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    Home » Economia » L’Ue risponde ai dazi di Trump su acciaio e alluminio: pronte tariffe sui prodotti Usa per 26 miliardi di euro

    L’Ue risponde ai dazi di Trump su acciaio e alluminio: pronte tariffe sui prodotti Usa per 26 miliardi di euro

    Entrano in vigore i dazi del 25 per cento imposti da Trump. In risposta, dal primo aprile l'Ue ripristinerà inizialmente le contromisure del 2018 per poi adottare un nuovo pacchetto di dazi su prodotti industriali e agricoli americani. Von der Leyen assicura: "Rimarremo sempre aperti al negoziato"

    Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    12 Marzo 2025
    in Economia
    dazi ue usa

    US President Donald Trump speaks with European Commission President Ursula von der Leyen prior to their meeting at the World Economic Forum in Davos, on January 21, 2020. (Photo by JIM WATSON / AFP)

    Bruxelles – Contromisure “forti e proporzionate”, e soprattutto immediate. L’Unione europea si fa trovare pronta e, nel giorno in cui scattano le “nuove e ingiustificate” tariffe americane del 25 per cento su acciaio e alluminio, restituisce il favore all’alleato oltreoceano. Dal primo aprile, Bruxelles applicherà dazi alle merci statunitensi per un valore totale fino a 26 miliardi euro. Se con una mano colpisce, Ursula von der Leyen tende l’altra verso Donald Trump: “Rimarremo sempre aperti al negoziato”, afferma la leader Ue.

    La Commissione europea “deplora profondamente” la mossa di Trump, che trascina le due sponde dell’Atlantico in una pericolosa guerra commerciale. Lo scorso 10 febbraio la nuova amministrazione americana aveva annunciato l’aumento dei dazi sulle importazioni di acciaio, alluminio e prodotti derivati dall’Ue dal 10 al 25 per cento: un mese dopo, nonostante i numerosi appelli lanciati dalle capitali europee, Washington “non sembra impegnata a trovare un accordo”, aveva ammesso solo due giorni fa il commissario Ue per il commercio, Maroš Šefčovič.

    Da oggi (12 marzo) quindi rientrano non solo in vigore le tariffe imposte dalla prima amministrazione Trump nel 2018, che riguardavano diversi tipi di prodotti semilavorati e finiti, come tubi in acciaio, filo metallico e fogli di stagno, ma anche su altri prodotti derivati come articoli per la casa, pentole o infissi e diversi macchinari – solo in parte derivati da acciaio e alluminio – come attrezzature da palestra, alcuni elettrodomestici o mobili. I dazi statunitensi interesseranno un totale di 26 miliardi di euro di esportazioni dell’Ue, circa il 5 per cento del valore totale delle merci europee che entrano negli Stati Uniti. Sulla base degli attuali flussi di importazione, la Commissione europea calcola che gli importatori americani pagheranno di tasca loro fino a 6 miliardi di euro la mossa protezionista di Trump.

    “I dazi sono tasse – ha sottolineato un’altra volta von der Leyen questa mattina -, sono dannosi per le imprese e ancora peggio per i consumatori”. Quelli imposti da Trump poi, affermano fonti della Commissione europea, “non sono intelligenti”, perché “danneggeranno davvero la loro economia”. L’Ue ha pianificato una risposta in due fasi: dal primo aprile saranno ripristinate le vecchie misure di riequilibrio ai dazi del 2018 e 2020, che si applicano a una serie di prodotti che vanno dalle barche, alle motociclette fino a liquori come il bourbon. Queste “rispondono al danno economico arrecato a 8 miliardi di euro di esportazioni di acciaio e alluminio dell’Ue”, stima l’esecutivo europeo.

