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    Home » Cronaca » Caccia alla foca, l’Ue rafforza il divieto. Eccezioni solo per gli Inuit

    Caccia alla foca, l’Ue rafforza il divieto. Eccezioni solo per gli Inuit

    Messi al bando i prodotti derivanti dalla loro uccisione ed esclusa ogni motivazione di gestione dell’ambiente marittimo. Le comunità indigene potranno continuare a cacciare i mammiferi marini ma solo con modalità che riducano la loro sofferenza

    Daria Delnevo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@De88Da" target="_blank">@De88Da</a> di Daria Delnevo @De88Da
    9 Febbraio 2015
    in Cronaca
    caccia alle foche

    Niente più pellicce, pelli e altri prodotti di foca per i Paesi dell’Unione Europea e diritto di caccia riconosciuto esclusivamente alle comunità indigene, come quella Inuit, e solo per ragioni di sussistenza. In ogni caso, nell’uccidere l’animale si dovranno ridurre al minimo le sue sofferenze. Questo l’intervento della Commissione Ue per modificare il regolamento comunitario che disciplina il commercio di prodotti derivati dalla foca, e renderlo conforme alle regole definite dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). In precedenza, l’Ue aveva riconosciuto il diritto alla commercializzazione di questi prodotti ai soli Inuit e alle altre comunità indigene, e nei casi di gestione delle risorse marittime, ovvero per alcune quote di caccia ammesse a livello annuale. Tuttavia il Wto venne chiamato in causa da Canada e Norvegia che ritenevano discriminatori i divieti europei. I due Paesi però ottenner un effetto contrario a quello desiderato e così l’organismo internazionale, con una sentenza del giugno 2014, chiese di eliminare anche le eccezioni previste e inasprire ancora più le norme.

    Accogliendo le considerazioni espresse dal Wto, la Commissione Ue è intervenuta approvando questa nuova procedura. Il primo cambiamento ha riguardato l’eliminazione della distinzione tra caccia per scopi commerciali e quella svolta allo scopo di gestire l’ambiente marittimo, ed il riconoscimento di entrambe come attività illecite. In precedenza invece, solo la prima era stata proibita, mentre la seconda era stata ritenuta legittima. Secondo il Wto non è possibile attuare questo tipo di distinzione nella realtà. Di conseguenza, i privilegi accordati dall’Ue alla caccia promossa allo scopo di gestire l’ambiente marittimo non erano giustificabili.

    Nel suo secondo intervento l’esecutivo comunitario è andato a modificare invece le condizioni che rendono valida la possibilità di caccia alla foca per le popolazioni Inuit e indigene, in modo tale da impedire che i prodotti da essa derivati possano fare capolino nei mercati europei. In particolare, secondo la nuova proposta la caccia del mammifero è lecita nel caso in cui vengono rispettati 3 criteri: se è stata da sempre tradizionalmente condotta dalla comunità; se l’attività contribuisce alla sua sussistenza e non è condotta prevalentemente per scopi commerciali; se è condotta in modo tale da ridurre al minimo il dolore, la sofferenza, la paura del mammifero cacciato e nel rispetto delle tradizioni e dei bisogni della comunità.

    Nella sentenza dello scorso anno il Wto aveva accettato in linea generale la protezione delle esigenze economiche e sociali degli Inuit e delle comunità indigene. Tuttavia, a preoccupare l’istituzione era stata la presenza di “un’ambiguità di fondo di alcuni elementi”, che l’avevano indotta a richiedere la modifica della costruzione legale che garantiva a queste popolazioni il diritto di commercializzare i prodotti di foca.

    L’Ue ha tempo ora fino al 18 ottobre per far entrare in vigore la proposta o una sua nuova versione modificata.

    Tags: caccia alla focaCanadaNorvegiaWto

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