Bruxelles – È già stato battezzato ‘Piepergate’ l’ultimo grattacapo per Ursula von der Leyen, che fa traballare ancora di più la presidente della Commissione in corsa per la succedere a se stessa al Berlaymont. La nomina dell’eurodeputato Markus Pieper, attuale membro del Parlamento Europeo in quota Cdu (Unione Cristiano-Democratica di Germania, lo stesso partito della leader dell’esecutivo Ue), a inviato Ue per le piccole e medie imprese (Pmi) sta sollevando un polverone politico a Bruxelles, tanto da portare quattro commissari europei a rivolgersi con una lettera alla stessa presidente von der Leyen per chiedere spiegazioni e – con tutta probabilità – gli eurodeputati a organizzare un dibattito apposito alla mini-plenaria della prossima settimana.
Tutto è iniziato lo scorso 31 gennaio, quando i servizi della Commissione Europea hanno reso nota la nomina di Pieper a inviato Ue per le Pmi – per tenere uno “stretto rapporto” con i rappresentanti imprenditoriali nazionali – entrando in carica “successivamente” e riferendo direttamente alla presidente von der Leyen e al commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. Secondo quanto riferito dal Berlaymont, Pieper vanterebbe “una vasta esperienza e competenza nelle politiche per le Pmi” in qualità di membro della commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre) dell’Eurocamera in questa legislatura (è eurodeputato dal 2004) e avrebbe dimostrato “un’esperienza encomiabile” nelle relazioni strategiche “con una gamma diversificata di parti interessate, dimostrando forti capacità di leadership, di advocacy e di negoziazione”.
Tuttavia i primi dubbi sulla scelta del cristiano-democratico Pieper sono stati sollevati verso la fine febbraio dal giornalista italiano David Carretta e il 29 febbraio 12 eurodeputati dei gruppi Verdi/Ale, S&D, Renew Europe e La Sinistra, che con un’interrogazione scritta hanno impegnato la Commissione a rispondere sulle “qualifiche aggiuntive” che hanno permesso a Pieper di superare gli altri candidati nella procedura di selezione. In particolare gli eurodeputati hanno rilanciato le notizie secondo cui “altre candidate donne, provenienti da Stati membri sottorappresentati in posizioni di responsabilità, abbiano ottenuto punteggi migliori nella procedura di assunzione in tre fasi” e per questo motivo si pongono “interrogativi sulla trasparenza del processo e sull’influenza del presidente della Commissione“. Non è un caso che una delle domande poste al Collegio dei commissari è proprio quella su quanto “l’affiliazione al partito del candidato prescelto ha giocato un ruolo decisivo nella sua nomina”. L’eurodeputata ceca Martina Dlabajová (Renew Europe), candidata alla carica, ha già presentato ricorso alla direzione generale Risorse umane della Commissione.
Mentre il primo firmatario dell’interrogazione, il verde tedesco Daniel Freund, fa sapere che “dopo cinque settimane” dalla richiesta “non ho ancora ricevuto risposta” dalla Commissione Ue, per la presidente von der Leyen il ‘Piepergate’ rischia di diventare ancora più scivoloso dopo la lettera inviata dallo stesso commissario Breton insieme ai colleghi Paolo Gentiloni (responsabile per l’Economia), Nicolas Schmit (per il Lavoro e i diritti sociali, nonché Spitzenkandidat del Partito Socialista Europeo) e Josep Borrell (vice presidente della Commissione e alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza) per richiedere la possibilità di un ulteriore esame. “Riteniamo opportuno che il Collegio discuta collettivamente la risposta a queste accuse e il possibile impatto sulle prossime fasi del processo di assunzione”, si legge nella lettera dei quattro commissari ottenuta da Euronews: “Attendiamo con ansia la possibilità di una tale discussione in seno al Collegio dei commissari alla prima occasione possibile”. Oltre alle affiliazioni partitiche (Gentiloni, Schmit e Borrell sono socialdemocratici, Breton liberale), a determinare l’azione dei quattro commissari sarebbe stato – secondo quanto riporta Il Mattinale – il fatto che la stessa presidente von der Leyen avrebbe bypassato la raccomandazione a favore di Dlabajová da parte di Breton, commissario responsabile per il giudizio sul candidato più idoneo.
Di fronte a tutto ciò gli eurodeputati inseriranno con tutta probabilità nell’agenda della mini-sessione plenaria del 10-11 aprile a Bruxelles un dibattito ad hoc sul ‘Pipergate’, mentre gli stessi quattro gruppi politici espressione dei 12 firmatari dell’interrogazione alla Commissione (Verdi/Ale, S&D, Renew Europe e La Sinistra) stanno redigendo una richiesta formale all’esecutivo Ue per chiedere la revoca della nomina di Pieper. Dal Berlaymont il portavoce capo della Commissione Ue, Eric Mamer, ha provato a spiegare nel punto quotidiano di oggi (4 aprile) con stampa di Bruxelles che “questa procedura di selezione è stata esattamente uguale a qualsiasi altra“, con la proposta avanzata dal commissario per il Bilancio, Johannes Hahn (anche lui della famiglia dei popolari europei come von der Leyen e Pieper), “in accordo con la presidente”. Nonostante che le varie tappe del processo “non sono pubbliche”, la numero uno dell’esecutivo Ue “ha piena fiducia che la procedura sia stata regolare”, ha aggiunto Mamer, precisando che nella lettera dei commissari “di fatto ci è stato chiesto di rispondere al Parlamento, cosa che facciamo sempre”. E nel caso di un dibattito all’emiciclo dell’Eurocamera sul ‘Piepergate’ la settimana prossima “la Commissione ne prenderà parte”.