Bruxelles – Arriverà “a giugno o a luglio” una risoluzione dettagliata con i piani dell’Europarlamento per modificare i trattati su cui oggi l’UE si regge. Vi confluiranno le proposte di Strasburgo su quali “articoli dei trattati vorremmo rivedere e in che modo dovrebbero essere rivisti” per sottoporre la questione al Consiglio e avviare l’iter di revisione attraverso una convenzione. “Questa è l’idea”, scandisce la numero uno dell’Eurocamera, Roberta Metsola, in una intervista concessa a un gruppo ristretto di testate internazionali, tra cui Eunews, a margine dei lavori conclusivi della Conferenza sul futuro dell’Europa. Arrivare prima della pausa estiva con una lista di interventi mirati in alcune aree della politica comunitaria che andrebbero riviste, se necessario anche mettendo mano ai testi portanti dell’architettura europea. Se poi sarà giugno o luglio “questo dipenderà da quanto sarà lunga la risoluzione”, scherza.
Maltese e appena 43enne, Metsola è la terza donna e più giovane presidente a sedersi sullo scranno più alto dell’Emiciclo di Strasburgo. Tira le somme sulle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, che lunedì a Strasburgo hanno portato a una sostanziale convergenza dei vertici comunitari sulla necessità di rivedere i trattati per rendere l’UE più pronta a prendere decisioni su scelte difficili, come le sanzioni sul tavolo contro la Russia. E rivendica il ruolo centrale che l’Eurocamera ha svolto nel far convergere anche Commissione Europea e presidenza francese di turno al Consiglio sullo stesso obiettivo. Convinta che se il Parlamento non avesse “adottato una risoluzione la settimana scorsa” per chiedere l’apertura formale di una Convenzione in discutere di revisione dei trattati, “l’esito della cerimonia sarebbe stato diverso”. E ammette che c’è stato molto lavoro da fare perché le istituzioni si riunissero e si dicessero d’accordo ad abbracciare l’idea di una convenzione.
A Strasburgo già si pensa ai prossimi passi e a come superare l’opposizione in seno a un Consiglio diviso sull’argomento, spaccato ancor prima di aver visto le proposte. Proprio mentre calava il sipario sui lavori della Conferenza, un gruppo di 13 Paesi (Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia) ha fatto arrivare forte e chiaro il messaggio di contrarietà sulla riforma dei trattati, frenando le fantasie di molti.
“Ci saranno Paesi riluttanti al cambiamento, ci sono sempre”, ammette la presidente maltese. Come ci sono sempre Paesi che si domandano “perché oggi sia necessario rimettere mano” ai testi sacri dell’UE, come quelli che si chiedono “se il risultato finale di un lavoro di riforma non possa essere peggiore di ciò che abbiamo ora”. Per Metsola, però, resta prioritario raccogliere le richieste dei cittadini emerse da un esercizio unico di democrazia partecipativa durato tutto un anno. “La cosa peggiore che potremmo fare è dire grazie e arrivederci sulle richieste che i cittadini ci hanno fatto”, dal clima alla sicurezza, senza dimenticare la salute e la difesa. Esorta i governi dell’UE a non “avere paura del cambiamento” che una revisione dei Trattati potrebbe nei fatti sollecitare.
Se la riforma dei trattati è “un’opportunità” che l’Eurocamera deve riservarsi il diritto di cogliere, allo stesso tempo per Metsola è necessario “essere onesti con noi stessi e dire che quando abbiamo avuto volontà politica di agire, lo abbiamo fatto in quanto Unione”. Il riferimento è chiaro ed è alle misure eccezionali varate dall’UE in appena due anni, prima con la pandemia da Covid-19 (vedi l’acquisto congiunto dei vaccini e delle terapie per la più grande campagna di vaccinazione di massa della storia UE), poi con la ripresa economica attraverso il debito comune del Recovery Fund. E ora, “con l’Ucraina”: dall’invio di armi in loco, all’adozione di sanzioni di grande portata in un tempo minimo (rispetto ai tempi medi con cui si adottano le decisioni al Consiglio).
La riflessione cui esorta è quella di abbracciare il cambiamento, ma lavorare prima di tutto su una “volontà politica” da parte degli Stati membri, che spesso è ciò che manca. Quando c’è stata “volontà politica” l’Europa “si è mossa giungendo a una soluzione”. E dal clima, alla sicurezza, alla politica di difesa “dobbiamo continuare a cercare e trovare soluzioni”, non solo attraverso un cambiamento dei trattati ma attraverso la volontà politica” di farlo.
