perché finalmente un peso ed una responsabilità che finora è stata quasi unicamente italiana diventa veramente europea”.

    REINSEDIAMENTO – La Commissione non propone solo di ricollocare i migranti già in Europa ma anche di mettere in piedi un programma, finanziato con 50 milioni di euro per il 2015 e il 2016, di reinsediamento di 20 mila migranti non ancora arrivati nel territorio comunitario. Si parla, in questo caso, di trasferimento, da Paesi terzi, di persone chiaramente bisognose di protezione internazionale, che abbiano presentato domanda di asilo all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in accordo con il Paese di destinazione. L’esecutivo comunitario propone di cominciare con 20 mila persone, un numero che corrisponde, specifica il documento Ue, alla quota di reinsediamenti necessari ogni anno, secondo le Nazioni Unite, da qui al 2020. Anche in questo caso il numero di rifugiati da destinare ad ogni Paese dipende dalla stessa chiave di redistribuzione che ne porterebbe in Italia il 9,94% e cioè 1.989, contro i 3.086 della Germania, i 2.375 della Francia e i 1.549 della Spagna. Alla Grecia ne andrebbero 323 e a Malta 121.

    CHI SI TIRA FUORI? – L’idea, insomma, è quella di rilanciare una necessaria solidarietà europea che però non riguarderà tutti. Dai meccanismi possono ritenersi escluse Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, visto che la politica dell’unione in tema di immigrazione è basata sul titolo V dei Trattati su cui Londra e Dublino hanno diritto di opt-in (ovvero ne sono esclusi e possono decidere se vogliono entrare a farne parte), mentre Copenaghen ha diritto di opt-out, ovvero ha diritto di tirarsene fuori. “I trattati chiariscono che alcuni Paesi hanno la possibilità di partecipare o meno, sono loro a decidere”, ammette il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, chiarendo che la cosa al Bruxelles “può piacere o meno” ma la Commissione agisce in base ai trattati così come sono e non può fare diversamente. Il braccio destro di Juncker non risparmia comunque una strigliata alle capitali che promettono vita difficile alla proposta della Commissione, con critiche aperte già arrivate da Gran Bretagna e Ungheria. “La cosa peggiore sarebbe mantenere lo status quo e non dare seguito ai minuti di silenzio”, fatti anche nel corso dell’ultimo Consiglio europeo, fa notare il braccio destro di Juncker. Insomma se l’esecutivo Ue presenta ora proposte che sicuramente “susciteranno grandi critiche” è perché sono stati gli stessi Paesi memrbi a chiederlo. L’idea non è comunque quella di accogliere tutti, anzi: “Molti dei nostri cittadini non si fidano della nostra politica di Asilo perché non siamo riusciti a fare tornare indietro quelli che non avevano ricevuto lo status”, mentre “il rimpatrio è parte integrante di questa nostra politica”, chiarisce Timmermans.

    FUNZIONARI UE IN ITALIA A CONTROLLARE GLI INGRESSI – Ma la Commissione Ue prevede anche una sorta di “controllo” per i Paesi Ue che, come l’Italia, si trovano a ricevere il maggior numero di migranti: le agenzie Ue, recita l’agenda, “lavoreranno sul terreno con gli Stati membri in prima linea per identificare rapidamente, registrare e prendere le impronte digitali dei migranti in arrivo”. Un accorgimento per evitare che troppi irregolari “sfuggano” ai controlli italiani e siano così liberi di andare a stabilirsi in altri Paesi, come lamentano gli Stati del nord Europa. Un’idea che sembra non piacere troppo al nostro Paese: “Siamo uno Stato sovrano e siamo pronti a fare da soli”, ha già chiarito il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, secondo cui “c’è da vedere se i soggetti che vengono a fare l’identificazione fanno parte di un piano complessivo internazionale, oppure vengono per controllare noi”.

    L’OPERAZIONE MILITARE – Nel piano complessivo di Bruxelles rientra anche un’operazione militare per distruggere i barconi dei trafficanti prima che partano dalla Libia. Le prime decisioni, in attesa della risoluzione Onu che dia mandato all’operazione, potranno essere prese già lunedì nel corso del Consiglio dei ministri degli Esteri che potranno approvare, ha spiegato Mogherini, le linee guida dell’operazione e indicare il centro di comando e il comandante. Starà poi al vertice dei leader Ue di giugno “decidere di lanciare l’operazione”. L’Alto rappresentate esclude “assolutamente” che si possa trattare di un’operazione militare sul terreno: “Pianifichiamo un’operazione navale, speriamo in collaborazione con le autorità libiche, per smantellare il modello di business dei trafficanti”, ha ricordato.

    PIÙ FONDI PER TRITON – Via libera infine a più fondi per triplicare le capacità e i mezzi delle operazioni congiunte di Frontex, Triton e Poseidon, nel 2015 e nel 2016. È stato adottato oggi un bilancio rettificativo per il 2015 che assicura i fondi necessari: un totale di 89 milioni di euro, comprensivo di 57 milioni per il Fondo Asilo, migrazione e integrazione e 5 milioni per il Fondo Sicurezza interna in finanziamenti di emergenza destinati agli Stati membri in prima linea, mentre entro fine maggio sarà presentato il nuovo piano operativo Triton.

    Tags: commissione europeaFronteximmigrazioneitalia

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