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    Home » Non categorizzato » 40 anni di neoliberalismo

    40 anni di neoliberalismo

    [di Susan George e Nick Buxton] Intervista a Susan George sulle elezioni francesi.

    Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
    15 Maggio 2017
    in Non categorizzato

    di Susan George e Nick Buxton 

    Nick Buxton: Come si sente dopo la vittoria di Macron? 

    Susan George: Sollevata. Ero stufa delle elezioni e penso che tutto il paese fosse esausto per tutta la situazione. Non ho avuto paura di una vittoria della Le Pen come l’avevo in precedenza. I sondaggi erano unanimi nell’affermare che il divario era troppo grande perché l’estrema destra lo potesse colmare in un paio di settimane. Comunque questa elezione ha creato enormi divisioni particolarmente a sinistra e ha rivelato una Francia molto frammentata. Per fortuna il Fronte Nazionale ha perso, ma ha anche segnato un record di voti nel senso che li hanno raddoppiati.

    Che cosa ha spinto a un appoggio record per la Le Pen?

    I motivi sono simili a quelli che hanno spinto la Brexit, Trump ed altri eventi. Questo è ciò che si ottiene dopo 40 anni di neoliberalismo. La disuguaglianza è aumentata moltissimo, la disoccupazione è bloccata al 10% e le persone si sentono escluse e sono legittimamente preoccupate che i loro figli staranno peggio di come stanno loro.

    I voti della Le Pen sono arrivati dalle regioni non più industrializzate del nord, dalle zone rurali che si sentono escluse dagli interessi  della Francia e dalle persone che hanno redditi bassi e in calo e scarsa istruzione.

    Ed è vero che questi gruppi sono stati molto trascurati da tutti i governi negli scorsi 30 anni. In termini di aree rurali, per esempio, le politiche francesi ed europee hanno favorito la Federazione nazionale dei sindacati degli operatori agricoli che rappresentano i grossi agricoltori ricchi che ricevono quasi tutti i sussidi in base alla Politica agricola comune dell’UE, mentre i piccolo agricoltori ricevono poco o nulla.

    È un’ironia che i grossi problemi in queste zone dimenticate del paese prendano di mira gli immigrati e i terroristi che a malapena si trovano in queste comunità, men che meno le minacciano, ma talvolta queste risposte sempliciste sono più facili di un’analisi di che cosa accade davvero nella società, che è stato un enorme trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi o dalle zone rurali a quelle urbane.

    Che cosa ha pensato dell’ascesa di Mélenchon che sulla stampa internazionale è stato considerato come un sviluppo a sorpresa nell’elezione ma che alle fine non è riuscito ad arrivare al secondo turno?

    Ebbene, dall’esterno forse è stato un personaggio sconosciuto, ma all’interno della Francia è stato una figura preminente negli scorsi dieci anni. È stato membro del Partito Socialista ma se ne è andato nel 2008, stufo del conservatorismo. Ha partecipato come candidato della sinistra nell’elezione del 2012 e ha avuto un dibattito alla pari, ma è passato per un candidato accusatorio, pressante e arrabbiato. Ha imparato la lezione oppure è maturato con l’età – ha 65 anni adesso – perché questa volta ha dato l’impressione di essere affabile, intelligente ed eloquente.

    È solidamente di sinistra e ha delle idee molto buone: secondo me è uno dei pochi leader politici che ha completamente assorbito le implicazioni teoriche e pratiche di mettere in prima linea l’ambiente e la nostra necessità di una transizione verde. È stato un oratore notevole e ha affascinato le folle, specialmente quelle di giovani, negli eventi di massa dove ha parlato con eloquenza, senza appunti e con il supporto di una grande squadra tecnologica (che appariva fisicamente in una città e in 3D simultaneamente in altre cinque, per esempio) e sostenuta da una strategia sofisticata dei media sociali.

    Di conseguenza, è arrivato molto vicino nel primo turno ed è stato primo in alcune città grandi. Se fosse arrivato primo è difficile e preoccupante immaginare quale potrebbe essere stato il risultato tra lui – considerato profondamente pericoloso dalle forze del mercato, regolarmente descritto come di sinistra dura o di estrema sinistra – e un candidato realmente di estrema destra.

    I voti francesi e olandesi contro l’estrema destra segnalano il picco del populismo a destra o a sinistra?

    Non vedo perché ora pensano di dover chiamare “populismo” un desiderio perfettamente sensato di cambiamento provato da milioni di persone. Ma se la disuguaglianza viene lasciata intatta e se i partiti centristi e quelli cosiddetti “socialisti” continuano ad accettare le politiche neoliberali, allora no, il “populismo” non è arrivato all’apice e continuerà a sinistra. Quindi presumo probabilmente anche a destra dove le persone vedono la soluzione ai loro problemi in termini completamente diversi: rifiuto dell’“altro”, purezza razziale, ritorno a un passato mitico e così via.

    L’ex presidente François Hollande è il vero colpevole nella nostra situazione attuale. Ha vinto come candidato del partito “Socialista”, ma lo ha spinto così tanto a destra che ora è irriconoscibile. Era sceso letteralmente al 4% di indice di gradimento quando ha deciso di non candidarsi di nuovo! Ha però trascorso cinque anni a costruire un viale da far percorrere all’estrema destra, infrangendo tutte le promesse, dando enormi quantità di denaro ai sindacati dei datori di lavoro e non facendo nulla per regolamentare le banche o la finanza. Alla fine del suo mandato ha cercato di far approvare una legge contraria ai lavoratori e al sindacato, provocando enormi manifestazioni nelle strade. Di solito non odio i politici, ma Hollande ha una responsabilità storica di aver fatto quello che ha potuto per distruggere il nostro modello sociale e rendere la Francia una copia sbiadita degli Stati Uniti.

    Non è quindi del tutto sorprendente che le persone di sinistra che guardavano a Macron e alla Le Pen abbiano preferito astenersi o votare scheda bianca in numero da record anche quando sembrava che si potesse rischiare una vittoria dell’estrema destra. Non è stata la mia scelta, ho votato per Macron, ma posso capire anche se non simpatizzare per quella decisione.

    Che cosa possiamo aspettarci da Macron?

    Sembra che abbia optato per un approccio nuovo riguardo al personale e al parlare con tutte le parti della società civile, ma mentre parliamo ci è stato rivelato pochissimo, tranne che governerà per decreto, se necessario, per esempio circa i problemi relativi ai lavoratori. Macron dice di comprendere la disperazione di molta gente, ma il contesto della sua classe sociale potrebbe rendere questo difficile. Macron è il prodotto della borghesia di Amiens, nella Francia settentrionale, di un liceo di gesuiti e della elitaria Scuola Nazionale di Amministrazione che lo ha portato a lavorare per Hollande sia come consigliere che poi come ministro dell’economia, ma anche nella banca dei Rothschild. Però è anche giovane e sufficientemente sveglio da sapere che abbiamo bisogno di un nuovo approccio e non di un prodotto del partito. I mercati finanziari certamente sembrano lietissimi della sua elezione, ma se Macron non darà alla gente il senso di un accordo più giusto, fra cinque anni ci aspetta un duro risveglio e una lotta peggiore con il Fronte Nazionale.

    Quali dovrebbero essere i prossimi passi per le forze progressiste/di sinistra?

    Nell’immediato, assicurarsi di avere candidati forti per le elezioni legislative di giugno e unire le nostre forze. Se Mélenchon potesse arrivare a un accordo con Benoît Hamon del Partito Socialista e i suoi seguaci, e i Verdi (ha già rifiutato di allearsi con i Comunisti), i progressisti potrebbero vincere molti seggi. Temo, però, che sia improbabile. La sinistra è estremamente capace di mostrare quello che Freud definiva “il narcisismo delle piccole differenze”, col risultato di strappare la sconfitta dalle grinfie della vittoria. Spero di poter essere più ottimista alla fine del mese prossimo!

    Susan George è una studiosa di politica e società americana e francese, è attivista e scrive su argomenti di giustizia sociale globale, di povertà nel terzo mondo, di sottosviluppo e debito. È socia e presidente del Transnational Institute ad Amsterdam.

    Pubblicato su Znet il 13 maggior 2017. Traduzione di Maria Chiara Starace per Znet Italy. 

    Tags: franciaMacrononeuro

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