Bruxelles – Tetto sui profitti delle società che producono energia elettrica non dal gas (che quindi non sperimentano l’aumento dei costi di produzione), contributo di solidarietà dalle imprese attive nelle fossili e liquidità alle energivore. E ancora, tetto al prezzo del gas importato e taglio ai consumi di elettricità nelle ore di punta. I ministri europei dell’energia riuniti oggi (9 settembre) a Bruxelles in un vertice straordinario per affrontare le conseguenze energetiche della guerra di Putin in Ucraina, hanno trovato un’intesa su un mandato politico per chiedere alla Commissione europea di presentare “entro metà settembre” – come si legge nel documento di riassunto pubblicato dalla presidenza della Repubblica ceca – una serie di proposte contro l’aumento dei prezzi dell’energia. Di mandato politico si tratta e dunque bisognerà attendere la proposta vera e propria della Commissione europea – che sarà avanzata martedì 13 settembre dalla presidente Ursula von der Leyen a Strasburgo, alla vigilia dell’annuale discorso sullo Stato dell’Unione – per capirne i dettagli.
Il cap sul gas della discordia
Sì a un tetto sul prezzo del gas importato, ma l’incognita in Europa rimane su quale gas e in quali termini attuarlo. Nel documento conclusivo redatto dai ministri non si parla nello specifico di un tetto al prezzo del gas importato dalla Russia, ma su questa ipotesi si sta orientando il lavoro della Commissione europea.
“Stiamo esplorando la possibilità di imporre un tetto massimo di prezzo al gas russo, una mossa ragionevole perché la Russia continua a ottenere profitti con la manipolazione del mercato e fissare un tetto potrebbe contribuire a ridurli”, ha chiarito la commissaria europea all’Energia, Kadri Simson, nella conferenza stampa al termine del Consiglio, frenando però di fatto sull’idea di un tetto al gas “generalizzato”, ovvero un cap su tutto il gas importato in Ue, come richiesto tra gli altri anche dall’Italia. Il governo di Mario Draghi ha dato battaglia per mesi a livello comunitario per fissare un tetto al prezzo del gas russo importato via gasdotto, ma da qualche settimana a questa parte ha chiesto un ‘cap’ generalizzato su tutto il gas importato. Complice anche il fatto che ora Bruxelles importa solo 9 per cento del gas importato da Mosca (a fronte di una media di oltre il 40 per cento ante guerra).
La commissaria europea ha precisato che “diversi ministri hanno chiesto alla Commissione europea di esplorare la possibilità di introdurre un tetto al prezzo di tutto il gas che l’Ue sta importando (quindi non solo quello russo via gasdotto)”. Ed è quanto ha confermato anche il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, in un punto stampa a margine dei lavori del Consiglio parlando di un “forte sostegno” da parte di almeno 15 Paesi Ue a un tetto generalizzato sul gas, non solo a quello russo. Dai numeri forniti da Cingolani, ci sono almeno tre Paesi membri che “preferirebbero averlo solo sul gas russo”, altri tre non hanno pregiudiziali ma lo vorrebbero condizionato, ad esempio, a verifiche di sostenibilità economica di lungo termine. Facendo la conta, rimangono cinque Stati Ue (“limitrofi geograficamente” alla Russia, sostiene Cingolani) che si sono detti contrari o sono rimasti neutrali perché non hanno gran bisogno di gas”, ha sintetizzato senza entrare nello specifico dei singoli Stati. Solo l’Ungheria di Viktor Orban si è schierata pubblicamente contro.
Nonostante la “pressione” dei governi, la Commissione continua a propendere per il tetto sul gas russo importato via tubo. “Se lo scopo della nostra politica è quello di contrastare la manipolazione da parte della Russia delle forniture, ha senso prendere di mira solo il gas russo”, ha chiarito Simson. Ma non è solo questo. Pur precisando che al momento “nulla è fuori dal tavolo”, Bruxelles un tetto su tutto il gas importato in Ue, compreso il gas naturale liquefatto (Gnl), può rappresentare “una sfida per la sicurezza delle forniture e degli approvvigionamenti, perché il Gnl è un mercato globale, c’è forte concorrenza e al momento è importante continuare a compensare le forniture di gas russo con alternative”, che includono anche il gas liquefatto.