Metsola: dalla crisi lo slancio per l’Unione dell’energia
Volontà politica di agire è quella che deve guidare i governi nella risposta alla guerra di Putin in Ucraina. “Dipendenza energetica zero da Mosca”, è la risposta “forte e decisa” che l’UE deve dare, ponendo fine a tutte le importazioni energetiche da Mosca. Dopo il carbone, il petrolio e anche il gas. Non usa mezzi termini nel definire il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, un “dittatore” che tiene sotto ricatto l’UE con le sue forniture energetiche, di cui, chi più chi meno, tutti gli Stati UE sono dipendenti. “Il taglio alle forniture di gas a Polonia e Bulgaria” disposto da Putin nelle scorse settimane come ritorsione al loro rifiuto di pagare il gas in rubli “non è una provocazione da parte della Russia, ma solo una questione di ricatto”, ammonisce la presidente. L’Unione europea, spiega Metsola, è ora “nelle mani di un dittatore che può semplicemente decidere di chiudere le nostre forniture energetiche” a suo piacimento. Dunque, è imperativo per la comunità europea usare la crisi attuale per rilanciare il dibattito su un’Europa più indipendente e più integrata energeticamente.
Metsola esorta a cogliere dalla crisi “un’opportunità per fare passi avanti concreti” e porre le basi per “costruire un’Unione dell’energia”. Il “come” realizzarla andrà meglio definito nei prossimi mesi, ad esempio attraverso “acquisti congiunti o intervenendo” a livello più strutturale “sul mercato energetico”, come richiesto da vari Paesi, Italia compresa. “Ci aspettano settimane difficili sui negoziati in materia di energia e sul pacchetto sul clima ‘Fit for 55′”, ha confidato ai giornalisti. A maggio si aspettano dalla Commissione i dettagli del piano ‘REPower EU’ proprio per azzerare la dipendenza energetica dalla Russia, puntando su gas verdi, rinnovabili e diversificazione dei fornitori energia. Anche se, la risposta a questa crisi non può essere “passare da un fornitore inaffidabile all’altro, ma bisogna assicurare che il nostro approvvigionamento energetico sia affidabile” d’ora in avanti.
Il federalismo pragmatico evocato dal premier italiano, Mario Draghi, nel suo intervento all’Europarlamento la scorsa settimana è la strada giusta da imboccare anche sull’Unione dell’energia. È “possibile impegnarsi e approfondire l’integrazione” energetica a livello europeo “con la consapevolezza che ogni Paese ha la sua strada o ha la sua realtà energetica: abbiamo Paesi che sono al 100 per cento dipendenti dal gas russo, altri più dipendenti dal petrolio, altri ancora che lo sono di meno”. Preso atto che ogni Paese in UE ha il proprio rapporto di dipendenza energetica con il fornitore russo, serve unità per rispondere alla Russia con “l’obiettivo finale” di raggiungere “dipendenza zero” dalle forniture in arrivo da lì.
Unità è quella che Metsola chiede anche quando si parla di sanzioni e in particolare sul sesto pacchetto di misure restrittive su cui i governi sono divisi. Riconosce che “stiamo entrando in una fase molto difficile dei negoziati” tra i 27 sul pacchetto, in cui la Commissione Europea ha proposto di includere anche un graduale embargo petrolifero: sei mesi per liberarsi del petrolio greggio importato e fino alla fine dell’anno per i prodotti del petrolio raffinato. “Questo Parlamento ha molto insistito per assicurarsi che il corrente pacchetto di sanzioni sia implementato perché ci sono Paesi che non lo stanno facendo”. Conferma inoltre che sono in corso a livello comunitario “discussioni” su come affrontare finanziariamente il rincaro dei prezzi dell’energia, se pensare a un nuovo prestito sulla scia del Recovery Fund varato per la pandemia, o in alternativa su come fondi già programmati “potrebbero essere re-indirizzati” per mitigare il rialzo dei costi energetici.
Metsola risponde a una domanda sulla possibilità per l’Europarlamento, in quanto responsabile di bilancio comunitario insieme al Consiglio, di proporre un aggiustamento dell’attuale esercizio finanziario pluriennale dell’UE (2021-2027) per mitigare gli effetti della crisi energetica. Difficile fare previsioni in questo momento, spiega. Ma una riflessione “lunga e accurata” va fatta sull’attuale quadro settennale. Bisogna chiedersi se è “qualcosa che ci fa fare passi avanti come Unione, un modello con cui possiamo lavorare” in futuro. Perché – ha chiarito la presidente – gli ultimi due anni tra pandemia e guerra “hanno dimostrato che non è così”. E dunque, una riflessione deve essere avviata.