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    Home » Opinioni » Competenze per competere. La sfida da vincere in Europa (e nei Paesi membri)

    Competenze per competere. La sfida da vincere in Europa (e nei Paesi membri)

    Secondo le linee guida della Commissione sulla predisposizione dei piani nazionali del Recovery plan, almeno il 20% delle risorse deve essere destinato a progetti di digitalizzazione e il 37% al clima: non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a un’opportunità straordinaria, sicuramente irripetibile

    Silvia Compagnucci di Silvia Compagnucci
    8 Dicembre 2020
    in Opinioni
    Foto: Commissione europea

    Foto: Commissione europea

    La transizione al digitale, l’ampia diffusione dell’intelligenza artificiale e della robotica e l’esigenza, per l’Unione europea, di essere competitiva nel contesto globale nello sviluppo delle tecnologie digitali più avanzate, impongono un radicale ripensamento delle competenze. Skill e reskill rappresentano un’esigenza ancor più urgente nel corso dell’ultimo anno in cui la pandemia ci ha costretti al distanziamento sociale e al massiccio ricorso a smart working e didattica a distanza. Quest’ultima, in particolare, ha favorito una forte accelerazione del processo di acquisizione, da parte di docenti e studenti, nonché delle famiglie, necessariamente chiamate a un particolare sforzo di assistenza quotidiana agli studenti, delle competenze digitali indispensabili a gestire una didattica prevalentemente svolta mediante l’ausilio di internet e device.

    L’Indice DESI 2020, nel capitolo relativo al Capitale Umano, mostra un Europa in cui nel 2019 la percentuale di persone che possiedono almeno competenze digitali di base ha raggiunto il 58% mentre si attesta al 33% quella degli individui con competenze digitali superiori a quelle di base. Gli specialisti ICT, invece, costituiscono il 3,9% del totale degli impiegati.

    Questi dati – snocciolati dal rapporto dell’Istituto per la Competitività (I-Com) dal titolo “The Way to digital Made in Europe. Promoting european values in the global digital arena” – anche alla luce della duplice transizione, green e digitale, perseguita dalla Commissione, pongono all’attenzione, e con prepotenza, il tema delle competenze come fattore indispensabile per la competitività dell’Unione.

    L’agenda europea per le competenze

    In un contesto che esige un vero e proprio cambio di paradigma si colloca l’adozione, il 1° luglio scorso, dell’agenda per le competenze per l’Europa.

    Si tratta di un’agenda straordinariamente interessante che, preso atto della necessità di affrontare sfide nuove per guidare la duplice transizione e garantire la ripresa dall’impatto socioeconomico della pandemia di Covid-19, persegue un triplice obiettivo: rafforzare la competitività sostenibile, garantire l’equità sociale e costruire la resilienza europea.

    Sulla scorta dell’agenda per le competenze adottata nel 2016 , quella del luglio scorso si fonda su cinque elementi portanti, declinati in dodici azioni tutte orientate a favorire l’acquisizione di conoscenze e competenze secondo una logica di inclusione e sviluppo sociale. La promozione della cooperazione attraverso un patto per le competenze che riunirà tutti i portatori di interessi, sia privati che pubblici, che mirano allo sviluppo delle competenze e riqualificazione della forza lavoro in Europa, rappresenta il primo asse portante. La definizione di una Carta, che fisserà i principi fondamentali essenziali per lo sviluppo delle competenze e la riqualificazione della forza lavoro sia all’interno delle loro organizzazioni che nei rispettivi ecosistemi o catene del valore, rappresenterà uno degli strumenti attraverso cui favorire un dialogo multi-stakeholders e intersettoriale in materia di competenze.

    Se questo è lo strumento di coordinamento e cooperazione individuato nell’agenda, fondamentale sarà migliorare l’analisi – aggiornata, semplice e accessibile – del fabbisogno di competenze (azione 2) da realizzare anche mediante l’impiego di Big Data e intelligenza artificiale.

