Roma – Gli obiettivi per il clima, la transizione ecologica, la scommessa dell’Europa che vuole guidare il green deal. Un traguardo possibile e alcuni suggerimenti arrivano dal dibattito di HGE8 sollecitato anche dalle domande degli studenti del liceo Giulio Cesare di Roma che hanno partecipato all’evento. Come fare per rispettare gli impegni dell’agenda 2030 o gli ultimi stabiliti dalla Cop26 di Glasgow. Appuntamento per certi aspetti criticato ma che ha dovuto fare i conti con un pianeta a più velocità, quello che più in piccolo sperimenta tutti i giorni la governance europea.
Obiettivi che tuttavia possiamo raggiungere, in Europa possiamo avere “un modello economico con una qualità del lavoro e della crescita rispettando il limite delle emissioni”, ha spiegato Luca De Carli della Direzione generale Clima della Commissione. Il tema è come arrivarci se esista una road map che accompagni gli obiettivi.
“Solo questi sono comuni” dice Eleonora Evi eurodeputato dei Verdi “mentre il mix energetico è compito degli Stati membri come definirlo”. L’obiettivo che il Parlamento europeo ha stabilito è quello del 55 per cento di riduzioni entro il 2030 “anche se noi Verdi difendevamo una posizione più ambiziosa. Ora è stato deciso così e in ogni caso sarebbe meglio perseguire il target di 1,5 gradi di massimo aumento del riscaldamento globale”. Il punto di critica è sul calcolo del contributo dell’Europa alle emissioni: “Si dice che è solo il 10 per cento ma per il nostri consumi la spinta delle emissioni extra UE è decisamente più alta”. Sull’esempio della produzione di acciaio in Europa “le alte emissioni di pagano” replica Di Carlo ma ora la stessa regola vale per le importazioni e non si può aggirare”.
Imprese, istituzioni e cittadini. Per Alessia Rotta, presidente della commissione Ambiente della Camera dei Deputati, la transizione ecologica ha una precondizione: “Il cambio di passo in un Paese particolarmente incrostato e gli interventi sul tema autorizzativo con diverse semplificazioni sono state diversi”. Alessia Rotta però insiste sul terzo attore, la parte attiva dei cittadini che stanno prendendo coscienza, vogliono partecipare ma per accettare un cambio di abitudini “hanno bisogno di consapevolezza, di conoscere gli effetti di questi comportamenti”. Dunque “le difficoltà ci sono ma voglio essere positiva, ce la possiamo fare”.
Ancora sugli obiettivi ritorna Luigi Di Marco, dell’Asvis, Alleanza per lo sviluppo sostenibile che insiste sui traguardi dell’agenda 2030. “La pandemia ci ha distratto ma la spinta del “ricostruire meglio” è venuta dalla crisi. Il Covid ci sta chiedendo di accelerare perché siamo esposti a dei rischi comprese altre zoonosi e il fenomeno delle pandemie diventi cronico”.
“La crisi climatica si porta dietro crisi gemelle” avverte Eleonora Evi a cominciare dalle disuguaglianze sociali, “e non ci sarà transizione se questa non sarà giusta” aggiunge Alessia Rotta , “le misure da adottare devono funzionare da ammortizzatori del processo”.
Al futuro della mobilità sostenibile è stato dedicata l’ultima tranche del dibattito. Luca di Gianfrancesco, consigliere diplomatico del ministero delle infrastrutture spiega che l’elettrificazione di auto e mezzi è la prossima tappa perché quasi la metà delle emissioni viene dai veicoli privati. Ci sono resistenze ma “la stessa industria automobilistica si sta rendendo conto che la strada è tracciata e se si aspetta, i competitori vanno avanti e prima ancora che dal cambiamento climatico si viene sconfitti dai mercati.
D’accordo, Luigi Di Marco, che sostiene che la transizione verde è un’opportunità da cogliere per il sistema produttivo: “I soldi ci sono, solo per il Green deal ci vogliono 520 miliardi di euro all’anno, risorse che gireranno nell’economia ma le imprese devono cogliere questa opportunità se vogliono evitare di uscire dal mercato”.