Bruxelles – La situazione generale migliora, almeno per quanto riguarda l’andamento dell’inflazione. Anche se questo ha indotto la Banca centrale europea ad un altro taglio dei tassi di interesse, non c’è da stare allegri perché già così le tensioni geopolitiche hanno sottratto un punto di crescita, e le stesse tensioni geopolitica restano il principale fattore di un possibile deterioramento economico. Dalla platea della Banca centrale della Lituania la presidente della Bce, Christine Lagarde, lancia il suo monito. Sceglie l’evento organizzato per i 10 anni dall’adozione dell’euro nel Paese baltico per suonare il campanello d’allarme.
“I principali rischi al ribasso per la crescita sono legati alla crescente incertezza prodotta da eventi geopolitici”, sottolinea Lagarde. Un riferimento al conflitto tra Russia e Ucraina, la guerra tra Hamas e Israele, le tensioni commerciali tra Ue e Cina. Un rifermento non casuale. Perché, sottolinea, “se torniamo alle nostre proiezioni di giugno 2023, ci aspettavamo una crescita media dell’1,8 per cento nel 2024″. Invece “ora ci aspettiamo lo 0,7 per cento“. Le tensioni sulle scacchiere internazionale mangiano un punto di Pil all’eurozona, dunque. Lagarde stessa ne è più che consapevole.
Proprio a causa dei vari avvenimenti fuori dall’Unione europea e della sua area dell’euro, continua la presidente della Bce, “da qualche tempo stiamo assistendo a piccole revisioni sequenziali al ribasso delle prospettive di crescita che hanno cumulativamente portato a un declassamento piuttosto significativo nel tempo”. Il risultato è una crescita anemica, almeno fin qui. Ma le prospettive indicano una ripartenza nell’anno che verrà. A patto che lo scacchiere internazionale resti tranquillo e che alle tensioni geopolitiche esistenti non se ne aggiungano di nuove, o non si aggravino quelle in corso.
C’è però dell’altro. C’è una parte mancante, sui cui Lagarde insiste per richiamare i governi nazionali alle loro responsabilità. “Il fattore trainante più importante delle nostre previsioni di crescita inadempiute è stata l’economia interna”, di cui gli Stati devono farsi carico. “Circa la metà delle inadempienze dalla fine del 2021 riguarda gli investimenti e un quarto riguarda i consumi”. Servono politiche di stimolo, su entrambi i fronti. Quantomeno per recuperare un punto di Pil, quel punto perso a causa di fattori esterni.