Bruxelles – La Banca centrale europea si è spinta oltre. Con il Quantitative Easing, il maxi-programma di acquisto di titoli pubblici, sono state “superate” le competenze dell’Unione europea, è venuto meno il principio di proporzionalità e adesso o si dimostra per bene come il programma in realtà sia coordinato con la politica monetaria comune, oppure la Germania si vedrà costretta ad abbandonare il programma. Questo il verdetto dei giudici della Corte suprema tedesca sul programma varato ai tempi in cui la BCE era guidata da Mario Draghi e che l’attuale presidente, Christine Lagarde, ha confermato per far fronte all’emergenza del Coronavirus.
Non si contesta la legittimità del programma in sé, che risulta invece giustificato nella misura in cui “non è accertabile” che il programma di acquisto di titoli pubblici sia contrario ai precetti costituzionali o alla responsabilità di bilancio, anche perché “non prevede una condivisione dei rischi” che sarebbe invece inammissibile dalle norme federali della Germania. Si contestano le modalità di un’operazione che appare condotta in maniera troppo libera.
Le violazioni delle regole comuni
Nella sentenza della Corte suprema tedesca si specifica che un programma per l’acquisto di titoli di stato (PSPP) come quelle lanciato dalla BCE, che ha “significativi effetti” di politica economica, richiede che gli obiettivi di politica monetaria del programma e gli effetti di politica economica “siano identificati, ponderati ed equilibrati l’uno rispetto all’altro”. Invece perseguendo incondizionatamente l’obiettivo di tassi di inflazione inferiori, ma prossimi al 2% , ignorando i suoi effetti di politica economica, “la BCE ignora manifestamente il principio di proporzionalità”.
Si contesta in particolare l’articolo 5 del Trattato sull’unione europea, che stabilisce (comma 1) “l’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità” e che (comma 4) “in virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”. Secondo i giudici tedeschi, con il programma di acquisto di titoli pubblici la BCE “non riesce a condurre il necessario bilanciamento dell’obiettivo di politica monetaria rispetto agli effetti di politica economica derivanti dal programma”. Queste azioni producono la violazione dei trattati e “di conseguenza, eccedono il mandato di politica monetaria della BCE”.
Le responsabilità di Merkel
I giudici di Karlsruhe bocciano anche l’operato del governo federale e della sua cancelliera, Angela Merkel, rei di non aver controllato né di essere intervenuti. Una critica mossa anche al Parlamento. “Il governo federale e il Bundestag hanno il dovere di continuare a monitorare le decisioni dell’Eurosistema sugli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del PSPP e utilizzare i mezzi a loro disposizione per garantire che il sistema europea delle banche centrali rimanga nel suo mandato”.
Tre mesi di tempo
Vanno rimosse tutte le incertezze legate al programma. La Corte costituzionale tedesca concede “un periodo transitorio di non più di tre mesi” per consentire “il necessario” coordinamento con le politiche dell’area euro. Se questa condizione non fosse soddisfatta, alla scadenza dei tre mesi la “Bundesbank non può quindi più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE in questione”, a meno che il Consiglio direttivo della BCE non adotti una nuova decisione che dimostra in un modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non siano sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma. Un bella gatta da pelare per Lagarde.
Scontro con la Corte UE
La decisione della Corte costituzionale tedesca crea un precedente pericoloso, poiché contrasta con la sentenza pronunciata della Corte di giustizia dell’UE, che nel dicembre 2018 aveva espressamente che “Il PSPP rappresenta una misura proporzionata per mitigare i rischi relativi alle previsioni sull’evoluzione dei prezzi”. Una lettura contestata dagli alti togati tedeschi, secondo cui l’esame della Corte UE sul rispetto del principio di proporzionalità del Quantitative Easing “non è comprensibile”. Quindi si sconfessa l’alto organismo di giustizia dell’UE, le cui sentenze si eseguono in tutti gli Stati membri.
La risposta della Commissione
In merito alla sentenza della Corte costituzionale tedesca, “oggi riaffermiamo il primato del diritto dell’Unione europea e il fatto che le sentenze della Corte di giustizia UE sono vincolanti per tutte le corti nazionali”, ha commentato il capo dei portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, nel corso del briefing con la stampa. L’esecutivo comunitario, aggiunge, “ha sempre rispettato l’indipendenza della BCE e l’attuazione della sua politica monetaria, studieremo la sentenza nel dettaglio”.