Bruxelles – Carceri e droga, un binomio sempre più forte e per questo difficile da rompere. Sono tanti i dati e gli aspetti contenuti nell’ultimo rapporto annuale sulle droghe realizzato dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Euda), e uno di questi riguarda proprio la diffusione nelle prigioni europee. Qui dentro entra di tutto, sempre più facilmente e sempre in maggiori quantitativi. Risultato: “Rispondere al problema della droga nelle carceri europee rimane una sfida“, denuncia lo studio.
Dalle testimonianze raccolte e dalle ricerche condotte emerge come nell’Ue le persone in carcere dichiarano un consumo ‘una tantum’ di sostanze stupefacenti, quindi per lo più occasionale, prima della detenzione e “livelli di consumo più elevati, in particolare di eroina, cocaina e anfetamine”, una volta dietro le sbarre. Una realtà che richiama l’attenzione sulla problematica dei sistemi detentivi, e “la necessità di ampliare alcune risposte” da parte delle autorità nazionali direttamente responsabili. Il legame tra carcere e droga potrebbe essere dovuto all’aumento della popolazione carceraria dell’Unione europea, che di conseguenza accresce il numero di clienti potenziali e il giro d’affari.
Pochi controlli, crescente corruzione: è così che il business illegale prospera. “Le droghe vengono introdotte nelle carceri in vari modi, tra cui l‘occultamento interno da parte di persone in carcere, visitatori e, in alcuni casi, personale, nonché il traffico tramite droni”, denuncia l’Euda. In questo mercato troppo tollerato “sostanze potenti, come cannabinoidi sintetici, oppioidi e vari farmaci, possono essere favorite, in quanto più facili da occultare”.
Si pone anche la questione della salute. Non c’è solo il rischio di overdose, comunque denunciato dall’agenzia europea nel rapporto, perché “laddove le droghe vengono iniettate, nel contesto di un accesso limitato ad attrezzature sterili per l’iniezione, i rischi di trasmissione di virus trasmissibili per via ematica, inclusi HIV e HCV, aumentano“. Questo perché, denuncia ancora il rapporto, “pochissimi Stati membri segnalano l’erogazione di programmi di distribuzione di aghi e siringhe, o di programmi di naloxone per prevenire i decessi per overdose” all’interno delle case circondariali. Un altro aspetto che conferma l’insostenibilità delle condizioni delle carceri europee.