    Dopodiché, a metà aprile – previa consultazione con Stati membri e stakeholders – entrerà in vigore un nuovo pacchetto di dazi sui prodotti americani. Questo secondo round di contromisure riguarderà merci per un valore di circa 18 miliardi di euro, pareggiando così il valore dell’offesa americana. Sono in ballo prodotti industriali – acciaio e alluminio, tessuti, articoli in pelle, elettrodomestici, utensili per la casa, plastica, prodotti in legno – e agricoli, tra cui pollame, carne bovina, alcuni frutti di mare, noci, uova, latticini, zucchero e verdure. Bruxelles punta a concludere le consultazioni sulla nuova lista di prodotti soggetti a dazi entro il 26 marzo, per poi finalizzare rapidamente l’atto di esecuzione che dovrà essere adottato dagli Stati membri. L’obiettivo è appunto che tali misure entrino in vigore già a metà aprile.

    Come spiegano fonti Ue, la Commissione sta mettendo a punto un pacchetto ben calibrato e accurato, “cercando di colpire gli Stati Uniti in settori importanti per loro ma che non costeranno tanto all’Ue”. Perché, così come a pagare per la decisione di Trump saranno imprese e consumatori americani, le contromisure di Bruxelles peseranno sul tessuto socio-economico dei Paesi membri. La Commissione europea starebbe cercando di colpire soprattutto prodotti importanti per l’economia degli Stati a maggioranza repubblicana. E parallelamente, assicurandosi di avere buone alternative sui mercati globali: per esempio, per sostituire i semi di soia della roccaforte repubblicana Louisiana, “saremo ben felici” di comprarli dal Brasile, afferma una fonte.

    Nel frattempo, l’Ue continua a dirsi pronta a collaborare con l’amministrazione statunitense per trovare una soluzione negoziata. “Le misure di cui sopra possono essere revocate in qualsiasi momento qualora si trovi una soluzione“, mette in chiaro la Commissione in una nota. “Siamo fermamente convinti che in un mondo pieno di incertezze geopolitiche ed economiche, non sia nel nostro interesse comune gravare le nostre economie con dazi”, è l’appello rivolto a Washington da von der Leyen, che ha riaffidato a Šefčovič il compito di “riprendere i colloqui per trovare soluzioni migliori con gli Stati Uniti”.

    Tags: acciaioalluminiodaziDazi Usa

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    L’Eurozona perde slancio: crescita attesa sotto l’1 per cento

    La riunione dell'Eurogruppo serve a prendere atto del rallentamento e della sua entità. Pesano le incertezze legate a dazi e sicurezza

    Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
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    Bruxelles – La crescita dell’eurozona perde slancio. Complice “un ambiente incerto e non chiaro”, contraddistinto dai rischi derivanti da “dazi e sicurezza”, la prospettive indicano un’espansione “leggermente più bassa del previsto”, ammette il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, al termine dei lavori dei ministri economici dei Paesi Ue con la moneta unica. Non è un mistero, questo. Già la Commissione europea aveva ammesso che l’andamento economico dell’area dell’euro con ogni probabilità non avrebbe rispettare le attese, ma adesso lo scenario si fa reale. E’ Pierre Gramegna, direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), a quantificare: “I mercati si attendono una crescita leggermente inferiore alle previsioni, leggermente inferiore all’1 per cento“.

    L’Eurozona rischia dunque di conoscere un 2025 all’insegna della crescita ‘zero virgola’. Non certo una buona notizia, ma che può servire per serrare i ranghi e fare i compiti a casa. L’invito che arriva da Bruxelles per gli Stati membri è non indugiare con le riforme. “La crescita economica dipende da noi“, sottolinea Donohoe. Se il presidente dell’eurogruppo lega questo avviso anche alla questione relativa agli investimenti per la difesa, il commissario per l’Economia, Valdis Dombrovskis, frena: “Stiamo proponendo flessibilità per le spese della difesa non per le prospettive di contrazione, ma per ragioni di sicurezza“.

    Certo, ammette ancora il commissario per l’Economia, tra gli obiettivi dell’agenda politica europea c’è “il rafforzamento dell’industria europea delle difesa”, e questo potrebbe comunque tornare di utile beneficio per le economie dei Paesi dell’area euro e per l’eurozona nel suo complesso. Un modo per dire che l’allentamento delle regole del patto di stabilità interno proposto dall’esecutivo comunitario potrebbe anche contribuire a produrre un nuovo tipo di crescita in grado da controbilanciare quella persa nei settori tradizionali. Certo, non tutti i rischi all’orizzonte potranno essere dissipati: Dombrovskis ammette che la guerra commerciale è una possibilità quando ribadisce che “l’Ue reagirà tempestivamente e in modo deciso ai dazi statunitensi” qualora l’amministrazione Trump dovesse confermare le sue intenzioni.