Per una proposta sul price-cap potrebbe volerci ancora del tempo. Nel documento di conclusione, i ministri riconoscono che saranno “necessari ulteriori lavori per l’eventuale introduzione di tale misura”. Anche Jozef Sikela, ministro dell’Industria e del Commercio della Repubblica Ceca, ha chiesto tempo per il Consiglio e la Commissione per trovare il modo giusto per implementarlo. Fonti diplomatiche europee spiegano che la discussione sul cap dovrà farsi “a livello politico più alto”, tra i capi di Stato e di governo in sede di Consiglio europeo. E’ proprio a un prossimo Vertice Ue – presumibilmente nel mese di ottobre (ce ne sono due in calendario: uno informale a Praga il 6-7 ottobre, uno ordinario a Bruxelles il 20-21) – che si cercherà una quadra a livello politico su un’eventuale tetto al prezzo del gas.
Le altre misure
In sostanza i ministri hanno dato via libera alle cinque proposte anticipate dalla presidente nei giorni scorsi, ma dopo la riunione di oggi rimangono varie incognite sui termini che assumeranno questi interventi di natura emergenziale, se saranno obbligatori o su base volontaria, e a quali percentuali e numeri bisognerà fare riferimento per i tagli e il tetto sui ricavi e profitti. Bruxelles ha chiarito nei giorni scorsi che il limite sui ricavi “inattesi” delle tecnologie inframarginali (ovvero, quelle che producono elettricità a un prezzo inferiore rispetto alle centrali a gas che fissano il prezzo del mercato, ma i cui ricavi sono spinti a livelli molto alti: è il caso, ad esempio, delle rinnovabili ma anche del nucleare) e il contributo di solidarietà richiesto alle compagnie attive sui combustibili fossili, dovrebbe essere fissato sullo stesso prezzo (nei giorni scorsi è circolata l’ipotesi di 200 euro/megawattora).
Quanto alla richiesta di ridurre i consumi di energia elettrica durante le ore di punta, la commissaria Simson ha parlato in conferenza stampa dell’introduzione “un obbligo” vincolante a livello europeo, mentre il ministro ceco è stato molto più cauto, suggerendo che sarà adottato probabilmente un approccio simile a quello adottato a fine luglio nel regolamento sul taglio alla domanda di gas: un approccio volontario, che si trasforma in obbligatorio di fronte a una crisi. Anche la commissaria Simson ha riconosciuto la reticenza generale degli Stati membri ad accordarsi su misure che vengono imposte in maniera obbligatoria da Bruxelles, dunque è probabile che il taglio ai consumi di elettricità sia inizialmente su base volontaria.
Nell’idea della Commissione europea, le misure in quanto “straordinarie ed emergenziali” dovranno essere approvate attraverso un regolamento del Consiglio e mediante articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che consente di adottare la legislazione con il solo voto del Consiglio (e non dell’altro co-legislatore dell’Ue, il Parlamento europeo) e soprattutto a maggioranza qualificata, senza l’unanimità. Non è un elemento da poco, dal momento che in questo modo l’esecutivo cerca di aggirare le opposizioni che potrebbero arrivare in seno al Consiglio, rallentando di fatto tutto il processo di adozione. Una volta che le proposte saranno sul tavolo, saranno di nuovo i ministri dell’Ue a dare il via libera a dettagli, numeri e percentuali. “Se necessario, sono pronto a convocare un’altra riunione straordinaria dei ministri dell’energia entro la fine del mese per adottare soluzioni concrete”, ha assicurato il ministro di Praga.