Bruxelles – Ancora nessun accordo tra i 27 stati membri sul meccanismo di correzione del mercato, il ‘price cap’ di emergenza che continua a dividere l’Unione europea nella risposta alla crisi dei prezzi. Ventuno giorni dopo la proposta della Commissione europea (avanzata lo scorso 22 novembre) per fissare un tetto temporaneo al prezzo del gas in caso di picchi, i governi europei restano divisi e senza un’intesa alla vigilia del Consiglio straordinario dell’energia che si terrà domani (13 dicembre) a Bruxelles in cui i ministri sono chiamati a raggiungere un accordo politico.
Gli ambasciatori dell’Ue, spiega una fonte diplomatica, torneranno a riunirsi in serata per tentare di raggiungere un’intesa prima del Consiglio di domani. Il lavoro tecnico per trovare un accordo “procede nella giusta direzione ma ancora non ci siamo”, ha chiarito oggi la fonte, ricordando che l’obiettivo della presidenza della Repubblica ceca di turno all’Ue è quello di raggiungere “il più ampio consenso possibile” sulla proposta della Commissione. Ma restano ancora diverse questioni dirimenti che lasciano i Ventisette divisi, a partire dal valore stesso del tetto e dei giorni di picco necessari per attivarlo, oltre alla chiave di attivazione automatica (i cosiddetti ‘trigger’). Il funzionario ha aggiunto che sono in corso “discussioni informali bilaterali e multilaterali” tra gli Stati membri, per agevolare il raggiungimento di un accordo domani. Tanto che il ministro italiano, Gilberto Pichetto Fratin, è a Bruxelles già da questa sera “per preparare anche con contatti informali il Consiglio di domani”.
Secondo la proposta della Commissione europea, il tetto al prezzo del gas scambiato sul mercato olandese – il TTF di Amsterdam – scatterebbe di fronte a due condizioni contemporaneamente: quando i prezzi raggiungono i 275 euro per MegaWattora per due settimane e quando i prezzi sono superiori di oltre 58 euro per MWh rispetto a quelli del gas naturale liquefatto (GNL) sul mercato globale. Perché troppo alto o perché troppo basso, la proposta di Bruxelles non piace alla maggior parte degli Stati membri. L’Italia guida un gruppo di una decina di Paesi, tra cui la Grecia, il Belgio, la Polonia, che chiede un limite di prezzo più stretto e in parte dinamico, mentre Germania e Paesi Bassi spingono per un tetto più alto, temendo che il meccanismo possa mettere a repentaglio le forniture all’Europa, alla ricerca di fornitori alternativi a Mosca per riempire di nuovo le riserve di gas nella stagione 2023.
Da quando la proposta della Commissione Ue è stata avanzata, la presidenza di Praga ha messo sul tavolo dei governi tre tentativi di compromesso, abbassando gradualmente il tetto cercando di avvicinare posizioni distanti. L’ultimo in ordine di tempo, datato 9 dicembre e visto da GEA, proponeva di abbassare entrambi i criteri di attivazione (i ‘trigger’) del tetto: il ‘cap’ si attiverebbe quando il prezzo del gas supera i 220 euro per MWh per cinque giorni e quando la differenza del prezzo del mercato Ttf e il prezzo di riferimento del GNL supera i 35 euro. L’Italia, insieme al Belgio, Grecia, Bulgaria, Polonia, Slovenia, Lituania e Malta, continua a spingere per una soglia più bassa fino a 160 euro per MWh con uno spread tra i 20 e i 30 euro per MWh.
Viste le ‘linee rosse’ fissate da entrambe le parti un accordo sembra ancora lontano. Un accordo è anche più urgente dal momento che all’ultimo Consiglio energia del 24 novembre i ministri hanno deciso di “legare” l’approvazione del price cap all’adozione formale di altre due proposte di emergenza su cui un accordo politico già è stato trovato: il regolamento per l’accelerazione dei permessi alle rinnovabili e il pacchetto di emergenza sugli acquisti congiunti e la solidarietà sul gas. Il rischio è che senza un accordo politico domani tra i ministri, la questione passi direttamente sul tavolo dei capi di stato e di governo che si riuniranno al Vertice Ue giovedì 15 dicembre o al prossimo Consiglio Energia ordinario di lunedì 19 dicembre. La stessa fonte sottolinea però che “gli Stati membri si devono chiedere quale sarebbe il valore aggiunto di rimettere la questione sul tavolo del Consiglio europeo” in cui è necessaria l’unanimità per prendere le decisioni.
La proposta della Commissione Ue è un regolamento del Consiglio e fa leva sull’articolo 122 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea: può essere approvato senza passaggio parlamentare a maggioranza qualificata dagli Stati membri, quindi quando il 55% degli Stati membri vota a favore e gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65 per cento della popolazione totale dell’UE. La presidenza di Praga ha sempre chiarito di voler cercare il più ampio consenso possibile sulla proposta senza arrivare a ‘contare i numeri’ e quindi senza arrivare ad approvare il cap a maggioranza qualificata o, peggio, a rimettere la questione all’unanimità del Vertice Ue. Ma il tempo stringe e il monito ai governi ad approvare la misura di emergenza è arrivato anche oggi dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, accusata negli scorsi mesi di ritardi nella risposta europea alla crisi dell’energia. “Spero in un accordo politico sul tetto al prezzo del gas nei prossimi giorni, la proposta è sul tavolo ma serve un accordo politico sulla soglia e sull’equilibrio che il tetto dovrebbe garantire tra ridurre i picchi di prezzo ed evitare di scoraggiare le forniture da altri partner”, ha detto in una conferenza stampa.