    Tags: crescitadazieurozonamesPaschal DonohoePierre Gramegna

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    Home » Economia » Dazi, la Commissione Ue ammette: “Gli Usa non sembrano impegnati per un accordo”

    Dazi, la Commissione Ue ammette: “Gli Usa non sembrano impegnati per un accordo”

    Fino ad ora, Bruxelles si era sempre mostrata positiva sulla possibilità di risolvere gli attriti con Washington. A margine della firma dell'accordo Ue-Corea sul commercio digitale, il commissario Ue Šefčovič ha chiarito: "Come gli Usa guardano ai loro interessi, così farà l'Unione"

    Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    10 Marzo 2025
    in Economia
    Maroš Šefčovič

    Maroš Šefčovič

    Bruxelles – Due settimane dopo l’annuncio dei dazi americani sui prodotti europei, il commissario Ue per il Commercio, Maroš Šefčovič, ammette per la prima volta che “l’amministrazione statunitense non sembra impegnata a fare un accordo” per evitare una rischiosa guerra commerciale con Bruxelles. Lo stesso Šefčovič si era recato a Washington a febbraio per una serie di colloqui che la Commissione europea ha sempre descritto come “produttivi”.

    A questo punto, lo scenario dell’imposizione di tariffe doganali del 25 per cento “sulle auto europee e su tutto il resto”, come affermato da Donald Trump lo scorso 25 febbraio, si avvicina ulteriormente. Šefčovič ha rivelato l’inefficacia dei contatti con l’amministrazione Trump nel corso di una conferenza stampa con il ministro del Commercio coreano, Cheong In-kyo, con il quale ha siglato oggi (10 marzo) un accordo sul commercio digitale. Che fa parte dello sforzo di diversificazione commerciale che l’Ue sta mettendo in atto proprio per mitigare le conseguenze delle strappo con Washington.

    In-kyo Cheong e Maroš Šefcovic

    L’accordo finalizzato con Seoul vuole rendere più facile alle aziende europee dare servizi ai propri clienti sudcoreani e garantire vantaggi ai consumatori europei da normative e misure di protezione contro le comunicazioni indesiderate. Un accordo “storico” che sottolinea l’impegno “per una partnership solida e affidabile, adatta ad affrontare gli attuali rapidi sviluppi digitali”, ha sottolineato Šefčovič.

    È lo stesso commissario a evidenziare il divario con Washington: “Come gli Usa guardano ai loro interessi, così farà l’Unione: proteggeremo sempre le aziende europee, i lavoratori e i consumatori da pressioni ingiustificate”, ha chiarito. Šefčovič e il suo omologo coreano hanno sottolineato “l’importanza di regole reciprocamente vantaggiose in merito ai dati e alle tecnologie digitali”, che integrano sostanzialmente l’accordo di libero scambio che Seoul e Bruxelles hanno in piedi dal 2010 e che, dalla sua applicazione nel 2011, ha fatto crescere il commercio bilaterale “ai livelli record” di 132 miliardi di euro nel 2022.

    L’Unione europea offesa cerca alleati, e non è a questo punto fuorviante leggere le dichiarazioni di Šefčovič con le lenti del rapporto incrinato con Washington. “È nel nostro interesse continuare a collaborare con Paesi che la pensano come noi, come la Repubblica di Corea, per stabilire standard globali per le regole del commercio digitale e i flussi di dati transfrontalieri”, ha insistito. Per poi anticipare: “Tra qualche minuto parlerò con la mia controparte della Thailandia, mentre continuiamo ad ampliare la nostra rete di accordi commerciali in tutte le regioni chiave. E vogliamo mantenere questo slancio”.