    A ciò si aggiungono il sostegno dell’Ue agli interventi strategici nazionali in materia di sviluppo delle competenze (azione 3), l’annuncio di una proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza (azione 4), l’attuazione dell’iniziativa delle università europee e sviluppo delle competenze degli scienziati (azione 5), lo sviluppo di competenze a sostegno della transizione economica e digitale (azione 6) e forme di incentivazione alla diffusione di percorsi STEM in particolare tra le donne (azione 7). Molto rilevante, per la visione strategica che sottende, l’interesse per l’acquisizione di competenze per la vita (azione 8) che consentano l’inclusione sociale e non siano necessariamente preordinate al collocamento nel mondo del lavoro e la previsione di strumenti, come i conti individuali di apprendimento (azione 9). E poi la promozione di micro-credenziali incentrate sui risultati dell’apprendimento individuale (azione 10) e l’impiego della piattaforma Europass come strumento di sostegno dei singoli nella gestione delle proprie carriere in un mercato del lavoro in rapida evoluzione (azione 11) così da garantire l’affermazione di un modello incentrato sull’apprendimento permanente, la trasparenza e l’efficacia applicativa. L’azione 12, infine, consiste nel miglioramento del quadro che consente di sbloccare gli investimenti degli Stati membri e privati nelle competenze.

    Il modello e le azioni proposte sono finalizzati al raggiungimento di ambiziosi obiettivi al 2025, in particolare:

    – 120 milioni di adulti nell’Ue dovrebbero partecipare ogni anno all’apprendimento, pari al 50 % della popolazione adulta e a circa 540 milioni di attività di formazione per questo gruppo nell’arco di cinque anni;

    – 14 milioni di adulti scarsamente qualificati nell’Unione dovrebbero partecipare ogni anno all’apprendimento, pari al 30 % del totale della categoria e a circa 60 milioni di attività di formazione per questo gruppo nell’arco di cinque anni;

    – 2 milioni di persone in cerca di lavoro, o una su cinque, dovrebbero avere un’esperienza di apprendimento recente, pari a circa 40 milioni di attività di apprendimento per questo gruppo nell’arco di cinque anni;

    – 230 milioni di adulti, pari al 70 % della popolazione europea adulta, dovrebbero avere almeno le competenze digitali di base.

    Quel treno per il futuro chiamato Recovery Fund

    A favorire la realizzazione di tale modello, le ingenti risorse messe in campo dall’Ue con Next Generation Eu e il potenziamento di strumenti rilevantissimi come Erasmus+, InvestEU e Horizon Europe. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, in particolare, offre agli Stati membri ampie opportunità per finanziare azioni di sviluppo delle competenze, individuate come una delle priorità a breve termine per gli Stati membri. I piani nazionali per la ripresa e la resilienza che i Paesi europei stanno predisponendo per accedere ai finanziamenti nell’ambito di tale dispositivo dovrebbero rispecchiare il fatto che le competenze costituiscono una priorità per la programmazione e, dunque, riservare al tema delle skills attenzione particolare.

    Se si considera che, secondo le linee guida della Commissione sulla predisposizione dei piani nazionali, almeno il 20% delle risorse deve essere destinato a progetti di digitalizzazione e il 37% al clima, non c’è dubbio che ci troviamo di fronte a un’opportunità straordinaria, sicuramente irripetibile. Avremo la possibilità di investire ingenti risorse in formazione, uno degli ingredienti indispensabili ad assicurare la capacità dell’Unione di stare al passo con l’evoluzione tecnologica, garantirsi la tanto dibattuta “sovranità digitale” e competere in maniera efficace nel contesto globale. Un’occasione che non può essere sprecata, né in Italia né in Europa.

    Silvia Compagnucci è direttore area digitale Istituto per la Competitività, I-Com.

    Tags: commissione europeacompetenze digitaliRecovery Plan

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