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    Home » Politica » Calenda: “Assistere industria e regioni UE: in pandemia né vincitori né vinti”

    Calenda: “Assistere industria e regioni UE: in pandemia né vincitori né vinti”

    Parlamento europeo e CdR riuniti per fare il punto con esperti e imprese sulla strategia industriale dell'UE in tempi di coronavirus

    Anita Bernacchia</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@AnitaEflak" target="_blank">@AnitaEflak</a> di Anita Bernacchia @AnitaEflak
    8 Febbraio 2021
    in Politica

    Bruxelles – Assistere l’industria e le regioni d’Europa nella duplice transizione digitale e ambientale, perché nella crisi non vi siano né vincitori né vinti. E’ l’auspicio di Carlo Calenda, eurodeputato italiano del gruppo S&D e già ministro dello sviluppo economico, in apertura di un evento dedicato alla nuova strategia industriale dell’UE e alle misure di sostegno per la pandemia organizzato dal Parlamento europeo e dal Comitato delle regioni.
    “Stiamo vivendo una delle crisi peggiori dal dopoguerra, con un sistema industriale finanziariamente fragile”, afferma Calenda, autore di una relazione sulla strategia industriale, fatta propria dall’Eurocamera nel novembre scorso con 486 voti a favore. La relazione chiede alla Commissione di rivedere la strategia per la politica industriale europea approvata nel marzo 2020, quando la pandemia era ancora in fase incipiente. Quella strategia intende supportare le PMI e lo sviluppo sostenibile mediante la transizione verde e la neutralità climatica (con il Green Deal al centro), la transizione digitale (con più competenze per i lavoratori e decarbonizzazione dell’economia) e maggiore competitività dell’UE su scala mondiale.

    La proposta di Calenda intende strutturare la strategia esistente in una fase di recupero, in cui occorre preservare il mercato unico, seguita da una fase di ricostruzione e resilienza. Il fine ultimo è “rendere la duplice transizione un’opportunità per l’industria e il mercato del lavoro”, attuando misure solide da cui “l’Europa tragga il massimo vantaggio in termini di autonomia strategica, sviluppo, innovazione e inclusione dei lavoratori”.
    “Durante la crisi, abbiamo messo a disposizione più liquidità, ma abbiamo creato più debito“, avverte l’eurodeputato. “Se non diamo agli attori colpiti i mezzi finanziari necessari, avremo una deindustrializzazione. Non ce lo possiamo permettere””. L’approccio è chiaro: non basta introdurre norme rigide, il processo di trasformazione va sostenuto. Per decarbonizzare l’industria, ad esempio, la strada è dare risorse alle società, diminuire il costo del gas e introdurre “una carbon border tax per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e l’inquinamento”. La Commissione dovrà dotarsi di strumenti per valutare l’impatto e attuare misure per sostenere la transizione.

    La ripresa e le regioni

    Fa eco a Calenda Jeannette Baljeu (consigliera provinciale dell’Olanda meridionale), co-organizzatrice e relatrice del CdR per la politica industriale. Per rafforzare e proteggere l’industria europea occorre puntare su “una maggiore competitività e su una crescita intelligente e verde”, ma anche su un sostegno concreto agli ecosistemi locali e regionali. Ad esempio tramite le strategie regionali di innovazione per la specializzazione intelligente” (Smart specialization), conun approccio basato sul territorio che valorizza “i punti di forza e le differenze regionali e locali”. Tra gli esempi virtuosi, la strategia del governo del Lussemburgo. Nelle priorità elencate da Gabriel Crean, ministro dell’economia, figurano infatti neutralità climatica entro il 2050 e leadership nella rivoluzione digitale. Misure concrete: favorire un’economia digitale, la transizione digitale dell’economia circolare, le competenze digitali dei lavoratori, una data economy più integrata, una trasformazione digitale sostenibile e nuovi strumenti per la concorrenza digitale.

    Veronique Williams, segretaria generale di SME United

    Quali misure dalla Commissione?