    Tags: commerciodazidonald trumpMaros Sefcovic

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    Home » Politica » Von der Leyen lancia il “Collegio sulla sicurezza”, in reazione a Trump

    Von der Leyen lancia il “Collegio sulla sicurezza”, in reazione a Trump

    La nuova iniziativa della presidente della Commissione prevede un focus permanente sulle questioni relative alla sicurezza del Vecchio continente. Sul suo piano "ReArm Europe", non chiude completamente la porta agli eurobond ma prende tempo, passando la palla alle cancellerie

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    10 Marzo 2025
    in Politica
    Ursula von der Leyen

    La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Dati Bendo/European Union)

    Bruxelles – Ursula von der Leyen festeggia in anticipo i 100 giorni del suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario. Con un’irrituale conferenza stampa domenicale, la timoniera del Berlaymont si è concessa un momento di autocelebrazione passando in rassegna quelli che considera i successi del suo (secondo) primo trimestre. E lanciando uno sguardo a quello che attende l’Unione nei mesi e anni a venire. Parola d’ordine: sicurezza. Tanto che sarà il nome di un nuovo “formato” del Collegio dei commissari, da convocare periodicamente.

    Quasi in risposta al discorso fatto dal presidente statunitense Donald Trump ad una sessione congiunta del Congresso, Ursula von der Leyen ha imbastito ieri (9 marzo) una conferenza stampa per fare il punto dei primi 100 giorni di questo suo secondo mandato. Tecnicamente il traguardo lo taglierà martedì 11, ma domani si troverà a Strasburgo alla plenaria dell’Europarlamento e quindi ha deciso di anticipare, facendo aprire la sala stampa del Berlaymont per un’inusuale conferenza di domenica mattina.

    Il mondo nuovo

    Tuttavia, su questa sponda dell’Atlantico sembra esserci poco da festeggiare in questo momento storico. Il mondo cui il Vecchio continente era abituato è stato spazzato via nel giro di un mese e mezzo. Von der Leyen vuole proporsi come donna della provvidenza per traghettare l’Europa verso il suo risveglio strategico (Macron dixit). “Il mondo intorno a noi sta cambiando alla velocità della luce”, ha osservato, dal momento che “i cambiamenti geopolitici stanno scuotendo le alleanze” e che “certezze vecchie di decenni stanno crollando“.

    Donald Trump
    Il presidente statunitense Donald Trump si rivolge a deputati e senatori durante una sessione congiunta del Congresso a Washington, DC, il 4 marzo 2025 (foto: Win McNamee/Afp)

    “Ciò che è cambiato in questi 100 giorni è il nuovo senso di urgenza, perché è cambiato qualcosa di fondamentale“, ha dichiarato. Ha sostenuto che “i nostri valori europei – democrazia, libertà e Stato di diritto – sono minacciati” e che “la sovranità, ma anche gli impegni più solidi, sono messi in discussione” in questa nuova fase dove “tutto è diventato transazionale“. Riferimenti neanche troppo velati alla combattività della nuova amministrazione a stelle e strisce: agli assalti frontali del vicepresidente J.D. Vance contro gli alleati europei per dar loro lezioni di democrazia, alle mire imperialiste del suo boss sulla Groenlandia (ma anche su Canada e Panama), e alle continue minacce di Washington di disimpegnarsi dalla difesa del Vecchio continente.

    Goodbye Uncle Sam?

    Ma la presidente della Commissione è stata attenta a non criticare mai apertamente l’inquilino della Casa Bianca. Forse vuole evitare di commettere “l’errore” di Volodymyr Zelensky, punito con l’interruzione del sostegno alla resistenza ucraina per aver osato ribattere alle aggressioni verbali di Trump e Vance nello Studio ovale.

    Von der Leyen continua a considerare gli Stati Uniti “un alleato” dell’Ue. “Di fronte alle avversità, gli Stati Uniti e l’Europa sono sempre stati più forti insieme”, ha osservato. “Sì, ci sono delle differenze” di approccio tra le due sponde dell’Atlantico. “Possiamo avere opinioni diverse su alcuni argomenti, ma se si guarda agli interessi comuni che abbiamo, questi superano sempre le nostre differenze”, ha ragionato, rimarcando l’importanza di “lavorare insieme” e “trovare strade comuni“. Insomma, niente de-risking con gli Usa, perché (a differenza della Cina) non sono un rivale sistemico ma pur sempre un partner strategico.

