Bruxelles – L’esprimersi dello slancio per una nuova democrazia europea dovrà attendere. Il Coronavirus si è abbattuto anche sull’organizzazione della Conferenza sul futuro dell’Europa, che avrebbe dovuto aprirsi con una sessione costitutiva il prossimo 9 maggio ma che invece è rimandata a data da destinarsi. La conferma arriva oggi [5 maggio] dal portavoce dell’Esecutivo comunitario, Eric Mamer, nel corso del briefing con la stampa. Per le istituzioni europee, la proposta di una Conferenza per discutere il futuro dell’UE consente l’avvio di una nuova fase costituente e rappresenta lo stimolo per una nuova stagione di riforma della democrazia europea.
Un’Europa diversa, più democratica e più vicina ai bisogni. Ma anche più verde e soprattutto più attenta ai diritti sociali e trasparente nei processi decisionali. Questo chiedono i cittadini europei, secondo il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli: un cambio di passo sostanziale dell’Unione europea. L’aspirazione di Bruxelles è quindi quella di coinvolgere attivamente i cittadini nella definizione delle priorità dell’Unione europea del futuro. “È solo insieme che possiamo costruire la nostra Unione di domani” conviene anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Per questo la Conferenza andrà a delinearsi come un processo inclusivo e partecipativo in cui i cittadini, la società civile e le parti interessate possano contribuire attraverso un dialogo aperto ai dibattiti sul futuro dell’Europa. Si è ipotizzata l’introduzione di una plenaria della conferenza (con un massimo di 135 deputati), un’agorà (ovvero uno spazio per il dibattito) dei cittadini e dei giovani, un comitato direttivo e un consiglio esecutivo di coordinamento: le “agoras” dovrebbero essere composte da un massimo di 200-300 cittadini con un minimo di tre per Stato membro.
L’intento è quello di dare più spazio (e più voce) ai cittadini europei. Da qui l’idea di istituire la Conferenza proprio nel giorno della Festa dell’Europa, che dal 1985 viene celebrata il 9 maggio, che quest’anno coincide anche con il 70esimo anniversario della dichiarazione Schuman. Quel 9 maggio 1950 segna l’inizio del processo di costruzione della comunità europea con la proposta del ministro francese degli Affari esteri di istituire una nuova organizzazione sovranazionale al fine di creare un mercato comune del carbone e dell’acciaio, che sfocerà nella sottoscrizione della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).

Secondo quanto stabilito fino ad ora, la Conferenza sul futuro dell’Europa avrà durata biennale e dopo una serie di valutazioni intermedie avrebbe dovuto concludersi entro l’estate del 2022, presumibilmente sotto la presidenza francese di turno al Consiglio europeo. Per ora, però, nessuna conferma su quando la Conferenza avrà inizio. Dubravka Suica, vicepresidente per la democrazia e la demografia, in capo ai lavori sulla Conferenza, ha ipotizzato in una intervista al Financial Times che sicuramente non prenderà il via prima di settembre, per consentire ai Paesi europei di ripristinare una condizione di normalità post-pandemia. La risposta di Bruxelles alla crisi innescata dal Covid-19 deve avere ora la priorità e “deve essere messa in primo piano”, afferma la commissaria.
Salta così probabilmente l’idea simbolica di una partenza vera e propria dei lavori sotto la presidenza di turno tedesca, che inizierà il primo luglio, per farla finire sotto quella francese.
In realtà, proprio la pandemia e le sue conseguenze all’interno dell’UE potrebbero rendere ancora più importante la definizione di una Conferenza per discutere il futuro dell’Europa. La trasformazione digitale, la lotta al ‘climate change’, il ruolo strategico di Bruxelles nello scacchiere internazionale rimarranno temi centrali, ma la risposta dell’UE alla pandemia e la necessità di maggiore rigore nella difesa dello stato di diritto potrebbero irrompere al centro della Conferenza: le insofferenze e le ulteriori divisioni insorte nel corso di questa emergenza – a causa di una iniziale risposta lenta dell’UE e di una scarsa solidarietà tra i paesi membri – potrebbero finire per modificarne l’agenda.