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    Home » Politica » L’Ue punta a tagliare le emissioni del 90 per cento entro il 2040. Dubbi sulle flessibilità per i Paesi membri

    L’Ue punta a tagliare le emissioni del 90 per cento entro il 2040. Dubbi sulle flessibilità per i Paesi membri

    Bruxelles va contro il parere del Comitato scientifico sui cambiamenti climatici: dal 2036 gli Stati potranno considerare, nel calcolo per raggiungere il target, le azioni e i progetti ambientali finanziati in Paesi extra Ue, pari ad una quota massima del 3 per cento delle emissioni nette dell'Ue nel 1990

    Giulia Torbidoni di Giulia Torbidoni
    2 Luglio 2025
    in Politica
    clima taglio emissioni

    La vicepresidente esecutiva Teresa Ribera e il Commissario Ue Wopke Hoekstra presentano il target climatico per il 2040

    Bruxelles – La marcia dell’Unione europea verso la neutralità climatica e la decarbonizzazione al 2050 ha una tappa in più, quella intermedia al 2040 di taglio di emissioni nette di gas serra (Ghg) del 90 per cento rispetto ai livelli del 1990. Meta che sarà possibile raggiungere con diverse flessibilità, parola d’ordine dell’inizio della seconda Commissione targata Ursula von der Leyen.

    E’ il contenuto della proposta che l’esecutivo europeo, in linea con i suoi orientamenti politici per il periodo 2024-2029, ha avanzato oggi (2 luglio) e, nello specifico, si tratta di un emendamento alla Legge sul clima che dovrà essere approvato da Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue. Per raggiungere l’obiettivo, la Commissione permette tre misure di flessibilità per i Paesi Ue: un ruolo limitato per i crediti internazionali di alta qualità a partire dal 2036, l’utilizzo di assorbimenti permanenti nazionali nel sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue (EU Ets) e una maggiore flessibilità intersettoriale.

    Con un atteggiamento più elastico, Bruxelles punta ad avere gioco più facile sullo scetticismo di Paesi membri e Partito popolare europeo, che nei mesi passati hanno mostrato resistenze al target intermedio. Soddisfatto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica italiano, Gilberto Pichetto Fratin, che, intervistato da Skytg24 Economia, ha bollato la scelta come “qualcosa di decisamente importante” perché “si passa dalla rigidità del programma della precedente Commissione ad una flessibilità maggiore, peraltro richiesta da molti Paesi, compresa l’Italia”, per fare in modo “di avere delle misure e delle azioni per l’obiettivo del 2050 adattabili Paese per Paese e naturalmente modulabili nel tempo”.

    Il commissario Ue per il Clima, Wopke Hoekstra

    Andando più nello specifico, i concetti alla base dei crediti internazionali sono quelli della esternalizzazione e della compensazione: dal 2036 gli Stati potranno considerare, nel calcolo per raggiungere il target del 2040, le azioni e i progetti ambientali che avranno finanziato in Paesi extra Ue pari ad una quota massima del 3 per cento delle emissioni nette dell’Ue nel 1990. Una percentuale, questa, che equivale a circa 145 Mt di Co2 e che è in linea con l’accordo di coalizione tedesco tra Cdu/Csu e Spd per permettere a Berlino di poter dire sì al target del 2040. “Questi crediti di carbonio dovranno essere verificabili, certificabili e aggiuntivi. Solo allora contribuiranno davvero a costruire un ponte con i nostri amici in tutto il mondo. Questo darà respiro ai settori difficili da decarbonizzare”, ha spiegato in conferenza stampa il commissario al Clima, Wopke Hoekstra. In particolare, Palazzo Berlaymont ha chiarito che tali crediti internazionali dovranno provenire da attività “credibili e trasformative”, come la cattura e lo stoccaggio diretti del carbonio nell’aria (Daccs) e la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BioCcs) nei Paesi partner.

    A rivendicare un ruolo nella formulazione della misura dei crediti è stato il ministro Pichetto Fratin: “Una richiesta specifica dell’Italia era, anche con riferimento al piano Mattei, quella di poter contabilizzare quelle che sono le azioni che vengono fatte fuori dal continente europeo, fuori dall’Unione europea”, ha detto. “Il nostro piano Mattei intende intervenire sulla Nord Africa, sull’Africa, con azioni che devono essere conteggiate come azioni di decarbonizzazione e devono essere accreditate al Paese che ha svolto l’azione”, ha precisato ancora.

    I dubbi sui crediti internazionali

    Ma la misura non convince tutti. A partire dallo stesso Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici, cioè gli esperti che consigliano l’esecutivo Ue, che nel suo report dedicato al tema, un mese fa, aveva lanciato l’allarme sulla questione. “Il Comitato consultivo sconsiglia di utilizzare i crediti di carbonio internazionali per raggiungere l’obiettivo del 2040, poiché rischiano di sottrarre risorse agli investimenti nazionali e potrebbero compromettere l’integrità ambientale”, si legge. Da qui, le perplessità politiche anche tra quanti sostengono l’emendamento della Legge sul clima con l’interimento del -90 per cento al 2040. Come l’eurodeputato del Pd Antonio Decaro, presidente della commissione per l’ambiente, il Clima e la sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo, secondo cui “la flessibilità non può diventare una via di fuga per la deregolamentazione” e “qualsiasi modifica all’obiettivo fissato per il 2040 deve essere subordinata al rispetto del rigore scientifico e alla garanzia dell’equità sociale”. Dello stesso parere i Verdi che, con il copresidente Bas Eickhout, sottolineano che “la Commissione sta correndo una scommessa pericolosa con i crediti internazionali” perché “non solo la loro efficacia è altamente discutibile, ma la loro introduzione è una stupidità economica”.