    Emmanuel Macron Donald Trump
    Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie alla Casa Bianca il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto: Jim Watson/Afp)

    L’Ue deve fare “i compiti a casa”, ha spiegato, e assumersi una maggiore responsabilità per la propria difesa senza dipendere eccessivamente dallo zio Sam. E dunque i Ventisette devono armarsi di coraggio e cogliere “l’occasione che si presenta una volta nella generazione di costruire un’Europa più forte, più sicura e più prospera“. Teoricamente, questa dinamica dovrebbe portare a vantaggi reciproci: permetterebbe a Washington di spendere meno per la sicurezza del Vecchio continente (Trump lamenta da tempo l’asimmetria nella spesa per la difesa tra gli Alleati) e a Bruxelles di sviluppare una propria base militare-industriale.

    Il Collegio sulla sicurezza

    Ma per stare al passo coi tempi che cambiano, anche la Commissione muta pelle. Una delle uniche novità annunciate dal capo dell’esecutivo comunitario è l’introduzione di un nuovo format, il “Collegio sulla sicurezza“. A comporlo saranno gli stessi 27 commissari, che si riuniranno periodicamente – ancora non si sa con quale frequenza – per discutere di questioni relative alla “sicurezza collettiva” dell’Unione. In senso lato e multidimensionale: dal cyberspazio alla sicurezza energetica, passando per il commercio e la difesa militare vera e propria. “Dobbiamo passare a una mentalità di preparazione“, ha detto von der Leyen, per avere “una comprensione chiara e approfondita delle minacce” che incombono sull’Europa.

    In questa formazione, i membri del Collegio lavoreranno sugli “aggiornamenti regolari” forniti dalle agenzie del Servizio di azione esterna (Seae), la Farnesina dell’Ue, sugli “sviluppi della sicurezza”. Tali debrief si focalizzeranno di volta in volta su aspetti diversi ed elaboreranno raccomandazioni specifiche per ciascun commissario in base alle sue competenze.

    Apertura sugli eurobond?

    L’altra novità di ieri riguarda il fondo ad hoc da 150 miliardi di euro che verrà creato dalla Commissione nel contesto del piano di riarmo continentale anticipato la scorsa settimana da von der Leyen, cui i leader dei Ventisette hanno dato il disco verde al vertice straordinario del 6 marzo. Anzitutto, il nome: si chiamerà Safe, acronimo inglese di “Azione di sicurezza per l’Europa” (un gioco di parole, perché “safe” è anche l’avverbio inglese che significa “sicuro”). Per ora, si sa solo che Safe funzionerà tramite prestiti anziché sovvenzioni a fondo perduto, proprio come il fondo Sure introdotto durante il Covid-19.

    Quanto alle modalità tramite cui andranno reperite le risorse finanziarie, von der Leyen si è rifiutata di escludere l’emissione di nuovo debito comune. “Nulla è fuori discussione”, ha ripetuto più volte pressata dai cronisti che chiedevano se il Berlaymont stesse pensando a qualcosa come degli eurobond per la difesa, sulla scia di quanto fatto nel 2020 con il NextGeneration EU per la ripresa post-pandemica. Ma è ancora “troppo presto” per i dettagli, si è barcamenata la presidente, lanciando la palla in tribuna (“la decisione spetta agli Stati membri”).

    Ursula von der Leyen
    La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Laurie Dieffembacq/European Parliament)

    Fino a poco tempo fa, von der Leyen era sembrata contraria all’idea di nuovi titoli di debito a 27, data anche la compattezza del fronte dei frugali. Ma lo storico cambio di passo di Berlino (il futuro cancelliere Friedrich Merz ha annunciato di voler riformare il freno al debito per consentire gli investimenti in difesa) ha cambiato tutto e ora la strada degli eurobond non pare più sbarrata a prescindere. Rimane ora da trovare la volontà politica tra le cancellerie.

