Bruxelles – Energia elettrica, fertilizzanti, acciaio, ferro e alluminio sono i primi settori a cui dovrebbe applicarsi il meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (CBAM) targato UE, una delle parti più importanti del pacchetto climatico ‘Fit for 55’ presentato a luglio dalla Commissione Europea. “Una misura climatica, non commerciale”, si ostina a definirla l’Esecutivo europeo. Ma nei fatti si traduce in una tassa sulle emissioni generate dalla produzione di beni importati in UE che per il momento riguarderà solo i settori sopra citati.
Al netto di un accordo con Parlamento e Consiglio, il meccanismo non sarà in vigore prima del 2026 e lo farà in maniera graduale. Lo scopo è quello di evitare le cosiddette rilocalizzazioni di emissioni, ovvero la tendenza delle aziende a trasferire la propria attività produttiva fuori dall’UE, in regioni con standard climatici più bassi. Dando un prezzo alla CO2 alla frontiera si cerca di “pareggiare i conti” ed evitare anche uno svantaggio economico alle proprie aziende.
Il rivoluzionario pacchetto sul clima è finito questa settimana per la prima volta in commissione per l’agricoltura (AGRI) del Parlamento europeo e diversi europarlamentari hanno espresso preoccupazione per l’inclusione di fertilizzanti nel futuro meccanismo. L’attuale crisi dei prezzi dell’energia ha avuto anche un impatto negativo sui prezzi dei fertilizzanti, dal momento che il gas viene usato in agricoltura soprattutto per la produzione di ammoniaca che è alla base della produzione della gran parte di queste sostanze attive.
Gli eurodeputati temono allo stesso modo un aumento dei prezzi dopo l’introduzione della tassa, timori che in parte sono confermati dalla stessa Commissione Europea: con l’aggiornamento dell’obiettivo climatico intermedio – da un taglio delle emissioni del 40 al 55 per cento entro il 2030 – l’Esecutivo stima un aumento dei prezzi di fertilizzanti del 3,4 per cento al 2030, che non è un aumento eccessivo. Ma il problema non è il CBAM in sé, perché il meccanismo non farà che replicare ciò che oggi fa il mercato del carbonio (il sistema ETS) ovvero dare un prezzo alle emissioni con possibile aumento dei prezzi.
La commissione parlamentare si prepara a discutere e adottare nelle prossime settimane un progetto di parere del deputato polacco Zbigniew Kuźmiuk (ECR), che aggiunge una decina di emendamenti al testo sulla proposta di regolamento della Commissione. “Un meccanismo necessario perché esistono standard diversi tra l’UE e i Paesi terzi”, ha ammesso il relatore che però individua “qualche dubbio” su tre questioni: l’impatto del meccanismo sull’aumento di prezzi – in particolare quello dei fertilizzanti -, il costo di attuazione per le piccole e medie imprese agricole, e come il nuovo meccanismo si collegherà all’attuale ETS. “E’ necessario aumentare gli obblighi della Commissione sul monitoraggio del mercato e garantire competitività delle imprese agricole”, ha detto durante il dibattito in commissione.
Il relatore chiede che Bruxelles inizi a pensare come inserire anche altri prodotti agricoli all’interno del meccanismo, dopo una valutazione dell’impatto e un periodo transitorio. Non è così semplice, frena la Commissione UE. I criteri con cui Bruxelles definisce quali settori far rientrare sotto la tassa del carbonio sono la quantità di rischio di perdite di CO2 attraverso quelle attività e una “fattibilità tecnica”: l’inclusione “dell’agricoltura in toto potrebbe essere problematica”, ha chiarito un rappresentante dell’Esecutivo presente alla riunione. Apre alla possibilità di estensione del meccanismo ai fertilizzanti sintetici.
D’accordo con l’idea di integrare l’intero settore agricolo dopo un periodo transitorio è l’eurodeputata francese Anne Sander, dei Popolari europei (PPE). Mette in guardia sul rischio di “aumentare i costi di produzione agricola in Europa senza precise misure di flessibilità”. Anche per Eric Andrieu dei Socialisti&Democratici (S&D) i fertilizzanti “sono una quota importante del settore e quindi un aumento del prezzo va compensato”. A nome dei liberali di Renew Europe è Ulrike Muller a insistere sulla creazione di questo “meccanismo in linea con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), per evitare la rilocalizzazione delle emissioni. E’ uno strumento di politica ambientale ma non deve portare a una distorsione del mercato, soprattutto occorre “valutarne l’impatto sull’aumento dei prezzi dei fertilizzanti”, conclude.