Bruxelles – La prima ondata di COVID ha visto il ricovero in ospedale e in terapia intensiva principalmente i più anziani, ma ha buttato fuori dal mercato del lavoro i più giovani. La fascia di popolazione europea di età compresa tra i 15 e i 24 anni è quella che ha maggiormente risentito della pandemia e del conseguente spegnimento dell’economia. Eurostat non ha dubbi: “L’occupazione dei giovani è diminuita drasticamente nel secondo trimestre del 2020″, e il motivo è da ricercare nelle dinamiche di un mercato del lavoro a tutele decrescenti.
I dati dell’ufficio di statistica europeo mostrano un calo verticale ovunque. Nell’UE, tra il primo e il secondo trimestre, si sono ritrovati disoccupati 721mila giovani. Praticamente le misure di confinamento imposte a partire da marzo in tutta Europa si sono tramutate in licenziamenti. E’ nelle principali economie della zona euro che si registrano le principali emorragie di giovani: Spagna (-160mila), Francia (-124mila), Paesi Bassi (-72mila), Italia (-51mila).
Il motivo di questa perdita di giovani sembra essere legata alla natura contrattuale, penalizzante rispetto ai colleghi più anziani. Nella nota di accompagnamento ai dati, Eurostat rileva che a fronte dell’emergenza Coronavirus molti Stati membri dell’UE hanno varato misure come il lavoro a orario ridotto o il sostegno finanziario alle imprese per smorzare l’impatto della crisi sanitaria sull’occupazione. “Ciò avrebbe potuto contribuire a limitare in una certa misura i licenziamenti di massa”. Tuttavia, “le persone che avrebbero dovuto entrare nel mondo del lavoro o essere mantenute nel mondo del lavoro attraverso il rinnovo del loro contratto a tempo determinato potrebbero essere state direttamente colpite dalla flessione delle attività economiche e dalla chiusura di aziende o enti pubblici”.
Eurostat accende la luce dei riflettori sul fenomeno dei contratti atipici e del precariato in Europa, fenomeno che riguarda le fasce di popolazioni più giovani. Risultato di tutto questo: il tasso di occupazione dei giovani è diminuito in tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione della Germania (dove invece è cresciuto di 0,7 punti percentuali). Forti cali in Slovenia, Irlanda, Spagna, Finlandia, Portogallo, Svezia ed Estonia (oltre 4 punti percentuali in meno per tutti e sette). Le diminuzioni più contenuti in termini percentuali si registrano in Croazia, Grecia e Italia (-1,3 punti percentuali per tutti e tre i Paesi).