Bruxelles – Una vita per il Cagliari, lui che cagliaritano non era ma che lo ha saputo diventare, una carriera da protagonista tra maglia rosso-blu e maglia azzurra, quella della nazionale di cui, ancora oggi, detiene il record di marcatore. L’immagine di una terra, la Sardegna, capace di riscrivere logiche e classifiche, icona di un’Italia calcistica passata alla storia per il primo europeo della storia conquistato anche con l’aiuto di una monetina e una una finale mundial dopo un’Italia-Germania 4-3 consegnata alla storia del calcio e impressa per sempre nella memoria e nella cultura di un intero Paese.
Lui, Gigi Riva, campione d’Italia con il Cagliari e campione d’Europa con l’Italia, campionissimo, pnon ha bisogno di presentazioni. Ha saputo mettere tutti d’accordo, per le sue doti indiscusse e indiscutibili, e la capacità di non cedere alla tentazione di soldi facili e carriere facilissime. Bandiera, idolo, esempio, ispiratore. Anche in materia di scelte sportive. Come quella di Alberto, tra i promotori del Cagliari Club Bruxelles. Come Riva, anche Alberto nasce in Lombardia, e come Riva anche Alberto dichiara amore imperituro per il Cagliari.
Lo sgomento e l’incredulità per la scomparsa di ‘Rombo di tuono’ (così venne ribattezzato Riva) richiede del tempo per metabolizzare. Per gentile concessione Alberto Zini affida a Eunews il suo personale ricordo di una figura per lui importante, tanto da convincere i compagni di fede calcistica e intitolare il Cagliari Club Bruxelles proprio a Gigi Riva.
“Nella medio-piccola città del Nord dove abitavo, a fine anni ‘60 i bambini tifavano Milan, Inter o Juventus. Io scoprivo il calcio verso il ‘68-’69, subito dopo la vittoria italiana all’Europeo. E mi colpì quel giocatore magro e silenzioso, nonostante fosse già costantemente sotto i riflettori dell’attenzione mediatica (anche se allora non si diceva così).
E così diventai suo tifoso, e di conseguenza tifoso del Cagliari. Pronto a cambiare squadra se lui se ne fosse andato.
Ma non se ne andò, nonostante le squadre più ricche e titolate gli facessero una corte spietata e nonostante la società sarda fosse ben disponibile al “sacrificio” (che le avrebbe portato una marea di soldi e un gruzzolo di giocatori di qualità). No, GigiRiva non volle partire: un esempio, fra i molti possibili, della sua singolarità. El hombre vertical, lo battezzò Gianni Mura. A sottolineare un carattere che già nel calcio di allora costituiva un’eccezione.
Eccezionale fu il calciatore: la qualità, la potenza, la generosità, il senso del gol. I suoi 35 gol in 42 partite in nazionale (in un periodo in cui le partite erano molte meno e i tiri deviati erano contati come autoreti e quindi non assegnati!) valgono molto e ancora non si vede chi potrebbe battere quel record che dura da quasi 50 anni. Ancora Gianni Mura: «Il numero di gol è come l’insalata nel piatto, un contorno. Riva resterà irraggiungibile per altri motivi: era il silenzio che calava nello stadio ogni volta che tirava, era il Rombodituono, era l’attesa che garantiva per un qualcosa che solo lui poteva fare».
Ma è l’uomo Riva che ha lasciato il segno, in Sardegna innanzitutto: «I miei gol li dedico sempre alla Sardegna. È un discorso che va oltre il calcio. Non sono nato a Cagliari ma è come se lo fossi. Non è neppure un debito di riconoscenza: è un amore ricambiato».
Se ne andò dal calcio dopo il terzo tremendo infortunio, anche in quel caso senza proclami e senza clamore, quando aveva solo 31 anni. Se ne va ora dalla vita, e il bambino degli anni ‘60 riceve messaggi dagli amici come se a morire fosse stato un suo familiare.
Ti sia lieve la terra, GigiRiva”