Roma – “Non ci può essere spazio nella nostra famiglia per forze politiche che minano l’unità del nostro movimento”. Il presidente del Partito socialista europeo, Sergej Stanishev, è categorico nella sua chiusura all’ipotesi che il Movimento democratico riformista – il nuovo soggetto nato dalla scissione del Pd, che ha visto protagonisti Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Roberto Speranza ed Enrico Rossi tra gli altri – venga accolto in quella che gli stessi scissionisti, con molta probabilità, considerano la loro naturale collocazione politica europea.
“Secondo noi, la decisione di alcuni membri del Pd di lasciare il partito è un errore storico”, sentenzia Stanishev in un’intervista concessa a l’Unità nella quale attacca in maniera diretta D’Alema, presidente della Fondazione per gli studi progressisti europei (Feps), il think tank degli eurosocialisti. “È da molti mesi che vediamo che si comporta con una totale mancanza di lealtà politica nei confronti del Pd e anche nei confronti del Pse”, accusa leader socialista, al quale è sembrato che “questo suo approccio critico fosse dovuto principalmente a dei risentimenti personali”. In occasione del referendum costituzionale ad esempio se D’Alema e Co. si sono schierati per il no, il Pse è sceso in campo per il sì, scatenando le proteste della minoranza Pd.
I commenti di Stanishev non sono stati graditi dall’ex presidente del Consiglio, tanto che dal suo entourage fanno notare che che dal Pse “hanno scritto lettere di richiamo a D’Alema per la sua posizione sul No al referendum sulla nostra Costituzione, la Costituzione italiana, e non hanno detto una parola sulla presa di posizione di Renzi che appoggia Macron” alle presidenziali francesi “e non il candidato ufficiale del Partito socialista” transalpino.
Stanishev si augura in ogni caso che dopo la separazione “non ci siano conseguenze per il governo” Gentiloni. “La considerazione di cui godono lui e i suoi ministri all’interno delle nostre reti è alta”, ha indicato. Tra quei ministri c’è però anche Luca Lotti, vicinissimo all’ex premier ed ex segretario Pd, coinvolto nelle indagini dell’inchiesta Consip insieme con il padre di Renzi, Tiziano. Proprio su Lotti si potrebbe consumare la prima rivincita dei fuoriusciti dal Pd contro l’ex inquilino di palazzo Chigi. Sul ministro per lo Sport pende infatti una mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 stelle, e i 14 senatori Mdp potrebbero essere determinanti per far passare la mozione, sempre che non arrivi un chiarimento convincente dallo Stesso Lotti, oppure un ennesimo soccorso da destra a Renzi che renderebbe ininfluente il peso degli scissionisti.