Bruxelles – Di lui, la super-star, si sa già tutto. Perché basta dire Pelé per non aver bisogno nulla da dire. Al massimo bisbigliare “magari venisse da noi…”. Rapidità, intelligenza tattica, tecnica. E poi gol a raffica. Chi non vorrebbe uno così?. Roma e i romanisti viaggiano con la fantasia, per un giorno, quel 3 marzo 1972. Il Santos di Pelé è nella città eterna per una partita amichevole. Un tassello di una tournée utile per vedere da vicino la leggenda vivente del calcio. Tre volte campione del mondo, 10 campionati paulisti, 10 campionati brasiliani, 2 coppe libertadores, gol troppi per poterne tenere il conto.
Allo stadio Olimpico di Roma la partita conta poco, anche perché l’esito appare scontato. Eppure di scontato c’è poco. Il re del calcio non segnerà, complice un portiere normale, almeno fino a quella sera. Nato a Roma, cresciuto nelle giovanili della Roma. Una storia di molti, nell’urbe. Storie di amore per la città e la sua squadra, quella vera. Alberto Ginulfi è uno dei tanti figli della Lupa. Oggi a molti questo nome suggerirà poco o niente, anche perché la Roma di quel momento storico è una squadra umile. Ginulfi è il guardiano della porta giallo-rossa fin da quando inizia i primi calci. Un portiere che farà bene. Riuscirà a tenere inviolata la porta quel tanto che basta per vincere due coppe Italia (1964 e 1969) e un torneo anglo-italiano (1972). Ma sopratutto riuscirà nell’impresa di parare un rigore a Pelé, per una una parata destinata alla storia.