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Banche Cooperative:

Banche Cooperative: "Cambiare Basilea, requisiti non siano uguali per grandi e piccoli"

Richiesta ai ministri del G20 una riforma dell'accordo sulle regole patrimoniali per poter sostenere territori e Pmi

Berlino – Cambiare l’accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali degli istituti finanziari, differenziando le regole da applicare a grandi e piccoli. Questa è la richiesta delle banche cooperative avanzata durante l’evento “G20 and Locally Focused Banks” di Berlino, a cui ha partecipato anche il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble.

Il falco, collega di partito della cancelliera Angela Merkel, oltre ad attaccare la politica sui bassi tassi d’interesse di Mario Draghi, è entrato nel merito del tema, affermando che nell’Eurogruppo c’è accordo sull’aiuto alle piccole banche che lavorano sul territorio. Istituti cooperativi, che hanno organizzato l’evento  perché vedono il proprio lavoro minato dall’accordo di Basilea, che imporrebbe misure più severe riguardo ai requisiti patrimoniali adottando una strategia “one-size-fits-all”, di fatto imponendo le stesse regole sia per i piccoli istituti di credito che per quelli grandi.

Di base la richiesta è quella di adattare il regolamento al livello di rischio, in quanto “le banche che lavorano sul territorio hanno generalmente un minore livello di rischio e il sistema centrale dovrebbe incentivare questo sistema creditizio”. Infatti, secondo Heinrich Haasis, presidente della Wsbi – The World Savings and Retail Banking Institute – “il legame tra i piccoli istituti creditizi e le Pmi è cruciale per lo sviluppo del territorio e per l’economia europea e mondiale.”

L’incontro è stato monopolizzato dal tema europeo, in quanto esso rappresenta un modello atipico. Nel vecchio continente, infatti, i prestiti aziendali svolgono un ruolo fondamentale e costituiscono oltre il 40% del Pil,  mentre le obbligazioni si fermano intorno al 10%. Completamente diverso il discorso per gli Stati Uniti, dove le obbligazioni societarie rappresentano il 40% del Pil.

Sostanzialmente la paura delle piccole banche che raccolgono soldi e li reinvestono sul territorio è quella di una standardizzazione dei parametri che fermerebbe l’economia reale, in quanto andrebbe ad influire sui prestiti alle piccole e medie imprese che rappresentano il core business dei piccoli istituti creditizi.

Le banche cooperative negli Stati membri dell’Unione europea hanno quasi 210 milioni di clienti e si contraddistinguono per una quota di capitale elevato e portafoglio prestiti diversificato con un core capital ratio, ossia il rapporto tra il patrimonio di vigilanza della banca e i crediti che l’istituto ha concesso ai clienti, mediamente del 13,1%, superiore dello 0,4% rispetto a quello del settore bancario tradizionale.

Secondo Gerhard Hofmann, Presidente dell’Associazione europea delle banche cooperative (EACB), “le banche regionali sostengono l’economia reale soprattutto attraverso prestiti alle piccole e medie imprese e alle famiglie, seguendo una strategia a lungo termine e assumendosi la responsabilità del proprio territorio.”

Si parla di un settore che in alcune regioni rappresenta una fetta importante del mercato. Un esempio del fenomeno sono Italia, Francia, Germania e Paesi Bassi, dove la quota di mercato delle banche cooperative nel settore del credito è tra il 25 e il 45 per cento. Negli stessi mercati piccole e medie imprese rappresentano tra il 20 e il 50 per cento del portafoglio clienti totale delle banche cooperative. Gli istituti cooperativi “offrono accesso ai clienti ai servizi finanziari e li assistono nei loro sforzi per ridurre la spesa, soprattutto in tempi di bassi tassi di interesse” ha aggiunto Hofmann.

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