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Iraq e Libia: se l'Europa resta a guardare, Putin e Erdogan governano la tensione

Iraq e Libia: se l'Europa resta a guardare, Putin e Erdogan governano la tensione

Appello alla tregua da domenica. A Istanbul inaugurano il gasdotto del mar Nero Turkish Stream, progetto strategico con i due leader nei panni dei mediatori nelle crisi esplose negli ultimi giorni in Iraq e Libia.

Roma – In Libia appello per il “cessate il fuoco” da domenica 12 gennaio. A Baghdad  l’invito a Usa e Iran alla de-escalation e dare priorità alla diplomazia.  Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan s’incontrano a Istanbul per la cerimonia inaugurale del gasdotto Turkish Stream e indossano i caschetti pacifisti.  Un vertice bilaterale programmato naturalmente, che tuttavia ha assunto un carattere di stretta attualità, capitato in ore cruciali per l’area, percorsa da alte tensioni, dalla crisi Usa-Iran, alla guerra in Libia.

Nel conflitto che vede contrapposte le fazioni del primo ministro Fayez al Serraj e il generale Khalifa Haftar  i due leader  lanciano un appello per un cessate il fuoco a partire da domenica prossima , si dichiarano pronti a contribuire al “processo di Berlino” e disponibili   a proseguire i colloqui sulla crisi libica  fin dai prossimi giorni. Invito di particolare importanza, considerato che Erdogan e Putin , fino a ieri hanno sostenuto da parti contrapposte i due contendenti.

Il capo del Cremlino, reduce da una visita ieri in Siria al presidente Bashar al Assad, veste i panni del mediatore, ed è forse l’unico in grado di parlare con tutti gli attori e affrontare le ultimissime tensioni a catena che stanno mettendo a dura prova il già scarso equilibrio in tutto il medio oriente, in nord africa e in tutto il mondo arabo. Un ruolo che in questa fase delicata intende svolgere fino in fondo, anche con il recupero dei rapporti con l’Europa, dal presidente francese Emmanuel Macron alla cancelliera tedesca Angela Merkel,  che riceverà a Mosca nei prossimi giorni.

“C’è la tendenza ad aumentare le tensioni nella regione. La Turchia e la Russia vogliono il contrario”, ha dichiarato Putin dopo un’ora e mezzo di colloquio a porte chiuse con Erdogan e prima di partecipare all’inaugurazione del gasdotto. Un’alleanza rinsaldata con grande soddisfazione del leader turco: “Nel Mediterraneo orientale non ci sarà nessuno spazio, né legale né diplomatico, per progetti che mirino a escluderci. Le nostre azioni non sono mai state mirate ad aumentare la tensione nell’area”. Un riferimento alla crisi nata al largo di Nicosia tra Cipro e Turchia sulla ricerca di gas in acque che Ankara rivendica di sua competenza. Turkish Stream è un progetto strategico dove l’energia recita un ruolo strategico confermato anche da Putin. “La cooperazione tra Russia e Turchia sta andando avanti nonostante la complicata situazione globale e i tentativi di alcuni attori internazionali di impedire l’espansione della cooperazione tra i nostri Paesi”.

Messo il sigillo al gasdotto, i due leader sono tornati a discutere delle crisi internazionali con i rispettivi ministri della difesa e degli esteri con focus puntato sulle tensioni tra Usa e Iran. “Cerchiamo di far calare la tensione attraverso tutte le vie diplomatiche – ha detto Erdogan – non vogliamo che Iraq, Siria, Libano e la regione del Golfo siano teatro di guerre per procura. Nessuno ha diritto di infiammare per i propri interessi la regione, e in primo luogo l’Iraq”.

All’incontro di Istanbul guarda con molta attenzione l’Unione europea, preoccupata della nuova offensiva del generale Khalifa Haftar contro Tripoli e il governo di accordo nazionale guidato da Fayez al Serraj. Ieri l’incontro tra l’alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell e i ministri degli esteri di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna, ha prodotto solo il risultato di un nuovo appello per la cessazione delle ostilità e alla ricerca di una soluzione diplomatica, in verità al momento assai lontana.

Erdogan ha annunciato di aver già inviato un contingente (per ora ridotto a poche decine di militari con ruoli di addestramento) a sostegno del governo Al Serraj, mentre non è un mistero che Putin appoggi il generale della Cirenaica che pochi gironi fa ha sferrato un nuovo attacco verso Tripoli, con le sue truppe che ieri sono avanzate fino a Misurata.

Ecco che la crisi libica arrivata al culmine in questi giorni, potrebbe essere sventata da una tregua, concordata non a Bruxelles ma da due leader estranei all’UE: dalla guerra, alla pace, o qualcosa di simile, per procura. Un ruolo di influenza nell’area più calda del mediterraneo che il presidente russo e quello turco si sono ritagliati prima con l’intervento in Siria e ora in Libia.

Nonostante oggi il primo ministro del governo libico sia a Bruxelles per una serie di incontri, l’Europa rimane spettatrice in attesa della conferenza di Berlino. E ieri è stato Josep Borrell ad ammettere che la stessa missione di pattugliamento Sophia, solo formalmente è ancora operativa, non schierando nessuna nave per far rispettare l’embargo ONU delle armi alla Libia.

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