Bruxelles – La sentenza storica è arrivata: per la prima volta la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto un’autorità statale colpevole di inazione contro il cambiamento climatico. Il tribunale di Strasburgo ha condannato la Svizzera per l’incapacità di adempiere ai doveri previsti in materia di clima e per la mancata protezione dei cittadini contro i gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita.
Esultano le 2.500 donne svizzere dell’associazione “Anziane per il clima”, che avevano denunciato le autorità nazionali per non aver messo in campo sufficienti azioni per mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici nel Paese alpino. Allo stesso tempo, la Cedu ha ritenuto inammissibili i ricorsi per inazione climatica intentati da un gruppo di giovani portoghesi contro il governo di Lisbona e 32 Paesi (tra cui i 27 Ue) e dall’ex sindaco di una piccola città nell’Alta Francia contro il governo di Parigi.
Ma la decisione sulla Svizzera potrebbe costituire un precedente storico per i 46 Stati membri del Consiglio d’Europa, proprio mentre l’Agenzia europea per il Clima ha lanciato l’allarme sul mese di marzo più caldo di sempre. La Cedu ha stabilito, con una maggioranza di sedici voti contro uno, che c’è stata una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quello che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo i giudici di Strasburgo, tale articolo prevede infatti il diritto a “un’effettiva protezione da parte delle autorità statali contro i gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita”.
I pronunciamenti della Cedu
Nella sentenza vengono sottolineate le “lacune critiche” nel processo di creazione del quadro normativo nazionale pertinente, tra cui l’incapacità delle autorità svizzere di quantificare, attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo, i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra. Inoltre, i giudici hanno evidenziato il fallimento della Repubblica federale nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra fissati in passato.
Alla luce di questi accertamenti, la Corte ha ritenuto in definitiva che le autorità svizzere non avessero agito in tempo e in modo appropriato per “concepire, sviluppare e attuare la legislazione e le misure pertinenti nel caso in questione”. Berna è anche colpevole della violazione dell’articolo 6 della Convenzione, che garantisce l’accesso alla giustizia: i tribunali svizzeri non avrebbero fornito motivi convincenti per i quali avevano ritenuto non necessario esaminare il reclamo dell’associazione. “Non avevano preso in considerazione le convincenti prove scientifiche relative al cambiamento climatico e non avevano preso sul serio i reclami“, recita la sentenza.
Diverso il discorso per i sei giovani cittadini portoghesi che denunciavano l’inazione del loro Paese e di altri 32 di fronte al cambiamento climatico. Il presidente della Corte, Siofra O’Leary ha spiegato che, poiché i ricorrenti non hanno esaurito le vie di ricorso disponibili in Portogallo, le loro domande non soddisfano le condizioni di ammissibilità. Esito analogo per l’ex sindaco di Grande-Synthe, Damien Carême – attuale eurodeputato a Bruxelles con il partito ecologista francese – che aveva intentato la causa contro Parigi: la Cedu ha dichiarato il ricorso irricevibile in quanto Carême non possiede lo status di vittima ai sensi della Convenzione.
La reazione della Commissione europea
Durante il briefing quotidiano con la stampa, la Commissione europea ha dichiarato di “prendere atto” delle sentenze sul clima emesse dalla Cedu e di essere “pienamente impegnata a garantire la completa attuazione del Green deal e degli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi”. Tim McPhie, il portavoce responsabile per il clima, ha assicurato che l’esecutivo Ue “studierà le sentenze con molta attenzione“. Nel caso dei giovani portoghesi contro Lisbona e altri 32 Paesi, McPhie ha precisato che la Commissione europea non era parte in causa ma ha chiesto alla Corte di poter intervenire a nome dell’Ue e ha quindi preso parte alle udienze, spiegando che “le misure ambiziose dell’Ue per combattere il cambiamento climatico sono adottate in un contesto di solidarietà tra le generazioni e nel pieno rispetto degli obblighi internazionali”.
A Strasburgo era presente l’attivista per il clima Greta Thunberg, che al termine della storica udienza sulla Svizzera ha avvertito: “Questo è solo l’inizio del contenzioso sul clima: in tutto il mondo, sempre più persone stanno portando i loro governi in tribunale per ritenerli responsabili delle loro azioni. In nessun caso dobbiamo tirarci indietro, dobbiamo lottare ancora più duramente perché questo è solo l’inizio”.