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Sassoli ammonisce il Consiglio: il Bilancio UE non lo fanno gli stati membri ma il Parlamento
David Sassoli oggi in conferenza stampa dopo aver incontrato i leader del Consiglio europeo

Sassoli ammonisce il Consiglio: il Bilancio UE non lo fanno gli stati membri ma il Parlamento

Sono gli eurodeputati a dover rendere conto ai cittadini che li hanno eletti dei tagli "alla Pac o ai fondi di coesione" previsti dalla proposta Michel. E invita i governi nazionali a ragionare più "politicamente e non solo da ministri delle finanze"

Bruxelles – È un Parlamento diverso quello che dovrà votare la proposta di bilancio pluriennale che uscirà dal vertice dei capi di governo e di stato che ha preso il via oggi a Bruxelles. Lo assicura il presidente David Sassoli rispondendo in tono acceso in conferenza stampa a chi dubita del fatto che il Parlamento questa volta diversamente dal passato terrà una linea dura nei confronti di una proposta di bilancio definitiva più volte “troppo poco ambiziosa” per finanziare il futuro dell’Unione europea. È un Parlamento  diverso, ripete Sassoli dopo aver incontrato i leader dei 27, che ha già dimostrato molto orgoglio e che non intende rinunciare alle proprie prerogative di poter bocciare la proposta formulata dal Consiglio europeo. Se ritenuta insufficiente.

Per il presidente del Parlamento Ue, stavolta, è l’intera legislatura ad essere diversa. Rispetto al passato su molte questioni fondamentali, gli eurodeputati sono schierati in una maggioranza compatta. Come quella intenzionata a dire un secco ‘no’ ai tagli della proposta del Consiglio: “Abbiamo capito che dobbiamo costruire una nostra posizione” dice Sassoli. Per cui si dice pronto a respingere qualsiasi accordo sul quadro finanziario pluriennale che non garantisca le risorse necessarie per affrontare le sfide future.

E qui ricorda il ruolo dell’Eurocamera come unico organo direttamente eletto dai cittadini europei: “Gli eurodeputati devono rendere conto ai cittadini del bilancio che verrà approvato, dovranno spiegargli perché si taglia la Pac o i fondi destinati alla coesione, o perché non si finanziano i programmi”. Per questo, riconferma che il Parlamento è disponibile al dialogo con il Consiglio, ma che la posizione iniziale che uscirà fuori dal vertice dovrà essere più alta di quel 1,074 per cento del Reddito nazionale lordo messo sul piatto dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “I governi devono ragionare più politicamente e non solo da ministri delle finanze”, rimbecca Sassoli in tono visibilmente accesso. La discussione con il Consiglio dovrà essere politica.

E proprio ai governi nazionali degli Stati membri si rivolge chiedendo di sfatare un mito che riguarda il bilancio europeo. Il trasferimento dei soldi dai bilanci nazionali degli stati membri al bilancio europeo non è una difficoltà per i bilanci nazionali. “Non è così, rincara Sassoli, quel trasferimento di soldi si moltiplica in capacità destinate ai paesi nazionali”. E il Parlamento è intenzionato ad aumentare quelle capacità, non diminuirle. Questo messaggio deve essere trasmesso all’opinione pubblica dei paesi membri, secondo cui trasferire risorse all’Unione europea significhi solo perdere fondi nazionali. Gli Stati membri dell’Unione europea dovrebbero pensare che i trasferimenti al bilancio dell’Unione europea sono una assicurazione per la vita dei loro paesi, dice Sassoli. “Un bilancio che non ha risorse adeguate non è un bilancio utile alla vita dei cittadini, delle imprese e dei nostri territori”. E insiste ancora sull’apertura a negoziare con il Consiglio per una proposta diversa. Ma c’è una soglia minima per poter trattare con il Parlamento Ue, e quella attuale non è accettabile.