AGGIORNAMENTO
Nella notte è stato raggiunto l’accordo tra Parlamento e Consiglio sulla direttiva proposta dalla Commissione ad ottonre 2020. Alle 9.30 di oggi 7 giugno, a Strasburgo, saranno illustrati i dettagli dell’intesa.
This is a good day for social Europe.
We have reached an agreement on the directive on adequate minimum wages in the EU.
This is especially important at a time when many households are worried about making ends meet.
My thanks to all teams! #EUminimumwages #SocialRights pic.twitter.com/Ayt5BwvOfp
— Nicolas SCHMIT (@NicolasSchmitEU) June 7, 2022
Bruxelles – Mentre in Italia si fa incalzante il dibattito pubblico a proposito del salario minimo, tra il progetto di legge in cantiere in commissione Lavoro del Senato e la raccolta firme da parte di Possibile per una proposta di legge di iniziativa popolare, dall’UE sembra tutto pronto per l’intesa finale tra i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea sulla direttiva per un salario minimo europeo. Oggi (lunedì 6 giugno) è atteso a Strasburgo – a margine della plenaria dell’Eurocamera – il round decisivo del trilogo (negoziato interistituzionale tra Consiglio e Parlamento Europeo, mediato dalla Commissione) e ci si aspetta che l’accordo sia finalizzato già entro la nottata. Tanto che i servizi dell’Eurocamera hanno annunciato una conferenza stampa per le 9.30 di domani.
Il punto di partenza è la proposta del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen, presentata ormai più di un anno e mezzo fa. Il quadro si porta dietro la zavorra del “pieno rispetto delle competenze e delle tradizioni nazionali”, ovvero, le politiche per il lavoro e l’occupazione sono e restano di competenza degli Stati membri. Quello che l’esecutivo UE ha potuto fare è stato fissare criteri omogenei per quei Paesi che già prevedono al proprio interno un salario minimo consentito dalla legge (sono 21 su 27, non esistono in Italia, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia).
In altre parole, i Paesi membri non sono obbligati a introdurlo, né si può toccare l’autonomia contrattuale delle parti sociali, ma si cerca di stabilire dei criteri da seguire per armonizzare i sistemi vigenti: potere d’acquisto del salario minimo legale – considerando il costo della vita e del contributo delle tasse e delle prestazioni sociali – livello generale dei salari lordi e la loro distribuzione, tasso di crescita dei salari lordi e andamento della produttività del lavoro. Contemporaneamente, si prevede di stabilire un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva, in particolare negli Stati membri in cui la copertura è inferiore al 70 per cento dei lavoratori.
Dopo la proposta della Commissione, i co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’UE hanno adottato ciascuno la propria posizione in vista dei negoziati inter-istituzionali. L’Eurocamera lo ha fatto il 25 novembre dello scorso anno, con un voto a larga maggioranza su quello che da più parti è stato definito un “punto di svolta” per la tutela e la dignità dei lavoratori e le loro famiglie. In questo senso, gli eurodeputati hanno alzato il criterio per l’obbligo di adozione di misure “attive” per la promozione della contrattazione collettiva: dovrebbe essere previsto per tutti gli Stati membri con meno dell’80 per cento (non più 70) dei lavoratori coperti.
I 27 ministri UE del Lavoro hanno dato il via libera alla posizione del Consiglio a stretto giro, confermando invece la soglia minima del 70 per cento della copertura della contrattazione collettiva per promuovere un piano d’azione nazionale ed è rimasta intatta la possibilità per ogni Paese di decidere se introdurre il salario minimo. Quelli che lo prevedono si assumono invece il compito di fissarlo secondo una serie di “criteri stabili e chiari” e aggiornarlo “in modo regolare e tempestivo”.
Il trilogo tra le istituzioni comunitarie è iniziato lo scorso 13 gennaio e oggi potrebbe essere il giorno di chiusura del negoziato, con la finalizzazione di tutta una serie di capitoli su cui si sono create frizioni tra eurodeputati e governi nazionali negli ultimi cinque mesi: dal ruolo dei sindacati alle variazioni dei salari minimi, fino a controlli, ispezioni, diritto di ricorso e sanzioni per i datori di lavoro inadempienti. Nel testo finale dovrebbe essere precisato che gli Stati membri devono monitorarne l’adeguatezza, riferendo ogni due anni alla Commissione sul tasso di copertura della contrattazione collettiva, sul livello del salario minimo legale e sulla percentuale di lavoratori a cui viene garantito.