    Progetti fattibili, se pensiamo al pacchetto relativo alla legge sui servizi digitali presentato a dicembre dalla Commissione per aggiornare le norme che regolano il settore in Europa. Per Veronique Williams, segretaria generale di SME United (Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese) il pacchetto è quello che ci voleva, specie per quanto riguarda le norme sulle piattaforme che controllano l’accesso ai dati (gatekeeper). Garantire tale accesso, anche in modalità mobile, è “determinante per alcune PMI e consente loro di andare avanti”.
    Altro strumento chiave sarà la legge sulla data governance, che incentiverà la disponibilità dei dati aumentando la fiducia negli intermediari dei dati e rafforzando i meccanismi di condivisione nell’UE. Così si svilupperanno nuovi prodotti, nuovi modelli di business e una data economy. Per agevolare l’e-commerce sarà necessaria tuttavia una connessione ultraveloce, più know-how per gli imprenditori e più standard per facilitare il flusso dati nelle catene di valore.

    Ma come evitare che ci siano vincitori e vinti? Mark Nicklas (DG mercato interno) punta su investimenti in informatica ad alte prestazioni, IA, analisi dei dati, ma anche diversificazione dell’approccio nelle varie regioni e promozione delle competenze digitali in quelle meno avanzate. Queste ultime, grazie alle iniziative di Smart specialization, possono imparare dalle più progredite, per esempio in materia di cibersicurezza ma anche di strategie di trasformazione del turismo. Basta che i progetti siano “multipaese”, come piace alla Commissione. In questo senso va anche il nuovo strumento della politica di coesione, gli investimenti per l’innovazione interregionale pensati per “connettere regioni e sostenere la catena di valore europea”, dice Peter Berkowitz (DG politiche regionali). Serve ambizione per investire in energia e ambiente, ma bisogna tener presente la dimensione sociale. Il fondo per la transizione giusta, che tiene insieme questi aspetti, contempla tanto il trasferimento di tecnologie quanto il sostegno alle comunità più colpite. Con un approccio basato sui territori, da legare a quello europeo.

    Antonio D’Amato, presidente di EPPA

    Il mondo dell’industria

    “Per il settore dell’acciaio, è cruciale rendere il Green Deal un successo, quindi è necessario raggiungere la neutralità carbonica”, dice Mario Caldonazzo, vicepresidente di Federacciai e di Eurofer (Associazione europea dell’industria siderurgica). E questo vuol dire “ridurre le emissioni del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2018, con l’obiettivo zero emissioni entro il 2050”, grazie a tre elementi: decarbonizzazione, economia circolare e difesa commerciale. Ciò vuol dire cambiare tutti i macchinari utilizzati, con dei “costi di conversione che aumenteranno del 130%” e una competitività ridotta. Ma tutto sarà mitigato grazie ai fondi della Commissione, all’adeguamento del prezzo del carbonio alle frontiere e al partenariato per l’acciaio pulito su transizione verde e digitalizzazione.

    Per Antonio D’Amato, presidente di EPPA (Alleanza europea per gli imballaggi di carta) e AD del gruppo Seda, la “decrescita felice” non è la via da seguire per affrontare la crisi. Si attendono nuovi regolamenti nel settore, ma l’industria rappresentata da EPPA è già leader degli imballaggi riciclabili, avendo già superato nel 2020 gli obiettivi previsti dalla direttiva UE sugli imballaggi per il 2030. Per d’Amato è auspicabile estendere la direttiva UE sulle plastiche monouso, incentrata soprattutto sui rifiuti dispersi in mare, a qualsiasi tipo di materiale monouso.

    Una transizione solidale?

    Lo vorrebbe Felix Mailleur, consigliere energia e ambiente della Confederazione europea dei sindacati. Le sfide sono tante. I nuovi posti di lavoro non coincideranno geograficamente con quelli persi in altri settori, né corrisponderanno per forza con le abilità dei lavoratori. Aiuti finanziari, protezione sociale e programmi di formazione, adeguando i fondi esistenti agli obiettivi del 2030: queste le soluzioni. Senza parlare dell’adeguamento degli stipendi e di una tassazione equa per ridistribuire i costi della transizione.
    E’ necessario poi “non contrapporre l’industria ‘green’ a quella ‘brown’”. Ad esempio per costruire pannelli solari serve l’acciaio, avverte Mailleur. Infine, un approccio di libero mercato non basta, è necessaria una governance inclusiva, con una marcata dimensione regionale. Il Green Deal dovrà, in sintesi, andare di pari passo con l’impegno per il pilastro europeo dei diritti sociali, che è anche tra le priorità della presidenza portoghese.

    Tags: acciaio pulitoCarlo Calendadata economyduplice transizionepolitica industriale Ueregioni europeeservizi digitalitransizione digitaleTransizione ecologicaunione europea

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