    Produrre in casa

    Non è chiaro, invece, se sarà prevista una clausola “buy European” per incentivare l’acquisto di sistemi d’arma prodotti in Ue e limitare le importazioni dall’estero, come richiesto ad esempio da Parigi. Attualmente, il Vecchio continente compra circa l’80 per cento delle sue armi dall’estero, soprattutto quelle made in Usa. Secondo l’ultima relazione del Sipri, tra il 2020 e il 2024 i membri europei della Nato hanno acquistato il 64 per cento delle loro armi da Washington, aumentando sensibilmente la propria dipendenza dallo zio Sam (nel periodo 2015-2019 questa cifra si attestava al 52 per cento).

    Una situazione scomoda, di questi tempi. “Abbiamo bisogno urgentemente di capacità e non le abbiamo qui“, certifica von der Leyen, che non ha nascosto di essere una fan della “preferenza europea” ma ha sottolineato che bisogna muoversi con cautela, seguendo un approccio “graduale” che coinvolga anche i partner europei che non fanno parte dell’Unione. “Dobbiamo pensare in modo intelligente a come farlo, ma deve essere un’iniziativa che porti alla ricerca, allo sviluppo e alla creazione di buoni posti di lavoro qui in Europa”, ha dichiarato, auspicando un ripensamento della base industriale continentale per promuovere una maggiore cooperazione transfrontaliera.

    Tags: Collegio sicurezzadonald trumprearm europesicurezza e difesaursula von der leyen

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    Bruxelles – Prosegue lo stretto coordinamento tra l’Unione europea e alcuni importanti partner extra-Ue, ora che viene meno la fiducia nello storico alleato americano e nel suo ombrello a protezione dell’Occidente. All’indomani del Consiglio europeo straordinario su Ucraina e difesa, i vertici delle istituzioni europee, Antonio Costa, Ursula von der Leyen e l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, si sono confrontati con i leader di Regno Unito, Turchia, Canada, Norvegia e Islanda per fare il punto della situazione. E i cinque extra Ue hanno sostanzialmente appoggiato i risultati del vertice.

    “Von der Leyen e io abbiamo informato” i primi ministri britannico, Keir Starmer, norvegese, Jonas Gahr Store, islandese, Kristrún Frostadóttir, canadese, Justin Trudeau, e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, “sulle importanti decisioni prese ieri sera dal Consiglio europeo e sul nostro incontro con Zelensky”, ha illustrato il presidente del Consiglio europeo Costa. Aggiungendo: “Insieme ai nostri partner in Europa, al di là dell’Atlantico e oltre, dobbiamo lavorare per sostenere l’Ucraina e garantire una pace giusta e duratura”.

    Recep Tayyip Erdogan, Keir Starmer e gli altri leader extra-Ue in videocollegamento

    Nel corso dell’incontro, i tre dell’Ue “hanno sottolineato l’importanza della cooperazione con i partner della Nato che condividono la stessa mentalità, sia per sostenere l’Ucraina e garantire una pace giusta e duratura, sia per la sicurezza e la difesa europea”, spiegano fonti europee. Costa avrebbe illustrato le conclusioni del Consiglio europeo sull’Ucraina, mentre von der Leyen – madrina del piano Rearm Europe – si è concentrata maggiormente sulla difesa. Starmer, Erdogan, Trudeau e gli altri avrebbero “accolto con favore questa iniziativa, sottolineando l’importanza di uno stretto coordinamento tra i partner”, congratulandosi con l’Ue “per le decisioni chiave prese”.

    In più, “avrebbero espresso la loro determinazione a contribuire agli sforzi congiunti per sostenere l’Ucraina e per intensificare la cooperazione nel settore della difesa” e “sottolineato l’importanza della Nato e la necessità di una stretta complementarietà di tutti i lavori”.

    Von der Leyen ha separatamente aggiornato anche il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Mark Rutte. In un post su X, la leader ha ribadito che “il piano Rearm Europe potenzierà i principali ambiti di capacità, dalla difesa aerea e missilistica alla guerra informatica, in linea con le priorità della Nato. Ciò rafforzerà sia la difesa dell’Europa sia il partenariato transatlantico”.

    Tags: antonio costaCanadaConsiglio europeo straordinarioislandakaja kallasNorvegiaRegno Unitoturchiaukraineursula von der leyen

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