Bruxelles – “La Commissione non ha nulla da dire in merito al contratto tra Kylian Mbappé e il Paris Saint Germain“. Eppure, al netto della risposta offerta dalla commissaria per lo Sport, Mariya Gabriel, ci sarebbe molto da dire. Perché il calcio moderno ha rotto tutta una seria di regole, tradizioni, e valori. Perché è diventato un business al di là di ogni ragionevolezza. E il contratto tra l’asso francese del pallone e il club parigino ne è un esempio, tanto da diventare un caso oggetto di interrogazione parlamentare.
Può far sorridere che in Parlamento europeo si trovi il tempo per parlare di calcio, ma per Matteo Adinolfi, membro delle commissioni Controllo di bilancio e Industria, si è toccato l’apice della sostenibilità. Rinnovando il contratto con il Psg, Mbappé “oltre a percepire un premio alla firma di almeno 120 milioni di euro, riceverà uno stipendio compreso tra i 40 e i 50 milioni di euro netti a stagione”. Qualcosa di “diseducativo“, e che oltretutto rischia di “minare l’integrità dello sport e la stabilità economica del calcio europeo”.
La Commissione non entra nel merito di nessuna delle tematiche affrontate. Un contratto tra due privati è sempre un accordo giuridico negoziato dalle parti, e sempre da un punto di vista di diritto, stavolta comunitario, Bruxelles può poco. Le società di calcio, agiscono con “autonomia e auto-regolamentazione”. L’esecutivo comunitario si rivolge ai governi. Può infliggere sanzioni alle imprese solo in caso di violazione delle regole di concorrenza. Ma non è questo l’oggetto dell’interrogazione. Uno dei lati insostenibili del calcio moderno arriva comunque all’attenzione dell’Ue. Perché non è la prima volta che si chiedono provvedimenti in materia di football.