Bruxelles – C’è grande frenesia in Europa in queste settimane. D’un tratto, sembra che le cancellerie vogliano prendere in mano la questione della sicurezza continentale, a partire dall’Ucraina ma anche nella prospettiva di un eventuale disimpegno militare di Washington. Il senso di urgenza, su questa sponda dell’Atlantico, è particolarmente acuto.
Così, i ministri della Difesa di Francia, Germania, Italia, Polonia e Regno Unito si sono dati appuntamento ieri (12 marzo) a Parigi per discutere delle priorità strategiche del Vecchio continente nella nuova era, in cui si naviga a vista tra acque inesplorate e tumultuose. Questo nuovo formato, noto come E5, servirebbe ad approfondire la cooperazione tra i cinque maggiorenti della difesa continentale, anche se le posizioni dei partecipanti divergono su alcuni punti (come il rapporto con gli Stati Uniti di Donald Trump).
Sicurezza e deregulation
Come al vertice straordinario della scorsa settimana, anche all’ordine del giorno della terza riunione del gruppo E5 (la prima era stata a Berlino in novembre, la seconda a Varsavia in gennaio) c’erano due punti: sicurezza europea e guerra d’Ucraina. “L’Europa deve prendere atto del fatto che deve cominciare a difendersi“, ha commentato il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, per fare in modo che i Ventisette siano “pronti a qualsiasi tipo di evenienza”.
Dal canto suo, il polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz si è compiaciuto per una “vera unità del continente dinanzi alla minaccia che viene dall’Est”. Per lui, l’imperativo è “tenere il più possibile la Russia distante da tutti i nostri Paesi”. Un obiettivo sentito con urgenza non solo a Varsavia ma anche nelle cancellerie baltiche e scandinave, e che pure a Bruxelles si inizia a prendere seriamente.

Ma per giocare a fare i grandi strateghi serve una base industriale solida. Così, i membri Ue del gruppo E5 chiedono a Bruxelles di semplificare le norme comunitarie e nazionali che potrebbero “ostacolare o rallentare” la produzione e l’approvvigionamento di armi, per liberare le mani alle aziende del settore. “Vogliamo deregolamentare a livello europeo, ma anche nei nostri Stati nazionali”, certifica il tedesco Boris Pistorius, mentre secondo Crosetto va “ridotta la burocrazia” per poter “ottenere progressi pratici”.
È come sparare sulla Croce Rossa. Ursula von der Leyen ha già segnalato di essere pronta non solo per una nuova ondata di deregulation ma anche per il riarmo “massiccio” dell’Unione, battendo cassa per la cifra da capogiro di 800 miliardi in quattro anni. Gli elementi cruciali del suo piano ReArm Europe sono proprio la creazione di nuovo spazio di bilancio per i Ventisette e un fondo ad hoc per potenziare la base industriale dell’Ue. Almeno su questo, l’allineamento tra le cancellerie e il Berlaymont sembra assoluto.
La guerra in Ucraina (e la partita di Ankara)
Anche sul dossier Ucraina sembra muoversi qualcosa. Stando al padrone di casa Sébastien Lecornu, sta emergendo un “consenso molto ampio” sulla necessità di sostenere l’esercito di Kiev, che dopo tre anni di guerra è ora il più forte d’Europa. E che rappresenta la “prima garanzia di sicurezza” per l’ex repubblica sovietica, con buona pace dei desiderata del Cremlino sulla sua smilitarizzazione. La discussione sulla nuova “architettura della sicurezza” ucraina sarebbe ora allargata ad una quindicina di Paesi, interessati a partecipare alla coalizione dei volenterosi lanciata da Keir Starmer ed Emmanuel Macron.
Naturalmente, i ministri del gruppo E5 hanno accolto positivamente la proposta di un cessate il fuoco di un mese elaborata a Gedda dalle delegazioni di Kiev e Washington, ribadendo che ora tocca a Mosca fare un passo avanti verso la fine delle ostilità. Tra i nodi più urgenti in questo senso, ha spiegato Lecornu, ci sono la sicurezza nel Mar Nero e quella delle centrali nucleari ucraine.

Alla questione di come proteggere efficacemente la pace nel Paese aggredito (quando mai giungerà) era dedicato anche un altro incontro, convocato il giorno precedente sempre nella capitale francese, tra i capi di Stato maggiore di oltre 30 Paesi europei e della Nato. Tra i partner extra-Ue, un ruolo eminente potrebbe giocarlo la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, che dispone del secondo esercito più grande dell’Alleanza dopo quello statunitense.
A questo risultato, perlomeno, sembra orientato il gioco di sponda tra il primo ministro polacco Donald Tusk e il presidente turco, che si sono incontrati ad Ankara mentre il gruppo E5 si riuniva a Parigi. Secondo loro, la repubblica anatolica dovrebbe riacquistare la centralità perduta nei negoziati tra Russia e Ucraina (nel 2022 contribuì alla stipula degli accordi sul transito del grano di Kiev attraverso il Mar Nero).
E Washington?
Ma al di là dei richiami all’autonomia strategica europea, che sembrano risuonare soprattutto lungo il (forse) ritrovato asse franco-tedesco, alla riunione parigina si è confermato anche che lo zio Sam rimane cruciale per la sicurezza del Vecchio continente. “Nessuno in Europa vuole essere antagonista degli Stati Uniti“, ha ribadito Crosetto ai cronisti, aggiungendo che “non possiamo rompere l’alleanza occidentale sull’altare dell’autonomia industriale”. Freno a mano tirato, dunque.
Nemmeno Varsavia vuole rescindere il cordone ombelicale che la lega a Washington, anzi. Kosiniak-Kamysz ha dichiarato di voler “rafforzare le relazioni transatlantiche“, mentre stamattina il presidente Andrzej Duda ha proposto alla Casa Bianca di trasferire in Polonia le testate nucleari a stelle e strisce presenti in Europa occidentale.

Proprio in queste ore è in visita nello Studio ovale Mark Rutte, il Segretario generale della Nato. L’ex premier olandese è in missione per indurre a più miti consigli il tycoon e allontanare il rischio che gli Stati Uniti si sgancino sul serio dall’Alleanza, come ventilato in più occasioni da vari membri di spicco dell’amministrazione Trump.
Per ora, il potenziale disimpegno di Washington dal Vecchio continente è visto dai più come una leva politica per costringere gli alleati europei ad assumersi maggiori responsabilità riguardo alla propria sicurezza, soprattutto in termini di spese per la difesa. Ma di questi tempi non si sa mai.
Di questi e altri temi legati alla Difesa si parlerà il 15 aprile a Roma nell’evento della serie Connact “Difesa comune europea: finanziamenti e integrazione industriale“.