Bruxelles – A tre settimane esatte dall’attentato che ha rischiato seriamente di costargli la vita, il primo ministro slovacco, Robert Fico, è tornato. E chi temeva una possibile reazione rabbiosa e liberticida per il futuro della Slovacchia, non aveva poi tutti i torti. “Il 15 maggio un attivista dell’opposizione slovacca ha cercato di assassinarmi ad Handlová a causa delle mie idee politiche“, ha esordito Fico nella sua prima apparizione dopo il tentato assassinio, in un video di 14 minuti postato su Facebook che ha preso di mira l’opposizione liberale, le organizzazioni non governative “finanziate dall’estero” e i “media antigovernativi”, tirando in ballo anche l’imprenditore e filantropo George Soros.

Nel suo messaggio ai cittadini slovacchi Fico ha respinto l’ipotesi di un attacco per mano di “un pazzo solitario”, arrivando addirittura a perdonarlo perché “è evidente che era solo un messaggero del male e dell’odio politico, che l’opposizione politicamente fallita e frustrata ha sviluppato in Slovacchia in proporzioni ingestibili“. Se tutti i partiti nel Paese avevano deciso di sospendere l’escalation di violenza verbale durante la campagna elettorale delle europee per non aumentare il rischio di altri attentati, è stato il primo ministro a spezzare questa promessa proprio nell’ultimo giorno prima del silenzio elettorale. Annunciando che sarà in grado di tornare al lavoro come capo del gabinetto “gradualmente a cavallo tra giugno e luglio”, Fico ha preso di mira esplicitamente l’opposizione guidata alle urne lo scorso anno dall’ex-vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka: “Se continua così, l’orrore del 15 maggio continuerà e ci saranno altre vittime, non ne dubito nemmeno per un secondo”.
Il premier slovacco non ha risparmiato un attacco nemmeno a quelli che considera “media antigovernativi, soprattutto a quelli che sono co-proprietari della struttura finanziaria di George Soros“, per aver “sminuito” quanto accaduto ad Handlová. In verità nessun media in Slovacchia ha tentato di giustificare o far passare sotto silenzio la gravità dell’atto compiuto da un uomo di dubbia affiliazione politica, né tantomeno i partiti di opposizione hanno evitato di prendere le distanze da qualsiasi legame con l’aggressore. Le parole di Fico – arrivate con un tempismo quantomeno singolare in vista delle europee in Slovacchia l’8 giugno – sembrano molto più un tentativo di incitare una parte di elettorato indeciso a votare per il suo partito populista Smer-Ssd e affossare il Partito Progressista di Šimečka, che secondo i sondaggi è appaiato con il partito al potere tra il 21 e il 23 per cento delle intenzioni di voto. “Sono felice che Fico si senta meglio, purtroppo non è cambiato nulla nella sua politica”, ha commentato laconicamente il principale oppositore politico del primo ministro. Smer-Ssd cerca anche una forte affermazione elettorale per accreditarsi come interlocutore di peso nella formazione di un nuovo gruppo di estrema sinistra rosso-bruna al Parlamento Ue.
La Slovacchia rosso-bruna di Fico e Pellegrini
Oltre alle elezioni europee dell’8 giugno in Slovacchia si attende il 15 giugno anche il giuramento del nuovo presidente della Repubblica, Peter Pellegrini, che con l’elezione dello scorso 6 aprile ha portato a compimento la svolta nazionalpopulista rosso-bruna del Paese membro Ue. Tutto è iniziato con le elezioni legislative del 30 settembre 2023, quando la socialdemocrazia di Smer-Ssd è emersa come prima forza in Parlamento, seguita dal Partito Progressista di Šimečka e dai socialdemocratici di Hlas-Sd. I 27 deputati di Pellegrini sono stati determinanti per la formazione della maggioranza con le due forze filo-russe – i socialdemocratici di Smer e la destra estrema del Partito Nazionale Slovacco – anche se lo stesso leader del partito aveva assicurato che “con la nostra presenza garantiremo che l’appartenenza della Slovacchia all’Ue e alla Nato non sia messa a repentaglio”.

La decisione di dare vita a un governo filo-Mosca ha avuto anche conseguenze a livello europeo. Il 12 ottobre la presidenza del Partito del Socialismo Europeo (Pse) ha deciso di sospendere l’adesione dei partiti slovacchi Smer-Ssd e Hlas-Sd e il Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo ha optato per sospendere l’adesione dei tre eurodeputati slovacchi per preoccupazioni sulle politiche nel merito della guerra russa contro l’Ucraina, della migrazione, dello Stato di diritto e dei diritti della comunità Lgbtq+. A tutto ciò si è aggiunta da inizio anno un’ondata di proteste per il via libera alla riforma del Codice Penale, che prevede l’abbreviazione dei termini di prescrizione per i reati più gravi – da 20 a 5 anni – e l’abolizione dell’ufficio del procuratore speciale che si occupa di reati come quelli relativi alla criminalità organizzata e alla corruzione di alto livello. La denuncia delle opposizioni è di un tentativo di indebolimento del sistema giudiziario – a favore dei membri del partito di Fico e sostenitori del governo di alto livello – in un Paese in cui lo stesso attuale primo ministro si era dovuto dimettere nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca (tra cui esponenti del suo partito Smer).
Con questa riforma del Codice Penale potrebbe aprirsi a Bruxelles uno scontro simile a quello che in Ungheria ha portato all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto. Al momento della presentazione della bozza la Commissione Ue, la Procura europea (Eppo) e il Parlamento Ue avevano messo in guardia Bratislava sul fatto che le modifiche al Codice Penale potrebbero compromettere “seriamente” il livello di protezione degli interessi finanziari dell’Ue in Slovacchia, nello specifico sul piano della corruzione, delle frodi e della cattiva gestione dei fondi comunitari. E in questo scenario sarebbero inevitabili contromisure a Bruxelles. Con l’entrata in vigore il 15 marzo – con alcune leggere modifiche per rispondere alle obiezioni delle tre istituzioni Ue – la Commissione è chiamata a valutare la riforma nel suo complesso e decidere se esistono ancora preoccupazioni che giustifichino azioni che vanno dalla procedura di infrazione all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto.