Roma – Più di un italiano su tre, il 36%, voterebbe per l’uscita dall’euro in un ipotetico referendum, e se la domanda fosse sulla permanenza nell’Ue, il 31% direbbe addio ai 26 partner rimasti dopo la Brexit. È ancora una maggioranza quella che vuole restare nell’Unione europea (61%) e nell’Eurozona (55%), ma cresce lo scetticismo nel percorso di integrazione. A illustrare questa fotografia è il rapporto sugli italiani e la politica estera realizzato dal Laboratorio Analisi Politiche e Sociali dell’Università di Siena insieme con l’Istituto affari internazionali (Iai), presentato ieri a Torino e oggi a Roma, presso la Camera dei deputati.
Interessante l’opinione degli italiani sul rapporto che il governo dovrebbe tenere nei confronti dell’Ue. Il 42% del campione – formato da 1.001 individui estratti da un panel rappresentativo della popolazione adulta con accesso a internet – vorrebbe una linea di maggiore autonomia nelle scelte. Il 26% pensa che servirebbe un’alleanza con i Paesi Ue del Mediterraneo per contrastare l’influenza tedesca, mentre il 15% vorrebbe invece una collaborazione più stretta proprio con la Germania. Il 17% ritiene che per tutelare i propri interessi l’Italia dovrebbe uscire dall’Ue.
L’insofferenza verso le regole di bilancio europee e le politiche di austerità è elevata. Ben oltre la metà degli italiani (57%) pensa che il controllo sul debito pubblico non sia una priorità, e il 71% di chi la pensa così sarebbe disposto a rompere con l’Ue su questo. Il 43% del campione è disposto invece a nuovi sforzi pur di ridurre il debito, ma senza tagli alle prestazioni sociali, altrimenti il 77% di questi ‘volenterosi’ ritirerebbe la propria disponibilità al sacrificio.
A riscuotere gradimento, invece, è il progetto della difesa comune. La maggioranza relativa del campione, pari al 38%, vorrebbe ci fosse un esercito europeo oltre a quello nazionale. Il 30% vorrebbe un esercito unico dell’Ue, mentre un quarto degli intervistati ritiene che ognuno debba fare per sé. Il 62% pensa poi che i Paesi Ue dovrebbero assumere un peso maggiore nella Nato. Quando si parla però di aumentare gli impegni finanziari per la difesa fino al 2% del Pil, gli italiani sono in maggioranza contrari, al 53% se viene loro fatto notare che altri partner spendono di più, al 59% se non gli si dà questa informazione.
Rispetto alla rilevazione fatta nel 2013, cresce di poco il numero di italiani secondo i quali “l’unificazione europea è impossibile perché siamo troppo diversi”: si è passati dal 41% al 45%. Si dimezza, invece, la percentuale di chi non è d’accordo con questa frase: erano il 54% quattro anni fa, oggi sono il 27%. Probabilmente è anche effetto delle lentezze e delle difficoltà incontrate dagli Stati membri nell’avviare una politica migratoria e di asilo comune.
Proprio il tema delle migrazioni risulta la principale preoccupazione degli italiani in relazione alla politica estera, con non poche sorprese, se si pensa ai riconoscimenti ottenuti dal nostro Paese per le operazioni di soccorso e accoglienza dei migranti. Le istituzioni Ue ci tributano un omaggio per l’umanità e la responsabilità che mostriamo di fronte a chi rischia la vita in mare, ma il 38% dei nostri connazionali farebbe a meno degli attestati di stima e preferirebbe una politica di respingimenti, anche se implicassero trattamenti disumani nei confronti dei migranti. Sono meno, al di sotto del 30%, coloro i quali ritengono si debba continuare a salvare vite nel mediterraneo e prestare accoglienza. Altro dato sorprendente e il 55% di persone che ritengono ci sia un chiaro legame tra immigrazione irregolare e terrorismo. Poco importa che le evidenze indichino il contrario.
Chi esce malissimo dalla rilevazione è proprio il nostro Paese, che secondo l’82% degli italiani, valore costante dal 2013 a oggi, ha solo un ruolo marginale a livello internazionale. Gli italiani sono convinti l’influenza del Paese sia molto limitata sullo scacchiere internazionale e, in egual misura, su quello europeo.