    Contrario anche il mondo dell’attivismo, con Transport & Environment che giudica “un passo falso aprire ai crediti” perché “non ci sono prove che funzionino effettivamente come previsto“, mentre WWF e l’European Environmental Bureau (Eeb) parlano di “scappatoia”. Sfumature diverse per l’eurodeputato del M5s, Dario Tamburrano, che ritiene che le flessibilità “non indeboliscono gli obiettivi climatici europei”, ma “aprire una nuova negoziazione sulla legge Ue sul clima rischia di indebolire altri aspetti essenziali nel processo di decarbonizzazione e adattamento” in quanto “la maggioranza di destra e dei negazionisti al Parlamento europeo approfitterà certamente di questa occasione”. Al polo opposto la Lega (Patriots for Europe) che attraverso l’eurodeputata Silvia Sardone definisce il target del 2040 – nonostante le flessibilità – “ideologico, irrealistico e insensato” e una “conferma” del”l’approccio totalmente scollegato dalla realtà di questa Commissione”.

    Le altre flessibilità previste

    Per quanto riguarda le altre due misure di flessibilità, la Commissione evidenzia che le rimozioni di carbonio, sia naturali che industriali, “sono essenziali per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e dovranno essere notevolmente incrementate per il 2040″ in quanto “svolgeranno un ruolo sempre più importante nel raggiungimento degli obiettivi netti di emissioni di gas serra”, comprese le rimozioni permanenti di carbonio a livello nazionale nell’ambito del sistema Ets dell’Ue per compensare le emissioni residue provenienti da settori difficili da decarbonizzare.

    “In secondo luogo, integreremo gli assorbimenti permanenti di carbonio europei nel sistema di scambio delle quote di emissione”, ha chiarito Hoekstra. “Ad esempio, una fabbrica europea che immagazzina Co2 dalla bioenergia può generare e vendere quote, guadagnando così dall’Ets. Oggi questo non è possibile. A nostro avviso, questo rafforzerà le ragioni commerciali che spingono le aziende a catturare e stoccare la Co2”, ha spiegato. Infine, la flessibilità tra settori permetterà a uno Stato di compensare la fatica di ridurre le emissioni riscontrate da un settore con i risultati di un altro, ad esempio “le difficoltà dell’uso del suolo con un eccesso di riduzione delle emissioni dei rifiuti e dei trasporti”. Il commissario ha osservato che Bruxelles fornirà “una maggiore flessibilità tra gli atti legislativi e i settori tra il 2030 e il 2040” perché “ogni Stato membro è diverso e deve affrontare sfide diverse per ridurre le emissioni in settori diversi”.

    La vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per la Transizione verde, Teresa Ribera

    La proposta sarà ora presentata al Parlamento europeo e al Consiglio per la discussione e l’adozione e la Commissione punta a incassare l’ok dei due co-legislatori prima della Conferenza delle Parti dell’Onu sui cambiamenti climatici (Cop30) di novembre a Belém, in Brasile. Sia per dare un segnale ai partner internazionali, sia perché l’obiettivo del 2040 sarà importante per la Commissione anche per finalizzare, in collaborazione con la presidenza danese del Consiglio dell’Ue, la comunicazione del contributo nazionale determinato dell’Ue (Ndc) sul taglio di emissioni al 2035.

    La Legge europea sul clima, entrata in vigore nel luglio 2021, sancisce l’impegno dell’Ue a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e fissa l’obiettivo intermedio di una riduzione netta delle emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nella precedente legislatura, l’Ue ha adottato, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione concordati, il pacchetto legislativo per il 2030 ‘Fit for 55’ la cui attuazione da parte dei Paesi è in corso. In base agli ultimi dati, l’Unione è “sulla buona strada” verso l’obiettivo di riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030: a fine maggio la valutazione della Commissione dei 27 Piani nazionali per l’energia e il clima (Necp) ha certificato che “l’Ue è attualmente in grado di ridurre le emissioni nette di gas serra di circa il 54 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990″, a un soffio dal target stabilito.

    E ora, con il target al 2040, Bruxelles vuole dare “certezza agli investitori e innovazione”, rafforzando la leadership industriale delle imprese e aumentando la sicurezza energetica dell’Europa. “I cittadini europei, sempre più sensibili all’impatto dei cambiamenti climatici, si aspettano che l’Europa agisca”, ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “L’industria e gli investitori si aspettano che stabiliamo una direzione di marcia prevedibile: oggi dimostriamo di essere fermamente convinti del nostro impegno a decarbonizzare l’economia europea entro il 2050. L’obiettivo è chiaro, il percorso è pragmatico e realistico”, ha aggiunto.

    Tags: climadecarbonizzazioneteresa riberaWopke Hoekstra

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